Anne Reynolt.
Ricordi. Il rifugio sulle montagne. Gli ultimi giorni di quel sanguinoso colpisci-e-fuggi, coi balacreani che perlustravano una grotta dopo l’altra. Il traditore, smascherato troppo tardi. Gli ultimi compagni di lotta attaccati dall’aria. Lei che correva fuori in cerca di una via d’uscita, solo per trovarsi circondata. L’aria puzzava di carne bruciata, ma il nemico aveva smesso di sparare. Volevano catturarla viva.
— Anne? — La voce era premurosa. La voce di un torturatore. Ma lei non avrebbe detto altro nome che il suo. — Anne, mi senti?
Aprì gli occhi. Intorno a lei c’erano sofisticati strumenti di tortura balacreani, ma non riusciva a vederli bene. Era esattamente l’onore che s’era sempre aspettata, salvo per il fatto che si trovavano in caduta libera. Da quindici anni posseggono le nostre città. Perché mi hanno portata nello spazio?
L’uomo che la interrogava entrò nel suo campo visivo. Capelli neri, tipici lineamenti balacreani, una faccia segnata dall’età. Doveva essere un Dirigente anziano. Ma indossava una blusa strana, di un modello mai visto. Sulla faccia aveva un’espressione preoccupata, come se temesse di averla drogata troppo. Non temere, bastardo, sono viva. Lui annuì e le diede una pacca su una spalla. Dev’esserci un modo pulito di morire. Dev’esserci un modo qualsiasi per morire . I suoi polsi erano legati al letto, naturalmente. Ma se l’uomo fosse venuto più vicino, lei aveva ancora i denti.
Il vecchio fu così imprudente da darle qualche schiaffetto sulle guance. Per alcuni secondi questo la stordì, ma alla fine riuscì a girarsi e afferrargli un dito fra i denti. Questo fu tutto. Dio, non ho neppure la forza di morderlo. L’uomo ritrasse la mano con una smorfia e si rivolse a qualcuno fuori vista. — Trud, si può sapere cosa diavolo le hai fatto?
La voce che gli rispose le era familiare. — Senti, Pham, ti ho detto che è una procedura difficile. Lei me l’ha lasciata eseguire diverse volte, ma era sempre qui a controllarne ogni passo. — L’uomo che stava parlando venne a guardarla da vicino. Era un tipo alto e corpulento, con un’uniforme balacreana da tecnico. La scrutò con attenzione e si strinse nelle spalle. — AI e io ci siamo preparati per due giorni, e non possiamo fare di più. Se Bil fosse qui… uh, comunque non è insolito che gli ultimi ricordi, quelli non ancora fissati…
— Gli ultimi un corno. Lei mi conosce da quarant’anni — disse l’uomo anziano, irosamente. — Io volevo de-focalizzarla, non cancellarle la memoria.
L’uomo corpulento, Trud… Trud Silipan, si fece indietro. — Non ti preoccupare, si riprenderà. Mi sembra che i settori della memoria non siano stati toccati dal virus. Ovviamente in certi casi accade il contrario, oppure la de-focalizzazione si rivela fatale. — Le rivolse un gesto di saluto. — Salve, Reynolt. Si ricorda di me? Trud Silipan. Abbiamo lavorato insieme per buona parte del viaggio e anche prima, su Balacrea. Sotto Alan Nau. Ricorda Alan Nau?
Anne guardò la faccia rotonda, il sorriso incerto. Alan Nau. Tomas Nau. Oh, Dio… perdonami! Quella in cui s’era svegliata era una realtà peggiore di ogni incubo. L’interrogatorio dopo la cattura. Il Focus. E poi una vita in cui il nemico era stata lei.
Silipan sbatté le palpebre, poi ridacchiò. — Ehi, Pham, guarda. Sta piangendo. Questo significa che ricorda.
Sì. Tutto.
La voce del vecchio chiamato Pham suonò ancora più irosa di prima. — Adesso vai fuori, Trud, per favore. Vai fuori.
— È facile controllare, basta che…
— Ho detto esci.
Lei non fece caso alla scomparsa di Silipan. Il mondo era diventato un posto insopportabile. La sofferenza e la vergogna la stavano trascinando di nuovo nel limbo grigio da cui era emersa.
