James Herbert - La pietra della Luna

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La pietra della Luna: краткое содержание, описание и аннотация

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John Child è riuscito a sfuggire al terrore del suo passato. Sì è rifatto una nuova vita, ha riscoperto l’amore. Gli manca disperatamente sua figlia ma di certo non sente la mancanza dell’atroce incubo che si è lasciato alle spalle.
Poi, all’improvviso, tutto ricomincia.
Orribili visioni gli invadono la mente. Una cosa, una creatura incredibilmente forte ha invaso la sua coscienza e lo rende testimone, attraverso i suoi oechi, di assassinii brutali, di mutilazioni orrende.
Senza dubbio John ha un grande potere psichico, ma anche la cosa lo ha. E la cosa lo ha fiutato, è sulle sue tracce sempre più famelica...

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Ma perché Ecate gli era rimasto in testa? Cosa aveva di familiare quel nome? Qualcosa visto da qualche parte.

Emise un gemito. Non ne posso più, pensò. Sono troppo stanco per poter pensare ancora. Gli ronzava la testa, e non riusciva più a connettere. A letto. Dormici sopra. Parlane con Josie, che ore erano? Beh, le avrebbe parlato al mattino, lei riusciva sempre a chiarirgli le idee. Ma forse aveva sbagliato tutto. Divinità lunari, adoratori, pietre. Sensitivi. La vita era molto più semplice quand’era di ronda.

Si alzò dalla sedia e infilando le mani nelle tasche dei pantaloni diede un’ultima occhiata agli appunti. Poi scrollò le spalle, spense la luce e andò a letto…

… Si svegliò all’alba: la risposta era fi, davanti ai suoi occhi, come un neon lontano nella nebbia. Non era un granché, anzi un barlume, ma comunque un’idea.

Il sonno era scomparso del tutto, e lui si alzò di corsa…

* * *

Luna piena…

* * *

«Con chi parlo?»

«Ciao papà!»

«Ciao passerotto!»

«Sai papà, ho cominciato la scuola nuova.»

«Sì lo so. Me lo ha detto adesso la mamma. Hai già fatto amicizia con qualcuno?»

«Beh sì, una, anzi due. Però non sono molto sicura se mi piace Lucy. Devo restarci tanto in questa scuola papà? Mi manca un po’ quella vera.»

«Solo per un po’ Gabby, fino alle vacanze estive.»

«Poi torniamo nella nostra casa?»

«Perché, non ti piace lì dalla nonna?»

«Oooh sì! Ma a casa è meglio. La nonna mi vizia. Pensa che io sia ancora una bambina piccola.»

«Non capisce che sei cresciuta ormai?»

«No. Ma non è colpa sua, lei ce la mette tutta.»

Lui ridacchiò divertito. «Goditela allora, piccola. Non capita tutti i giorni.»

«Tutti i ‘grandi’ lo dicono. Vieni presto a trovarmi papà? Ho fatto dei disegni per te, proprio con le mani. La nonna si è arrabbiata perché ho sporcato tutti i muri, però non mi ha sculacciato, non lo fa mai. Ma vieni a trovarmi, papà?»

Childes non sapeva cosa risponderle. «Non lo so Gabby. Sai che mi piacerebbe, no?»

«Hai tanto da fare a scuola? Io l’ho detto alle mie amiche nuove che tu insegni ma Lucy non ci crede, dice che i maestri non insegnano mica i video giochi. Io ho cercato di spiegarglielo papà, ma lo sai come sono stupidi certi bambini. Quando cominciano le vacanze posso venire a trovarti papà?

Lui acconsentì anche se le incertezze erano tante.

«Però stavolta non voglio venire con la barca», disse con una vocina disgustata.

«No, certo, verrai in aereo.»

«Voglio dire quando sono lì. Non voglio andare in barca come l’altra volta».

«Vuoi dire quella volta in giro in motoscafo quando siamo andati in tutte quelle spiaggette? Mi sembrava che ti fossi divertita».

«Non mi piace più l’acqua.»

«Come mai Gabby? Ti piaceva tanto prima».

Non disse altro. Rimasero un attimo in silenzio. «Può venire anche la mamma?»

«Sì certo, se vuole. Forse ti lascia stare anche un mese con me.» Dimentica le incertezze, si disse. Lascia che queste promesse alla piccola ti facciano vedere il lato bello della vita. Considerale delle armi… contro quello che sarebbe avvenuto tra non molto.

«Veramente? Dici sul serio? Posso stare con te più di due settimane?»

«Dipende dalla mamma.»

«Glielo chiedi tu? Adesso, ti prego.»

«Beh, no Gabby, non adesso. Devo prima vedere di risolvere alcuni problemi. Poi potrò essere più sicuro.»

«Ma non ti dimentichi la promessa, vero?»

