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Ursula Le Guin: La mano sinistra delle tenebre

Здесь есть возможность читать онлайн «Ursula Le Guin: La mano sinistra delle tenebre» весь текст электронной книги совершенно бесплатно (целиком полную версию). В некоторых случаях присутствует краткое содержание. Город: Milano, год выпуска: 2003, ISBN: 88-502-0446-9, издательство: TEA, категория: Социально-психологическая фантастика / на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале. Библиотека «Либ Кат» — LibCat.ru создана для любителей полистать хорошую книжку и предлагает широкий выбор жанров:

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Ursula Le Guin La mano sinistra delle tenebre

La mano sinistra delle tenebre: краткое содержание, описание и аннотация

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Il romanzo racconta la storia di un solitario messaggero, Genly Ai, e della sua missione su Inverno, un pianeta sconosciuto e ghiacciato, i cui abitanti possono scegliere — e cambiare — il proprio sesso. Scopo della missione è accelerare l'ingresso di Inverno nell'Ecumene, la lega dei mondi civilizzati, e per far ciò Ai dovrà farsi strada nelle sottili trame dei governanti, si troverà a combattere per la sua stessa sopravvivenza ma, soprattutto, dovrà essere pronto ad aprirsi a un mondo nuovo e diverso e a confrontarsi con una sfida più alta: che cosa è «alieno» e che cosa è «umano»?

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— Questo non posso saperlo, signore, ma ho udito lo stesso lamento su altri mondi.

Tibe mi fissò a lungo, come se avesse voluto stabilire la mia pazzia. Poi mostrò di nuovo i lunghi denti gialli.

— Ah sì! Sì davvero! Continuo a dimenticare che voi venite da un altro pianeta. Ma naturalmente questo non è un argomento che voi possiate mai dimenticare. Benché senza dubbio la vita sarebbe molto più solida e semplice e sicura per voi, qui a Erhenrang, se poteste dimenticarlo, eh? Sì davvero! Ecco qui la mia auto, l'ho lasciata qui ad aspettare, in disparte. Vorrei offrirvi un passaggio fino alla vostra isola *) *) Karhosh , isola, la parola usuale per definire gli edifici ad appartamenti/pensioni che ospitano la maggior parte delle popolazioni urbane di Karhide. Le isole contengono dalle 20 alle 200 camere private; i pasti sono comuni; alcune sono gestite come alberghi, altre come «comuni» cooperative, altre sono una combinazione di questi tipi. Le isole sono certamente un adattamento urbano della fondamentale istituzione karhidi del Focolare, pur mancando, naturalmente, della stabilità topica e genealogica del Focolare. *) Kurem , tempo umido, da una temperatura di –17° ai –29°С. *) NAFAL, nearly as fast as light , letteralmente: veloce quasi quanto la luce. Abbreviazione diversa da FLN, faster than light , più veloce della luce. *) neserem : neve finissima, portata da un vento di tramontana moderato; una leggera tormenta. FINE , ma devo rinunciare al privilegio, poiché devo presentarmi alla Casa del Re tra breve, e i parenti poveri devono arrivare in orario, come dice il proverbio, eh? Sì davvero! — disse il cugino del re, salendo sulla sua piccola auto elettrica, scoprendo i denti e fissandomi, al di sopra della spalla, con gli occhi velati da un reticolato di rughe.

Tornai a casa a piedi, nella mia isola. Il giardino che si trovava davanti a essa era rivelato, ora che anche l'ultima neve dell'inverno si era sciolta, e le porte invernali, a tre metri dal suolo, erano chiuse per qualche mese, fino a quando l'autunno non fosse ritornato con la sua neve profonda. Dietro l'angolo, sul lato dell'edificio, nel fango e nel ghiaccio e nella vegetazione primaverile del giardino, precoce e soffice e rigogliosa, una giovane coppia era in piedi, e parlava. Le loro mani destre erano intrecciate. Erano nella prima fase del kemmer. I fiocchi grandi e soffici della neve di primavera danzavano intorno a loro, che erano a piedi nudi nel fango gelido, con le mani intrecciate, occhi solo l'uno per l'altro. Primavera su Inverno.

Feci colazione nella mia isola, e quando i gong della Torre di Remny batterono la Quarta Ora, mi trovavo già nel Palazzo, pronto per la cena. I karhidiani consumano quattro pasti. Non esistono grandi animali da macello, su Inverno, e non esistono prodotti dei mammiferi, come il latte, il burro e il formaggio; i soli cibi ad alto contenuto di proteine, e di carboidrati, sono i diversi generi di uova, pesci, noci, e un tipo di frumento. Una dieta misera per un clima spietato, ed era necessario rifornirsi spesso di carburante. Io mi ero abituato a mangiare, così mi sembrava, ogni dieci minuti o giù di lì. Fu solo assai più tardi, in quell'anno stesso, che io scoprii come i getheniani avessero portato quasi alla perfezione non solo la tecnica di rimpinzarsi perpetuamente, ma anche di digiunare per periodi indefiniti.

