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Robert Silverberg: L'arca delle stelle

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Robert Silverberg L'arca delle stelle

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La Wotan è una gigantesca arca spaziale. La sua missione è trovare una nuova terra per la razza umana. Ma i telepati presenti a bordo captano un inquietante messaggio dallo spazio: intelletti che popolano il vuoto intergalattico entrano in contatto con l’equipaggio. Nell’Universo, infatti, la vita pullula anche nel nulla che divide le stelle… Forme di vita inconcepibili si preparano a ricevere i nostri simili. Che cosa c’è là fuori?

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— Pensi di provare ancora a contattare questa creatura? — domandò gentilmente il comandante.

— Non adesso.

— Ho capito. Più tardi, forse?

— Certamente. Non intendo proprio fermarmi qui. Ci proverò ancora, ma solo quando… quando…

— Ora deve riposare — intervenne Leon.

Il comandante annuì. — Sì. Andiamo — ordinò agli altri, e tutti si avviarono verso la porta. — Vieni — disse a Noelle. — Ti porterò nella tua cabina.

In genere, Noelle rifiutava con forza le offerte di aiuto. Non quella volta, però. Si alzò faticosamente in piedi, lasciando che il comandante la sorreggesse con un braccio, e i due si avviarono piano piano lungo il corridoio.

Lui si fermò davanti alla porta della cabina. Non cercò di entrare perché lei non sembrò intenzionata a invitarlo.

Parlando piano, le chiese: — Ti ha spaventata molto?

— Mi ha spaventata e meravigliata nello stesso tempo. Ci riproverò di nuovo non appena mi sarò riposata abbastanza.

— Non voglio che tu corra dei rischi, Noelle.

— Non correrò alcun rischio, se potrò riposare abbastanza.

— E se un giorno riuscissi a stabilire un vero contatto con loro per poi scoprire di non riuscire a sopportarne la potenza?

— Semele?

— Semele. Già.

— Ho cercato il mito negli archivi, sai? La sezione mitologica del computer lo riporta per intero. È esattamente come tu mi hai raccontato, tranne la parte in cui Zeus nasconde il bambino nella coscia. Ma questo non è importante. Semele morì, certo. Ma, prima, fu l’amante di un dio e la madre di un altro dio. E poi vive per sempre nel mito.

— Questo riguarda Semele, non te. Non voglio che tu corra dei rischi non necessari.

— Questo è un rischio necessario. È una cosa che dev’essere fatta.

— Sì — ammise il comandante — dev’essere fatta. Hai ragione. Ora ti lascio riposare, Noelle.

Lei entrò. Lui chiuse la porta della sua cabina e si avviò lentamente lungo il corridoio per raggiungere la propria.

14

La scoperta di Noelle su quello che c’era al di fuori dell’astronave suscitò grande eccitazione e molto sconcerto a bordo, ma i giorni passavano e Noelle non compì alcun nuovo tentativo di contattare gli angeli. Non si sentiva ancora pronta, diceva. Prima doveva trovare il modo di proteggersi dalla tremenda potenza delle creature che voleva incontrare.

E così l’equipaggio attese, e discusse, e speculò, e s’interrogò. Che altro potevano fare?

Nel frattempo l’astronave continuò a dirigersi verso il pianeta C, ed Hesper continuava a produrre nuovi ottimistici dati sul pianeta di destinazione. Si trattava, secondo i suoi calcoli, del sesto pianeta di un grande e impressionante sole giallo-rosso. Possedeva tutti i giusti requisiti riguardo all’atmosfera, alla forza di gravità, alla temperatura e alla crosta planetaria, e lui era completamente sicuro che vi avrebbero trovato riserve abbondanti di ogni elemento utile conosciuto nell’universo. Secondo Hesper, il pianeta C aveva degli oceani, dei laghi e dei fiumi, e una luna poco più grande della luna terrestre, oltre a una grande quantità di altre notevoli caratteristiche che avrebbero garantito molte comodità e piaceri ai solitari vagabondi provenienti dalla Terra.