«Non mi dimenticherò, sta tranquilla.»

«OK, papà. C’è la micia che vuole salutarti.»

«Dille miao da parte mia.»

«Miao anche a te. Beh, non lo ha proprio detto ma si vede che lo pensa. La nonna le ha comprato una cesta ma lei preferisce dormire sul frigorifero.»

«La nonna dorme sopra il frigo?»

«Scemo! Vuoi parlare con la mamma? Ha detto che poi mi legge una storia a letto.»

No, avrebbe voluto invece chiederle di quella storia dell’acqua. I bambini sviluppavano spesso delle fobie improvvise e irrazionali che dopo un po’ di tempo scomparivano. Ma Childes era rimasto sconcertato da quel che aveva detto Gabby. Forse era stato un brutto film in TV, oppure uno dei bambini aveva raccontato qualche storia di annegamenti. In ogni caso nemmeno lui era stato molto amante dell’acqua. «OK. Passami la mamma. Ascolta… ti richiamo presto, va bene?»

«Sì papà, ciao ciao, ti voglio tanto bene.»

Per un attimo terribile ebbe paura di non poter più sentirsi dire quelle parole dalla figlia, ma scacciò il pensiero e rispose: «Anch’io ti voglio bene Gabby, tanto tanto».

Lei gli schioccò sei bacetti rapidi e depose il telefono prima che lui riuscisse a restituirli, ma riprese subito il telefono e aggiunse: «Ah papà, dì a Annabel che mi manca tanto e dille anche della nuova scuola.»

Poi si sentì il tonfo del ricevitore e la vocina di Gabby che chiamava la madre.

«Gabby …». Era andata. Forse aveva capito male, o forse si era sbagliata, volendo dire Amy. Dì a Amy che mi manca … La sua amichetta Annabel era morta, Gabby questo lo aveva capito ormai. Fran le aveva spiegato che Annabel non sarebbe più tornata.

«Eccomi qui Jon». La voce di Fran era come sempre frettolosa.

Childes scosse la testa per schiarirsi le idee. «Senti Fran, Gabby è sempre stata bene ultimamente?»

«Beh non proprio, non ha preso molto bene il trasferimento e poi cambiare scuola è sempre un po’ un trauma, lo sai.» Cambiò tono. «Jon, quando mi chiedi di Gabby mi preoccupi.»

«No, niente premonizioni Fran. Te lo assicuro. Ha mai chiesto di Annabel?»

«Sì, spesso, ma non è disperata come m’aspettavo. Perché me lo chiedi?»

«Mah. Ho l’impressione che creda che la sua amichetta sia ancora viva.»

Fran non rispose subito. Alla fine disse. «Ha cominciato a sognare molto da qualche giorno. Niente sogni brutti, o incubi, però parla nel sonno.»

«Ma ha fatto il nome di Annabel?»

«Sì, un paio di volte all’inizio, ma adesso ha smesso. Credo che abbia accettato l’idea che non la vedrà mai più.»

«Come mai ha improvvisamente paura dell’acqua?»

«Cosa?»

«Pare che non le piacciano più le barche né l’acqua.»

«Questa è nuova. Il fuoco potrei capirlo, dopo quello che ti è capitato, ma l’acqua! Non capisco!»

«Le hai raccontato del La Roche?»

«Certo. Il suo papà è un eroe.»

«Eroe proprio non direi.»

«Troppo modesto!»

«Molti da queste parti vorrebbero sapere come ho fatto ad arrivare a scuola così presto, prima ancora che venissero avvertiti i pompieri.»

«Sei sicuro che la polizia non ti sospetti?»

«Non proprio, ma fino ad ora nessuno è venuto a farmi i complimenti.»

«Oh Jon, non ci posso credere. Non possono essere così stupidi! A momenti ci rimanevi anche tu lì dentro. E poi hai salvato la vita di quelle due bambine e …»

«Ne ho lasciate morire altre sette!»

«Hai cercato di salvarle! Lo hai detto tu, hai fatto del tuo meglio.»

«È successo tutto per causa mia.»

«Smettila di fare il martire e cerca di pensare a te stesso. Solo perché un qualche psicopatico ha scelto te per una sua vendetta personale non puoi incolpare te stesso. Niente di quello che è successo dipende da te. Adesso spiegami cosa fanno quei cretini di poliziotti.»

«Bisogna cercare di vedere le cose dal loro punto di vista.»

«Col cavolo!»

«Volevano sapere come mai ero andato alla scuola prima ancora che scoppiasse l’incendio.»

«Questo deve essere stato difficile da giustificare. Spiegamelo di nuovo.»

«Te l’ho già detto, non facciamo il bis. Comunque mi hanno fatto un casino di domande, persino in ospedale quando ancora mi stavano dando l’ossigeno.»

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