Sentì un panno umido sulla fronte, e stavolta sapeva di non essere su un tavolo di tortura. «Chi sono io?» era stata una domanda facile. «Chi sono diventata» era quella che lei aveva eluso finché c’era riuscita, ma ora i ricordi fiottavano, ora sapeva che razza di mostro era stata fin dal giorno in cui Alan Nau l’aveva infettata con quel virus demoniaco.
Si contorse, solo per incontrare le cinghie che la legavano al letto.
— Un momento — disse il vecchio. Lo sentì aprire le fibbie. Ma ormai questo non le importava niente. Chiuse gli occhi e rimase distesa, mentre l’altro le parlava ripetendole più o meno le stesse cose in dieci modi diversi. — Ora tutto andrà bene, Anne. Tomas Nau è morto quattro giorni fa. Lei è stata de-focalizzata. Spero che potrà rimettersi…
Dopo un po’ l’uomo tacque e si scostò dal letto, limitandosi a farle sentire la sua presenza con l’attività che stava svolgendo nel laboratorio. Lei smise di piangere. Non provava più niente. Il nemico aveva trionfato su tutti i fronti, a lei era accaduto il peggio e quell’orrore era continuato per decenni, e ora si sentiva completamente morta e vuota.
Trascorse il tempo.
Il suo corpo si rilassò pian piano, e quando aprì gli occhi vide che l’uomo le porgeva un bulbo d’acqua. Ne succhiò qualche sorso. — Avete fatto male a riportarmi indietro. Non capisce che per me l’unica libertà è la morte?
L’altro la guardò con calma e controllò le sue condizioni fisiche su un display. Pham Trinli, un vecchio trombone che comunque non era riuscito a ingannarla e che ora le mostrava la sua vera espressione, attenta e scrutatrice. Annuì, come se capisse la sua voglia di farla finita, ma disse: — Lei non può ignorare il suo dovere, Anne. Ci sono più di duemila focalizzati qui e in sonno freddo. Lei può liberarli. — Accennò all’apparato MRI dietro il lettino. — Poco fa avevo l’impressione che Silipan e Al Hom giocassero d’azzardo coi soldi di un altro, mentre lavoravano su di lei.
Io posso liberarli. Quel pensiero era l’unico che avesse un senso da molti anni. La sua espressione dovette rispecchiarlo, perché Pham sorrise e annuì. Ma lei strinse le palpebre, insospettita. — Signor Trinli, o comunque si chiami, sono anni che io la tengo d’occhio, da prima che intuissi che lei lavorava contro gli Emergenti. Ma quando ha cominciato a interessarsi al Focus era chiaro che amava questa tecnica. Lei lo considera uno strumento ideale di potere, non è così?
L’uomo smise di sorridere. Annuì lentamente. — Sì… sì, vedevo che il Focus poteva dare agli uomini ciò che ho lottato tutta la vita per ottenere. Ma alla fine mi sono accorto che il prezzo era troppo alto. — Scrollò le spalle e distolse lo sguardo, come imbarazzato da quell’errore di valutazione,
Anne continuò a osservarlo. Una volta nessuno, neppure Tomas Nau, poteva ingannarla. Quando era focalizzata nulla distraeva la sua mente dalle analisi più sottili, anche se essere a conoscenza delle ciniche predisposizioni di Tomas Nau per lei non significava niente. Adesso non aveva più quella sicurezza, quella comprensione. Trinli poteva farle bere le sue bugie. Ma ciò che le aveva chiesto di fare era l’unica cosa che le interessava al mondo. Solo dopo, una volta pagato il suo debito al mondo, avrebbe potuto permettersi di morire. Fece una smorfia. — Tomas Nau ha mentito dicendo che tutti possono essere de-focalizzati.
— Ha mentito su molte cose.
— Io posso fare meglio di Trud Silipan e Bil Phuong, ma ci sarà una percentuale di decessi. — Senza contare quelli che avrebbero preferito morire che vedere cos’erano stati per tutti quegli anni.
Lui le strinse una mano. — Faccia quello che può.
Anne si schiarì la voce. — È lei che comanda, ora?
Pham ridacchiò. — Qualcuno avrà da dire la sua su questo. E fra loro anche certi Ragni. La situazione è complicata, e sul pianeta c’è il caos. Quattrocento Ksec fa Tomas Nau ha cercato di mettere in atto il piano che lei conosce, e tutto quel che posso dire è che dopo aver toccato il fondo possiamo soltanto risalire. Dovremo riparare le nostre navi. Poi ci sarà da valutare la grossa opportunità commerciale e scientifica che abbiamo davanti.
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