“La Wortly non si fidava della sua assistente, un’IND (infermiera non diplomata) per distribuire i farmaci. E preferiva i miscugli, non appena riusciva a modificare le prescrizioni dei medici, perché pensava che due medicine dessero maggior sicurezza di una: Librium con Thorazina (andava matta per il Tuinal perché contiene due barbiturici, il Seconal rosso e l’Amytal azzurro), idrato di cloralio con fenobarbiturato, paraldeide con Membutal giallo… Anzi, si capiva sempre quando stava arrivando, la nostra fatina dei sogni, la nostra severa dea del sonno, perché la precedeva sempre l’odore paralizzante della paraldeide: ogni volta riusciva a somministrare la paraldeide almeno a un paziente. È un superalcool superaromatico, dovete sapere, che vi fa il solletico alla radice del naso e ha un odore che Dio solo sa (superolio di banana, forse; certe infermiere la chiamano ‘la benzina’) e va somministrata con un succo di frutta per coprirne il sapore, e in un bicchiere di vetro perché scioglie la plastica, e le sue molecole si diffondono nell’aria più veloci della luce!”
Saul aveva ormai in pugno i suoi ascoltatori, notò Franz. Dorotea sembrava estasiata non meno di Bonita; Cal e Gunnar sorridevano indulgenti; perfino Fernando era entrato nello spirito della situazione e sogghignava per i lunghi nomi delle medicine. In quel momento, il marciapiede davanti al ristorante tedesco era un accampamento di zingari illuminato dalla luna. Mancavano solo le fiamme danzanti di un grosso falò.
— Ogni sera, due ore dopo la cena, Olga faceva il giro per distribuire i sonniferi. Qualche volta si faceva accompagnare dall’IND o da un OS (operatore sanitario, ovvero portantino) che le reggevano il vassoio, qualche volta lo teneva lei.
“Diceva: ‘È ora di dormire, signora Binks. Ecco il suo passaporto per il mondo dei sogni. Su, da brava. E adesso questa bella pillola gialla. Buonasera, signorina Cheeseley, ho qui il suo viaggio alle Hawaii: una pillola azzurra per l’oceano, una rossa per il tramonto. E adesso un sorso di quella roba un po’ più amara per mandare giù tutto: pensi alle onde del mare, al loro sapore. Tiri fuori la lingua, signor Finelli, ho qualcosa che le farà bene. Chi l’avrebbe mai pensato, signor Wong, che ci sono nove o magari dieci ore di buio meraviglioso in questa piccola capsula temporale, in quest’astronave di gelatina che parte per le stelle? Eh, l’ha capito dall’odore, vero, che stavo arrivando, signor Auerbach? Questa sera, succo d’ananasso, per togliere il sapore della sua medicina!’ E via di questo passo.
“E così Olga Wortly, infermiera professionale, la nostra dama dell’oblìo, la nostra regina dei sogni, teneva tranquillo il reparto agitati — continuò Saul. — E otteneva anche grandi elogi, perché a tutti piace avere un reparto tranquillo. Finché, una sera, ha esagerato un tantino, e la mattina successiva tutti i pazienti erano OD (overdose) di sonniferi e MAR (morti al ricovero in ospedale, Bonny), ma con un sorriso beato sul volto. E Olga Wortly era sparita, e nessuno l’ha mai più rivista da quel giorno.
“In un modo o nell’altro, sono riusciti a insabbiare la cosa. Mi sembra che abbiano attribuito la causa dei decessi a un’epidemia di epatite galoppante o di eczema pernicioso. E adesso stanno ancora cercando Olga Wortly.
“Più o meno è tutto qui — terminò, con un’alzata di spalle e un sorriso. — Però… — Sollevò l’indice, teatralmente e parlò con un tono di voce basso e misterioso: — Però… dicono che di notte, quando la luna è quasi piena, proprio come adesso, ed è ora di dormire, e l’infermiera sta per passare col vassoio dei sonniferi nei loro bei bicchierini di carta, si leva una zaffata di paraldeide nella stanza delle infermiere (anche se adesso non la usano più), e l’odore va di stanza in stanza, di letto in letto, senza saltarne nemmeno uno, quell’odore inconfondibile: è l’infermiera invisibile che fa il suo giro nelle corsie!”
