Dan Simmons - Il risveglio di Endymion

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L’inquisizione è tornata a colpire. Nell’anno del Signore 3131, la Chiesa, garante dell’immortalità fisica a tutti i suoi fedeli, ingaggia una crociata contro gli Ouster, indomiti mutanti di origine umana. E lancia nello spazio una spietata caccia a Aenea — la fanciulla ritenuta il nuovo messia — per carpire il segreto della sua forza misteriosa. Mentre Endymion è custodito nella cella della morte, la ribellione dei giusti sta per giungere al suo atto finale: tutto ruota intorno a Aenea, dotata di grandi poteri e portatrice di oscure verità… Dopo «Hyperion», «La caduta di Hyperion» ed «Endymion», Dan Simmons tocca con questo romanzo l’apice della forza visionaria e immaginativa. E conclude una delle più celebrate, irresistibili e sensazionali saghe fantascientifiche del nostro tempo.

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«Hai idea di dove si trovi?» domanda Kee.

Sospiro e scuoto la testa. «Nessuna. Ma mi teleporterò su ogni pianeta della Pax e della Periferia, su ogni mondo della galassia, se necessario. Al di là della galassia…» Mi interrompo. Sono ubriaco e l’argomento è troppo importante per parlarne in stato di ebrezza. «Comunque, comincerò a fare il giro, fra qualche minuto.»

Padre de Soya scuote la testa. «Sei sfinito, Raul. Passa qui la notte. Bassin ha un letto libero, a casa sua, qui accanto. Ci riposiamo tutti stanotte e domani ti saluteremo.»

«Devo andarmene subito» dico. Comincio ad alzarmi, per mostrare che riesco ancora a ragionare e ad agire con decisione. La stanza si inclina come se all’improvviso il terreno fosse sprofondato sul lato sud della piccola casa di padre de Soya. Mi afferro al tavolo per reggermi, quasi lo manco, mi risiedo.

«Forse è meglio domattina» dice padre Duré, alzandosi e toccandomi la spalla.

«Sì» dico. Mi alzo di nuovo, trovo che i tremori del terreno sono un po’ diminuiti. «Meglio domattina.» Stringo di nuovo la mano a tutti. Due volte. Sono disperatamente prossimo al pianto, non per l’angoscia, stavolta, anche se l’angoscia è sempre sullo sfondo, come la sinfonia delle sfere, ma per il puro e semplice sollievo della loro compagnia. Sono stato da solo per tanto di quel tempo…

«Vieni, amico mio» dice l’ex caporale Bassin Kee dei marines della Pax e delle guardie svizzere, mettendomi la mano sulla spalla; con l’ex papa Teilhard e me va nella sua piccola stanza, dove crollo su uno dei due lettini. Mentre perdo conoscenza, sento che qualcuno mi toglie gli stivali. Penso che sia l’ex papa.

Avevo dimenticato che Pacem ha un giorno di sole diciannove ore standard. Le notti sono troppo brevi. Al mattino sono ancora esilarato per la libertà ritrovata, ma ho mal di testa, mal di schiena, mal di stomaco, mal di denti, mal di tutto, e sono sicuro che un branco di piccole creature pelose mi si è stabilito in fondo alla bocca.

Il villaggio dietro la cappella ferve d’attività mattutina. Tutto è troppo rumoroso. I fuochi per cucinare scoppiettano. Donne e bambini si impegnano nei lavori domestici, gli uomini escono dalle semplici case e hanno lo stesso aspetto che offro io al mondo: un’ombra di barba, occhi arrossati, sguardo da rospo.

I due preti però sono in buona forma. Una decina di parrocchiani lascia la cappella e capisco che de Soya e Duré hanno celebrato messa mentre io ancora russavo. Arriva Bassin Kee, mi saluta a voce troppo alta e mi mostra un piccolo edificio, il bagno degli uomini. L’impianto igienico consiste in acqua pompata da un serbatoio posto in alto, che ci si può versare addosso per una breve e rapida doccia tanto fredda da gelare il midollo. Il mattino ha il freddo tipico di Pacem, molto simile ai mattini a ottomila metri di T’ien Shan; la doccia mi sveglia del tutto in meno di un secondo. Kee mi ha portato abiti puliti: calzoni da lavoro di cotone a coste, camicia di lana blu ben tessuta, alta cintura, robusti stivali molto più comodi di quelli che ho testardamente portato per più di un anno standard nella scatola di Schrödinger. Rasato, pulito, cambiato d’abito, con in mano una tazza di caffè fumante che la giovane moglie di Kee mi ha offerto, grafer a tracolla, mi sento un uomo nuovo. Il mio primo pensiero, in quell’ondata di benessere, è: "A Aenea piacerebbe questo fresco mattino", e subito per me le nubi oscurano di nuovo il sole.

