Dean Koontz - Sussurri

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A ventinove anni, dopo un’infanzia e un’adolescenza difficili, la bella e intelligente Hilary Thomas è arrivata al successo. Ma quando viene aggredita nella sua lussuosa villa di Beverly Hills da un maniaco omicida, i peggiori incubi del passato sembrano rimaterializzarsi nei bagliori della lama acuminata del suo aggressore. Non basterà fuggire, non basterà lottare, non basterà nemmeno ucciderlo: lui tornerà, più forte della morte, a ossessionarla, costringendola a scavare disperatamente nei segreti sepolti per scoprire una realtà allucinante. Da Hollywood a Napa Valley, dalle piscine soleggiate delle dimore dei divi alla penombra umida di morte dell’obitorio, il ritmo tranquillo della vita quotidiana in California viene sconvolto da eventi ben più spaventosi e dirompenti dei terremoti ai quali la gente è ormai abituata. Esistono forze, nella mente umana, al confronto delle quali le scosse telluriche sono carezze e le urla di morte soltanto sussurri.

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Pregustando il sapore del gelato e sperando che un buon pasto gli fornisse le energie necessarie per dare la caccia a Hilary-Katherine, uscì dalla mansarda e attraversò la casa reggendo in mano una candela. Giunto all’esterno, spense la fiamma e si mise la candela in tasca. Scese lungo la scala semidistrutta e si incamminò a lunghi passi tra i vigneti sprofondati nelle tenebre.

Dieci minuti più tardi, in casa sua, accese di nuovo la candela perché temeva che le luci potessero attirare l’attenzione di visitatori indesiderati. Afferrò un cucchiaio dal cassetto sotto il lavandino, prese una confezione di gelato al cioccolato da un chilo e si sedette al tavolo per un quarto d’ora, affondando il cucchiaio direttamente nel cartone e sorridendo felice fino a quando non riuscì più a ingoiare un solo boccone.

Lasciò cadere il cucchiaio nella confezione semivuota, rimise il gelato nel freezer e si rese conto che avrebbe dovuto preparare un po’ di cibo da portare nella casa sulla collina. Forse avrebbe impiegato qualche giorno a rintracciare e uccidere Hilary-Katherine e non voleva essere obbligato a intrufolarsi di nascosto in casa alla ricerca di qualcosa da mangiare. Prima o poi, quella puttana avrebbe chiesto alle sue spie di tenere sotto controllo quel posto e quindi avrebbero finito con il catturarlo. Ma sicuramente non sarebbe mai andata a cercarlo nella casa sulla collina, non l’avrebbe fatto per tutto l’oro del mondo: era lì quindi che doveva tenere le provviste di cibo.

Andò nella camera da letto e prese un’enorme valigia dall’armadio, la portò in cucina e la riempì con scatolette di pesche, pere e arance, barattoli di burro d’arachidi e olive, due vasetti di marmellata avvolti in tovaglioli di carta e confezioni di minuscoli wurstel. Quando ebbe finito, la valigia risultò incredibilmente pesante, ma lui era sufficientemente forte per riuscire a trasportarla.

Non faceva la doccia da parecchie ore, da quando si era fermato a casa di Sally, e si sentiva sudicio. Odiava lo sporco, perché gli faceva venire in mente i sussurri e quelle orribili creature striscianti che popolavano la fossa oscura nella terra. Decise di correre il rischio di lavarsi rapidamente prima di riportare il cibo nella casa sulla collina, anche se significava spogliarsi e restare privo di difese per qualche minuto. Ma mentre attraversava il soggiorno per raggiungere il bagno principale, udì il rumore di macchine che si avvicinavano. I motori risuonavano incredibilmente forte nel silenzio assoluto della campagna.

Bruno corse alla finestra e socchiuse la tenda per poter osservare all’esterno.

Due auto. Quattro fari. Puntavano in direzione dello spiazzo.

Katherine.

Quella puttana!

La puttana e i suoi amici. I suoi amici morti.

Terrorizzato, corse in cucina, afferrò la valigia, spense la candela e se la mise in tasca. Uscì dalla porta sul retro e si precipitò verso il vigneto immerso nell’oscurità, proprio mentre le auto si fermavano davanti alla casa.

Bruno procedette carponi, trascinando la valigia fra le vigne, con le orecchie tese, pronte a cogliere il minimo rumore. Fece il giro della casa per riuscire a vedere le macchine. Si nascose dietro la valigia appoggiata a terra, rannicchiandosi sulla terra umida, fra le ombre della notte. Osservò gli occupanti della macchina che scendevano e il cuore prese a battergli furiosamente quando li riconobbe.

Lo sceriffo Laurenski e un suo aiutante. Così anche i poliziotti erano morti viventi! Non l’aveva mai sospettato.

