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Robert Silverberg: L'arca delle stelle

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Robert Silverberg L'arca delle stelle

L'arca delle stelle: краткое содержание, описание и аннотация

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La Wotan è una gigantesca arca spaziale. La sua missione è trovare una nuova terra per la razza umana. Ma i telepati presenti a bordo captano un inquietante messaggio dallo spazio: intelletti che popolano il vuoto intergalattico entrano in contatto con l’equipaggio. Nell’Universo, infatti, la vita pullula anche nel nulla che divide le stelle… Forme di vita inconcepibili si preparano a ricevere i nostri simili. Che cosa c’è là fuori?

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Lì Noelle vide un angelo gigantesco che emetteva una tale, fiera energia da spingerla a chiedersi come mai non avesse ancora esaurito la propria sostanza. Brillava nel firmamento come un immenso e irato occhio azzurro, lanciando instancabilmente le sue vampate a grande distanza. Pareva più un dio che un angelo, quel gigante, un dio irato che sfogava la sua rabbia inesplicabile sulla struttura dell’universo.

E poi, in un altro punto molto più lontano, in uno dei luoghi più reconditi, gli angeli si raggruppavano in un unico ammasso, angeli vecchi, angeli antichi, migliaia, forse milioni, tutti addossati l’uno all’altro in modo tale da formare un unico immenso e sfavillante amalgama, un’unica massa brillante. L’angelo di Noelle le fece vedere che erano molti e non uno, consentendole di raggiungerli per rendersi conto della loro grande età, della loro disordinata saggezza. Quanti anni avevano? Milioni? Miliardi?

“Noi eravamo vecchi quando i cieli erano ancora giovani” le disse uno di loro.

E un altro le raccontò: “Noi siamo nati da ciò che tutto comprendeva e un giorno torneremo a lui; tuttavia noi eravamo qui prima di ciò che era e saremo qui quando tutto non sarà più”.

E un terzo aggiunse: “Noi precediamo e noi seguiamo, noi esistevamo quando nulla esisteva, noi siamo l’amore quando l’amore è celato, noi siamo te, tu sei noi.”

Noelle comprese perfettamente, o perlomeno così le parve; e quando gli angeli le diedero la loro benedizione, lei diede loro la sua. Poi dovette andare, poiché la sua guida aveva altre cose da mostrarle.

“Ecco, questo è un angelo molto vecchio, un angelo morente.”

Ciò la sorprese. Replicò, quindi, che non pensava che anche gli angeli potessero morire, e la sua guida rispose che non solo potevano morire, ma che era necessario. Se gli angeli potevano nascere, gli angeli dovevano anche morire. Tutto muore, persino gli angeli; e tutto nasceva nuovamente. La sola cosa che non nasceva e non moriva era l’universo stesso, che esisteva già prima dell’inizio e avrebbe continuato a esistere anche dopo la fine.

“Guarda. Ecco.”

I due raggiunsero l’angelo morente, in una regione molto distante dalle altre. Emetteva una pallida luce e ben poco calore, il calore del sole in un giorno d’inverno; non c’era più energia in quell’angelo. Il suo volto appariva scuro e spento, come se fosse coperto da uno spesso strato di fango, o forse da lava solidificata; il suo colore era rosso sporco, quasi viola, chiazzato qua e là da ampie regioni scarlatte e viola chiaro. Sulla fredda superficie dell’angelo morente si intravedeva ancora qualche segno di tenue attività, il lento movimento di grandi masse laviche che avanzavano nel fango ribollente, alcune grigie, altre accese di un rosso cupo come lingotti metallici versati dalla forgia e non ancora raffreddati.

Non udiva alcun frastuono lì, niente rombare, niente sibili, nessuno scoppiettio. Vi era solo il profondo, attutito rumore di forze titaniche in lento arresto, di energie colossali prossime alla fine. Anche mentre lei guardava, il penoso movimento delle masse laviche sembrò rallentare, e le zone più chiare, le zone rosse e le zone viola, persero molta della loro luce, spegnendosi nel buio. Ogni attività sarebbe presto cessata, lasciando posto a un mare di ceneri e di lava. Ma quando Noelle alzò lo sguardo, vide in lontananza una nuova nube di polvere in rapida formazione; al suo centro brillava già un tenue chiarore. Un angelo stava morendo, sì, ma un altro angelo era pronto a prendere il suo posto. E così andava, comprese Noelle, fin dall’inizio dei tempi e forse anche prima.