E tra gli “Ooh!” e gli “Ah!” e le risatine, si avviarono in gruppo verso casa. Bonita sembrava soddisfatta. Dorotea disse, con esagerazione: — Oh, che paura! Se mi sveglio, stanotte, avrò paura che arrivi l’infermiera invisibile a farmi bere quella paraldente.
— Pa-ral-de-i-de — sillabò Fernando, lentamente, ma con straordinaria precisione.
Nella stanza di Saul c’era un tale assortimento di cianfrusaglie senza capo né coda (dal punto di vista dell’ordine, era l’antitesi della stanza di Gunnar) che veniva da domandarsi se le avesse abbandonate dove erano finite per caso, ma poi ci si accorgeva che non c’era niente di buttato da parte, o dimenticato; si vedeva che ognuno di quegli oggetti aveva un valore affettivo per il suo proprietario: le foto tristi e scattate senza alcuna arte, quasi tutte di persone anziane (erano pazienti dell’ospedale, e Saul indicò loro il signor Edwards e la signora Willis); i libri, che andavano dal Manuale di Merck a Colette, da La famiglia dell’uomo a Henry Miller, da Edgar Rice a William S. Burroughs e a George Borrow ( La Bibbia in Spagna, Galles selvaggio e Zincali ); una copia dell’ Occulto subliminale di Nostig (che con la sua presenza sorprese Franz); una quantità di lavori in perline colorate, hippy, indiani e amerindi; pipette per fumare hashish; un boccale da birra pieno di fiori freschi; un poster per la misura della vista; una carta geografica dell’Asia, e un gran numero di quadretti e di disegni, geometrici o surrealistici compreso un sorprendente quadro astratto in acrilico su cartone nero che brulicava di forme frementi, colorate come gemme o come insetti, e che sembrava riprodurre in miniatura l’amata confusione di quella stanza.
Saul l’indicò, dicendo: — L’ho fatto io, l’unica volta che ho fiutato la cocaina. Se esiste una droga capace di dare qualcosa alla mente anziché sottrarglielo (e ne dubito), è la cocaina. Se mai ritornassi sulla strada della droga, sceglierei quella.
— “Ritornassi”? — chiese ironicamente Gunnar, indicandogli le pipe da hashish.
— La canapa indiana è un gioco — dichiarò Saul. — Una frivolezza, un ammorbidente sociale da classificare col tabacco, il caffè e il tè. Quando Anslinger ha convinto il Congresso a classificarlo, a tutti i fini pratici, come droga pesante, ha davvero rovinato l’evoluzione del popolo americano e la sua mobilità sociale.
— Davvero? — cominciò Gunnar in tono scettico.
Ma Franz intervenne: — Certo non viene visto come l’alcool, che in genere ha la benedizione della comunità, o almeno quella delle agenzie pubblicitarie: “Bevete liquori e sarete sexy, sani e ricchi” ci promette la pubblicità, soprattutto quella della Velluto Black Velvet. A proposito, Saul, è strano che tu abbia parlato della paraldeide nella tua storia. L’ultima volta che sono stato “separato” dall’alcool, per usare l’espressione medica, tanto delicata, mi hanno dato un po’ di paraldeide per tre notti di fila. Era davvero deliziosa, dava lo stesso effetto che mi aveva dato l’alcool quando l’avevo bevuto per la prima volta: una sensazione che credevo di non provare mai più, un calore rosa, brillante, dentro di te.
Saul annuì. — Fa lo stesso effetto dell’alcool, senza causare gli stessi guasti immediati nel sistema nervoso. Quindi l’individuo distrutto dall’abuso del normale liquore reagisce in modo splendido. Ma naturalmente anche quella può dare assuefazione: sono sicuro che lo sai. Ehi, chi vuole un po’ di caffè? Ho solo quello in polvere, però.
Mise subito l’acqua a bollire e versò alcuni cucchiaini di polvere bruna nelle tazze colorate, mentre Gunnar chiedeva: — Non pensi che l’alcool sia la droga naturale dell’umanità? Ormai, millenni di uso e di esperienza ci hanno pennesso di conoscerne gli effetti e di abituarci a essi.
Читать дальше