Joshua Rhinehart. Anche il vecchio avvocato era un cospiratore! Era uno degli amici infernali di Katherine.

E poi c’era lei ! Quella puttana. La puttana nel suo nuovo corpo. E anche quell’uomo di Los Angeles.

Entrarono tutti in casa.

Accesero le luci una dopo l’altra.

Bruno cercò di ricordare se aveva lasciato qualcosa fuori posto. Forse la candela aveva sgocciolato ma la cera doveva già essersi indurita. Non avrebbero potuto capire da quanto tempo era stata accesa. Aveva lasciato il cucchiaio nella confezione di gelato, ma avrebbe potuto farlo anche molti giorni prima. Grazie al cielo, non aveva fatto la doccia! L’acqua sul pavimento e l’asciugamano bagnato l’avrebbero tradito; se avessero trovato un asciugamano usato di recente, avrebbero capito immediatamente che era tornato a St. Helena e avrebbero intensificato le ricerche.

Si alzò in piedi, sollevò la valigia e si allontanò precipitosamente. Proseguì verso la cantina e poi svoltò in direzione della collina. Non sarebbero mai andati a cercarlo nella casa sulla collina. Nemmeno per sogno. In quella casa sarebbe stato al sicuro perché loro pensavano che avesse troppa paura per ritornarci.

Se si fosse nascosto nell’attico, avrebbe avuto il tempo per pensare e organizzarsi. Non doveva agire in fretta. Ultimamente era un po’ confuso, soprattutto dopo la morte dell’altra metà di se stesso, e non avrebbe osato affrontare quella puttana fino a quando non avesse esaminato a fondo la situazione.

Ormai sapeva come trovarla. Attraverso Joshua Rhinehart.

Avrebbe potuto metterle le mani addosso in qualsiasi momento.

Ma prima aveva bisogno di tempo per mettere a punto un piano a prova di bomba. Non vedeva l’ora di tornare nell’attico per discuterne con se stesso.

Laurenski, Tim Larsson, Joshua, Tony e Hilary si sparpagliarono nella casa. Setacciarono cassetti, armadi, mobili e credenze.

Dapprima, non trovarono tracce che facessero pensare a una casa abitata da due uomini invece che da uno solo. Forse c’erano un po’ troppi vestiti. E più provviste di quanto ci si sarebbe aspettati nella casa di un uomo solo. Ma non c’erano prove.

Poi, rovistando nei cassetti della scrivania, Hilary si imbattè in un pacchetto di fatture e ricevute non ancora saldate. Due di queste provenivano da due dentisti diversi: uno di Napa e l’altro di San Francisco.

«Ma certo!» esclamò Tony chiamando tutti a raccolta. «I gemelli sarebbero dovuti andare da medici diversi e, soprattutto, da dentisti diversi. Il Bruno Numero Due non sarebbe potuto andare nello studio di un dentista per farsi aggiustare un dente che quello stesso dentista aveva già riparato al Bruno Numero Uno solo una settimana prima.»

«Questo ci può aiutare,» riconobbe Laurenski. «Persino due gemelli identici presentano delle differenze per quanto riguarda i denti. Le impronte dentali dimostreranno che esistono due Bruno Frye.»

Più tardi, controllando un armadio in camera da letto, Larsson fece una scoperta agghiacciante. In una scatola di scarpe trovò una dozzina di foto di giovani donne, sei patenti di guida a loro nome e altre undici intestate ad altrettante ragazze. In ogni foto spiccava l’immagine di una donna che aveva qualcosa in comune con tutte le altre: un bel viso, occhi scuri, capelli scuri e lineamenti molto simili.

«Ventitré donne che assomigliano vagamente a Katherine,» mormorò Joshua. «Mio Dio, ventitré.»

«Una galleria di morte,» mormorò Hilary, tremando.

«Perlomeno non sono tutte anonime,» aggiunse Tony. «Sulle patenti sono riportati nomi e indirizzi.»

«Diffonderemo subito la notizia,» disse Laurenski, mandando Larsson a prendere contatto via radio con la Centrale. «Ma temo di sapere già quello che scopriremo.»

«Ventitré casi di omicidi mai risolti avvenuti negli ultimi cinque anni,» bofonchiò Tony.

«O ventitré sparizioni,» aggiunse lo sceriffo.

Rimasero altre due ore in quella casa, ma non trovarono niente di interessante, a parte le fotografie e le patenti. Hilary aveva i nervi scossi ed era visibilmente turbata all’idea che anche la sua patente sarebbe potuta finire in quella scatola. Ogni volta che apriva un cassetto o un’antina dell’armadio, si aspettava di trovare un cuore avvizzito trafitto da un picchetto o la testa putrefatta di una donna morta. Si sentì sollevata quando conclusero le ricerche.

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