La neve continuava a cadere, una blanda tormenta di primavera, molto più piacevole della pioggia implacabile del Disgelo, che era passato da poco. Arrivai al Palazzo, e lo attraversai, nell'oscurità quieta e pallida della nevicata, e smarrii la strada una volta soltanto. Il Palazzo di Erhenrang è una città interna, una distesa racchiusa da mura, e fatta di palazzi, torri, giardini, cortili, chiostri, portici, tettoie e pontili coperti, gallerie scoperte, piccole foreste e torrioni e segrete, il prodotto di secoli di paranoia su vasta scala. Sopra tutto questo si ergevano le fosche, rosse, elaborate mura della Casa Reale, la quale, benché venga usata in perpetuo, viene abitata soltanto dal re. Tutti gli altri, servitori, consiglieri, lords, pari, ministri, parlamentari, guardie e chiunque altro, dormono in un altro palazzo, o fortezza, o custodia, o caserma, o casa, all'interno delle mura del Palazzo. La casa di Estraven, segno dell'altissimo favore del re, era la Dimora Rossa dell'Angolo, costruita 440 anni prima per Harmes, amato kemmeri di Emran III, la cui bellezza viene ancora celebrata, e che i sicari della Fazione Interna rapirono, mutilarono, e resero idiota. Emran III morì quarant'anni dopo, sfogando ancora la sua vendetta sulla sua infelice nazione: Emran dalla Sorte Crudele. La tragedia è così antica che il suo orrore si è in parte dissipato nel tempo, e solo una certa aria di sfiducia e malinconia resta ancora aggrappata alle pietre e alle ombre della casa. Il giardino era piccolo e circondato da pareti; alberi di serem curvi su una piccola piscina sassosa. Nei fasci fievoli di luce che uscivano dalle finestre della casa, riuscii a vedere i fiocchi di neve e i fiocchi bianchi e filiformi delle spore degli alberi scendere sofficemente insieme nell'acqua nera. Estraven mi stava aspettando, in piedi, nel gelo, con il capo scoperto e senza soprabito, intento a osservare la piccola, segreta e incessante discesa di neve e semi nella notte. Mi accolse con un quieto saluto, e mi accompagnò nella casa. Non c'erano altri ospiti.

Questo mi offrì un motivo di meraviglia, ma andammo subito a tavola, e non si parla di lavoro quando si mangia; inoltre, la mia meraviglia si rivolse subito al pasto, che era superbo, e perfino le eterne focacce erano state trasformate magicamente da un cuoco la cui arte lodai con tutto il cuore. Dopo la cena, accanto al fuoco, bevemmo birra calda. Su di un mondo nel quale la più comune delle posate è un piccolo strumento con il quale si rompe il ghiaccio che si è formato sulle vostre bevande tra un sorso e l'altro, la birra calda è una cosa che si impara ad apprezzare.

Estraven era stato un amabile conversatore, a tavola; ora, seduto dall'altra parte del focolare, davanti a me, era quieto e taciturno. Benché già da quasi due anni mi trovassi su Inverno, era ancora lontano il giorno in cui avrei potuto vedere gli abitanti del pianeta attraverso i loro stessi occhi. Io tentavo e tentavo, ma i miei sforzi prendevano la forma di una visione innaturale, quasi una morbosa coscienza di sé, di un getheniano che prima era un uomo, e poi una donna, e questa visione costringeva l'oggetto a entrare in una di queste categorie, così irrilevanti ai loro occhi, e così essenziali ai miei. Così, mentre io sorseggiavo la mia birra amara e fumante, pensai che l'atteggiamento di Estraven a tavola era stato femminile, tutto fascino e tatto e mancanza di vera sostanza, specioso e accorto. Era forse, in realtà, questa femminilità cerimoniosa, arrendevole, che non mi piaceva, in lui, e che mi portava a diffidare? Perché era impossibile pensare a lui come a una donna, quella presenza scura, ironica, potente che era vicino a me nell'oscurità rischiarata dalle luci del focolare, eppure ogni volta che pensavo a lui come a un uomo, provavo un senso di falsità, di impostura; in lui, o nel mio atteggiamento verso di lui? La sua voce era gentile e risonante, ma non profonda, non del tutto una voce di donna, neppure… ma che cosa stava dicendo?

— Sono dolente — stava dicendo, — di aver dovuto rimandare per tanto tempo il piacere di avervi nella mia casa; e almeno sotto questo rispetto, sono felice che tra noi non ci sia più alcuna questione di patronato. — Questo mi diede da riflettere per un poco. Certamente lui era stato il mio patrono, nella corte, fino a quel momento. Intendeva dire, forse, che l'udienza che era riuscito a farmi accordare dal re, per il giorno dopo, mi aveva sollevato a uno stato di uguaglianza con lui?

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