Padre Duré e padre de Soya mi fanno compagnia su un lastrone che guarda sul fiume scomparso. Le macerie del Vaticano sembrano rovine dei tempi antichi. Vedo luccicare nella vivida luce del mattino i parabrezza di autoveicoli in movimento e scorgo di tanto in tanto qualche VEM che vola alto sulla città distrutta; ancora una volta mi rendo conto che questa non è una ripetizione della Caduta, perfino Pacem non è ricaduto nella barbarie. Kee mi ha spiegato che il caffè bevuto quel mattino proviene dalle città agricole occidentali, rimaste quasi intatte. Il Vaticano e le macerie della città amministrativa assomigliano più a una circoscritta zona disastrata con i superstiti che tentano di ricostruire sulle rovine di un terremoto o di un uragano.

Kee torna da noi e porta parecchie focacce calde per colazione; tutti e quattro mangiamo in silenzio, spazziamo via qualche briciola di tanto in tanto e sorseggiamo il caffè, mentre il sole si fa più alto dietro di noi e si riflette sulle numerose colonne di fumo dei fuochi di bivacco o dei fornelli da cucina.

«Sto cercando di capire questo nuovo modo di vedere le cose» dico alla fine. «Qui su Pacem siete in pratica isolati, rispetto ai giorni della Pax, eppure siete informati di ciò che accade altrove, su altri pianeti.»

Padre de Soya annuisce. «Come tu puoi toccare il Vuoto per ascoltare il linguaggio dei vivi, anche noi possiamo metterci in contatto con coloro che conosciamo e abbiamo a cuore. Per esempio, stamane ho toccato i pensieri del sergente Gregorius, su Mare Infinitum.»

Mentre ascoltavo la musica delle sfere, prima di teleportarmi, avevo udito anch’io i caratteristici pensieri di Gregorius, ma dico: «Sta bene?».

«Sta bene» conferma de Soya. «I bracconieri e i contrabbandieri e i ribelli d’alto mare hanno rapidamente isolato i pochi lealisti della Pax, anche se gli scontri fra vari avamposti militari hanno provocato gravi danni a molte piattaforme civili. Gregorius è diventato una sorta di sindaco locale, o governatore, delle regioni del litorale mediano. Del tutto controvoglia, devo dire. Il sergente non ha mai avuto interesse per il comando, altrimenti sarebbe diventato ufficiale, già molti anni fa.»

«A proposito di comando» dico «chi è al comando di… tutto questo?» Indico le rovine, la lontana autostrada con gli autoveicoli in movimento, il VEM da trasporto che si avvicina alla riva est.

«In realtà tutto il sistema di Pacem è sotto il governo temporaneo di un ex PFE della Pax Mercatoria, un certo Kenzo Isozaki» dice padre de Soya. «Il quartier generale si trova nelle rovine del vecchio toroide Mercatorio, ma Isozaki visita di frequente il pianeta.»

Non nascondo la sorpresa. «Isozaki?» dico. «L’ultima volta che sono incappato in lui, era coinvolto nell’attacco alla biosfera Albero Stella.»

«Infatti» conferma de Soya. «Ma quando si è verificato il Momento Condiviso, l’attacco era ancora in atto. Ci fu molta confusione. Elementi della Hotta della Pax si raccolsero intorno a Lourdusamy e ai suoi, mentre altri, alcuni guidati da Kenzo Isozaki che aveva il titolo di comandante dell’Ordine dei cavalieri di Gerusalemme, si batterono per fermare il massacro. I lealisti mantennero quasi tutte le navi Arcangelo, visto che per usarle era necessaria la risurrezione. Isozaki riportò nel sistema di Pacem più di cento vecchie navi torcia a propulsione Hawking e respinse gli ultimi assalitori del Nucleo.»

«È un dittatore?» domando, senza grande interesse. Anche se lo fosse, non mi riguarda.

«Per niente» dice Kee. «Isozaki amministra pro tempore il pianeta e governa con l’aiuto dei consigli di cantone regolarmente eletti. È molto abile nelle questioni logistiche, proprio ciò che ci occorre. Intanto le amministrazioni locali vanno avanti abbastanza bene. Per la prima volta in questo sistema c’è vera democrazia. Sciatta, ma funziona. Penso che Isozaki cerchi di creare una sorta di sistema commerciale capitalista-con-coscienza, per quando cominceremo a muoverci liberamente nel vecchio spazio della Pax.»

«Mediante il libero teletrasporto?»

Gli altri tre annuiscono.

Scuoto la testa. Non è facile immaginare il prossimo futuro: miliardi, centinaia di miliardi di persone libere di spostarsi di pianeta in pianeta, senza veicoli spaziali né teleporter. Centinaia di miliardi in grado di mettersi in contatto l’un con l’altro, toccando col cuore e la mente il Vuoto che lega. Sarà come al culmine della Rete dei Mondi dell’Egemonia, senza la facciata del Nucleo dei teleporter e dei trasmettitori astrotel. No, mi ricredo, non sarà affatto come ai tempi dell’Egemonia, sarà qualcosa di completamente diverso. Qualcosa che non ha precedenti nell’esperienza umana. Aenea ha cambiato tutto per sempre.

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