“Ti mostrerò un’ultima cosa” le disse l’angelo.

E di nuovo si rimisero in viaggio, fino a quando non giunsero nei pressi di un angelo dorato, un piccolo angelo in una regione popolata da pochi angeli. Non prestò attenzione ai loro richiami e continuò a ruotare vorticosamente sul proprio asse, emettendo grandi vampate di calda energia. Sembrava un bambino in un parco giochi. Noelle comprese che si trattava di un angelo giovane, non un angelo appena nato e neppure un angelo maturo: un adolescente, se così si poteva definire. Gli restarono vicini per qualche tempo, osservandone le mille bizzarrie. C’era qualcosa di molto piacevole nel restare vicini a quell’angelo fresco e giovane. Osservandolo, Noelle si sentì quasi tornare all’infanzia. Yvonne era vicina, più vicina di quanto fosse mai stata da lungo tempo. Erano di nuovo ragazze, e ridevano, correvano, inciampavano insieme, e di nuovo ridevano mentre rotolavano sui prati.

Molte altre cose meritavano di essere viste. C’era così tanto da vedere che Noelle non riusciva più a raccapezzarsi tra le meraviglie di quell’universo di angeli, in quell’infinità di creature divine, esseri già vecchi quando tutto era giovane ed esseri che avevano visto ciò che era quando nulla esisteva e che avrebbero visto ciò che doveva avvenire quando tutto fosse scomparso. Ma lei era solo la piccola Noelle, e non riusciva più ad assimilare nulla. La sua guida sembrava saperlo. Il loro viaggio giunse quindi alla fine, e Noelle tornò dentro l’angelo e scivolò piano piano verso il nucleo, verso la zona di completa serenità che si trovava sotto le potenti vampate di energia, e là si riposò, là dormì.

Dormì. Dormì.

— Da quanto tempo è in coma, ormai? — chiese il comandante. — È già una settimana?

— Questo è l’ottavo giorno — replicò Leon.

— L’ottavo giorno. Crede che si sveglierà mai?

Leon si strinse nelle spalle. — Come posso saperlo? Bisognerebbe scoprire perché è andata in coma. Ma sono forse un esperto di contatti con gli angeli, io? C’è qualcuno che lo sia?

— Ha ragione — rispose il comandante.

Noelle era precipitata in uno stato di delirio prima di perdere del tutto i sensi. Preoccupato e spaventato, il comandante aveva vegliato a lungo accanto a lei, perdendo la cognizione del tempo e dei giorni che volavano via, ma la sua condizione non migliorava.

Qualche volta sembrava quasi che Noelle stesse per riacquistare i sensi. Qualche parola comprensibile, persino intere frasi, uscivano allora dalle sue labbra. La sognante Noelle parlava di luce, di un candido chiarore quasi insopportabile, di archi di energia, di intense eruzioni solari. “Una stella mi tiene nel suo grembo” aveva mormorato, per poi aggiungere che le stava parlando.

Che poetico, pensò amaramente il comandante. Che stupenda metafora. Una stella le stava parlando.

Una metafora per “cosa”, comunque? Dove si trovava la mente di Noelle, cosa le stava accadendo? Stava parlando con gli angeli, veri e propri angeli, o con una stella? Oppure aveva semplicemente gettato al vento la sua salute mentale avventurandosi nel grigio nulla che avvolgeva l’astronave? Sembrava persa in un regno sconosciuto e inconoscibile. Il suo viso era acceso; i suoi occhi si muovevano ovunque rapidamente, come pesci guizzanti in una rete.

Di tanto in tanto, Noelle riprese a parlare. Dapprima emise una parola, poi un’altra, poi intere frasi. “Contatto tra le menti”, disse “la stella e io.” Contatto tra le menti, pensò il comandante. E, pochi attimi più tardi, Noelle prese a emettere un suono, una sorta di “uhuummmm” prolungato e molto insolito, un suono alto che sembrava tendere verso frequenze inaudibili per l’uomo. La cosa lo sorprese e lo spaventò: aveva la forza di pesanti irradiazioni espresse sotto forma di suono.

Non aveva mai sentito nulla di simile prima di allora. Era stanco, non aveva praticamente mai dormito dal giorno in cui Huw si recò a visitare Noelle, trovandola sul letto in preda a un coma profondo.

Il suono sembrò continuare all’infinito. Era un suono terribile. Il comandante strinse le mascelle, chiuse le mani a pugno e si sforzò in ogni modo di sopportarlo. E finalmente il suono cessò.

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