Carlos Zafón - Le luci di settembre

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Durante l'estate del 1937 Simone Sauvelle, rimasta all'improvviso vedova, abbandona Parigi assieme ai figli, Irene e Dorian, e si trasferisce in un piccolo paese sulla costa per sfuggire agli ingenti debiti accumulati dal marito. Trova lavoro come governante per il facoltoso fabbricante di giocattoli Lazarus Jann in una gigantesca magione chiamata Cravenmoore, dove l'uomo vive con la moglie malata. Tutto sembra andare per il meglio. Lazarus si dimostra un uomo gradevole, tratta con riguardo Simone e i figli, a cui mostra gli strani esseri meccanici che ha creato - e che sembrano avere vita propria - mentre Irene si innamora di Ismael, il cugino di Hannah, la cuoca della casa. Ma eventi macabri e strane apparizioni sconvolgono l'armonia di Cravenmoore: Hannah, viene trovata morta e una misteriosa ombra si impossessa della tenuta. Spetterà a Irene e Ismael lottare contro un nemico invisibile per salvare Simone e svelare l'oscuro segreto che avvolge la fabbrica dei giocattoli, un enigma che li unirà per sempre e li trascinerà nella più emozionante delle avventure in un mondo labirintico di luci e ombre.

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«Cosa?»

Ismael infilò la mano nel baule e tirò fuori un piccolo libro rilegato in pelle, custodito in una specie di scatola di metallo non più grande di un portasigarette.

«L'acqua ha cancellato alcune pagine, però si possono ancora leggere dei brani.»

«Un libro?» domandò Irene incuriosita.

«Non è un libro qualsiasi» spiegò lui. «È un diario. Il suo diario.»

Il Kyaneos salpò, di ritorno alla Casa del Capo, poco prima del tramonto. Un campo di stelle si estendeva sul manto azzurro che ricopriva la baia, mentre la sfera sanguigna del sole si immergeva lenta all'orizzonte, come un disco di ferro incandescente.

Irene osservava in silenzio Ismael che pilotava la barca.

Il ragazzo le sorrise e continuò a tenere d'occhio le vele, attento alla direzione del vento che si stava levando a ponente.

Prima di lui, Irene aveva baciato due ragazzini. Il primo, il fratello di una delle sue amiche di scuola, era stato più che altro un esperimento. Voleva sapere cosa si provava. Non le era sembrato granché. Il secondo, Gerard, era più spaventato di lei, e l'esperienza non aveva dissipato i dubbi di Irene al riguardo. Baciare Ismael era stato diverso. Sfiorando le sue labbra, aveva sentito una specie di corrente elettrica percorrerle il corpo. Il suo tocco era diverso. Il suo odore era diverso. In lui tutto era diverso.

«A cosa stai pensando?»

Questa volta fu Ismael che lo chiese a lei, incuriosito dalla sua espressione meditabonda.

Irene gli rispose con un gesto enigmatico, alzando un sopracciglio.

Lui si strinse nelle spalle e continuò a pilotare la barca a vela verso il capo. Uno stormo di uccelli li scortò fino al pontile tra gli scogli. Le luci della casa disegnavano scie danzanti sulla piccola cala. In lontananza, i riflessi del paese formavano un sentiero di stelle sul mare.

«È già notte» osservò Irene con una certa preoccupazione. «Non ti succederà niente, vero?»

Ismael sorrise.

«Il Kyaneos conosce la strada a memoria. Non mi succederà niente.»

La barca a vela si appoggiò dolcemente al pontile.

Dagli scogli, il gracchio degli uccelli arrivava come un'eco lontana. Ora una fascia blu scuro coronava la linea incandescente del crepuscolo sull'orizzonte, e la luna sorrideva tra le nubi.

«Be'. . si è fatto tardi» iniziò Irene.

«Sì.»

La ragazza saltò a terra.

«Prendo il diario. Prometto di averne cura.»

Ismael fece un cenno di assenso. Irene si lasciò sfuggire una risatina nervosa.

«Buona notte.»

Si guardarono nella penombra.

«Buona notte, Irene.»

Ismael sciolse gli ormeggi.

«Avevo pensato di andare alla laguna domani. Magari ti piacerebbe venirci. .»

Lei annuì. La corrente stava allontanando la barca.

«Vengo a prenderti qui. .»

La sagoma del Kyaneos svanì nell'oscurità. Irene rimase lì a guardarlo partire, finché le tenebre della notte non lo ebbero completamente inghiottito. Allora, camminando a due palmi da terra, si affrettò verso la Casa del Capo. Sua madre l'aspettava in veranda, seduta al buio. Non c'era bisogno di una laurea in ingegneria ottica per indovinare che Simone aveva visto e sentito tutto quello che era accaduto al pontile.

«Com'è andata la giornata?» chiese.

Irene deglutì. La madre sorrise maliziosa.

«Puoi raccontarmelo.»

Irene si sedette accanto alla madre, lasciandosi abbracciare.

«E la tua?» domandò la ragazza. «A te com'è andata oggi?»

Simone si lasciò sfuggire un sospiro ricordando il pomeriggio in compagnia di Lazarus. Abbracciò in silenzio la figlia e sorrise tra sé.

«Una strana giornata, Irene. Sto diventando vecchia, credo.»

«Che sciocchezza.»

La ragazza guardò la madre negli occhi.

«Qualcosa non va, mamma?»

Simone sorrise debolmente e negò in silenzio.

«Mi manca tuo padre» rispose alla fine, mentre una lacrima le scivolava dalla guancia alle labbra.

«Papà è morto» disse Irene. «Devi lasciarlo andare.»

«Non so se voglio lasciarlo andare.»

Irene la strinse fra le braccia e sentì Simone spargere le sue lacrime nell'oscurità.

6. Il diario di Alma Maltisse

Il giorno successivo sorse avvolto in un manto di bruma. Le prime luci dell'alba sorpresero Irene ancora immersa nella lettura del diario che le aveva affidato Ismael. Quella che ore prima era iniziata come semplice curiosità, era andata crescendo nel corso della notte fino a trasformarsi in un'ossessione.

Fin dalla prima riga appannata dal tempo, la calligrafia di quella misteriosa signora scomparsa nelle acque della baia si era rivelata un geroglifico ipnotico, un enigma senza soluzione che aveva impedito alla ragazza di dormire.

. . Oggi ho visto per la prima volta il volto dell'ombra. Mi osservava in silenzio dal 'oscurità, immobile e in agguato. So perfettamente ciò che c'era in quegli occhi, la forza che la manteneva viva: l'odio. Ho potuto sentire la sua presenza e ho capito che, prima o poi, i nostri giorni in questo luogo si trasformeranno in un incubo. Soltanto adesso mi rendo conto di tutto l'aiuto di cui lui ha bisogno e del fatto che, succeda quel che succeda, non posso lasciarlo solo. .

Pagina dopo pagina, la voce segreta di quella donna sembrava parlarle come un sussurro, consegnandole confidenze e segreti che erano rimasti sommersi e dimenticati per anni. Sei ore dopo aver iniziato a leggere il diario, la signora sconosciuta era diventata una sorta di amica invisibile, una voce incagliata nella nebbia che, in mancanza di altra consolazione, aveva scelto lei come depositaria dei suoi segreti, delle sue memorie e dell'enigma di quella notte, una notte di settembre che l'avrebbe portata alla morte nelle fredde acque dell'isolotto del faro.

. . È successo di nuovo. Stavolta si è trattato dei miei vestiti. Questa mattina, entrando nel mio spogliatoio, ho trovato l'anta dell'armadio aperta e tutti i miei vestiti, i vestiti che lui mi ha regalato in questi anni, fatti a brandelli, strappati come se li avesse tagliati la lama di cento coltelli. Sette giorni fa era toccato al mio anello di fidanzamento. L'ho trovato deformato e calpestato per terra. Altri gioielli sono scomparsi. Gli specchi della mia stanza sono graffiati. Ogni giorno la sua presenza è più forte e la sua rabbia più palpabile. È solo questione di tempo: le sue aggressioni smetteranno di colpire le mie cose e si concentreranno su di me. È me che odia. È me che vuole vedere morta. In questo luogo non c'è spazio per entrambe..

Quando Irene terminò l'ultima pagina del diario, l'alba aveva steso un tappeto color rame sul mare.

Per un istante pensò di non aver mai saputo tante cose di qualcuno. Nessuno, neppure sua madre, le aveva mai rivelato tutti i segreti della propria anima con la sincerità con cui il diario denudava i pensieri di quella donna che, paradossalmente, le era sconosciuta. Una donna morta anni prima che lei nascesse.

. . Non ho nessuno con cui parlare, a cui confidare l'orrore che m'invade l'anima giorno dopo giorno. A volte vorrei tornare indietro, ripercorrere i miei passi nel tempo. È in quei momenti che più comprendo quanto la mia paura e la mia tristezza non possono paragonarsi al e sue, che lui ha bisogno di me e che, se non ci fossi, la sua luce si spegnerebbe per sempre. Chiedo solo a Dio di darci la forza per sopravvivere, per sfuggire al a portata dell'ombra che incombe su di noi.

Ogni riga che scrivo in questo diario mi sembra l'ultima.

Per qualche motivo, Irene scoprì che aveva voglia di piangere. In silenzio, versò le sue lacrime in ricordo di quella signora invisibile il cui diario aveva acceso una luce dentro di lei. Ciò che il diario rivelava sull'identità della sua autrice stava in due parole all'inizio della prima pagina.

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