Nella mente di Hesper, evidentemente, l’astronave aveva già raggiunto il pianeta C e la successiva missione esplorativa era già stata effettuata con successo. Per Hesper, tutti erano già stati traghettati sulla ricca e accogliente superficie dell pianeta, ed erano ormai già intenti nella costruzione dei primi edifici spogli, ma accoglienti, che avrebbero ospitato i coloni in quella fase di sviluppo. Nessuno comunque prestava eccessiva attenzione alle sue previsioni sognanti. L’attenzione di tutti andava quasi interamente ai misteriosi angeli che vivevano là fuori, nelle volute del misterioso vuoto che avvolgeva l’astronave. Tutti continuavano a chiamarli “angeli”, in mancanza di un termine migliore.

In ogni caso, non sarebbe stato compiuto alcun passo avanti nella conoscenza degli angeli fino a quando Noelle non avesse provato di nuovo a contattarli. Ma Noelle non era ancora pronta. Restava da sola la maggior parte del tempo, emergendo dalla sua cabina solo per i pasti e parlando poco con tutti.

E così tutti aspettavano. Cos’altro potevano fare, continuavano a ripetersi. Giocavano a Go e andavano alle terme, leggevano libri, suonavano musica presa dall’immenso archivio di bordo e indulgevano, come sempre, nei loro rapporti a due o a tre, o in altri intrattenimenti sessuali. E il tempo passava.

Noelle prese a staccarsi anche dal comandante, che ne soffrì terribilmente. Proprio quando lui era riuscito a rompere il suo voto ascetico, nel momento in cui non gli interessava più vivere una vita ritirata. Continuava a desiderarla con la stessa intensità di sempre, un’intensità mai provata prima per qualcuno o per qualcosa. Ma Noelle si era ritirata in se stessa, obbligandolo a fare lo stesso. Julia gli fece sapere di essere ancora disponibile, e lui la ringraziò caldamente, ma sentiva di non potersi più concedere il piacere del sesso fine a se stesso. E il tempo passava. Come tutti gli altri, anche il comandante aspettava Noelle.

Alla fine, Noelle annunciò, dando mostra di una ritrovata fiducia, di esser pronta a provare di nuovo.

Volle restare da sola nella sua cabina, come sempre. Chiuse gli occhi e lasciò che il suo pensiero salisse verso l’alto, più in alto, sempre più lontano.

Il grigiore.

Era nel tunnel. Nel vuoto infinito del non-spazio. Protese il suo pensiero attraverso quel vuoto fino a quando non poté più distinguerne la fine o l’inizio. Lei stessa iniziava a sentirsi infinita, un essere infinito in un universo infinito. Un filamento di pura luce che si allungava, si allungava…

“Angeli? Angeli, ci siete?”

Sì. Quasi immediatamente ne sentì uno; ne percepì la sua immensità, la sua potenza. Muoveva verso di lui. Allargò le braccia, alzò il volto per sentire meglio il calore. Eccolo. Quella calda, immensa fornace, quel frastuono, i sibili, il rombare, lo sfrigolare.

In quel momento pensò, sperò, di essersi isolata a sufficienza contro la forza distruttrice della creatura, di aver trovato il modo di incanalare l’eccesso di energia in modo da farla scorrere accanto a lei, e vederla dissiparsi senza nuocerle. Pensava così, lo sperava.

Aveva molta paura.

Tuttavia andava fatto. E poi sapeva di trovarsi sul ciglio di un mondo meraviglioso.

Adesso. Adesso. La sua mente protese un ultimo filamento di pensiero.

Contatto.

Quasi contatto. C’era ancora una barriera, e lei aveva paura ad attraversarla. Decise quindi di attendere guardando avanti, “osservando” un angelo, “osservandolo”, non sentendolo. La sua massa di pura energia riempiva il cosmo. Era come un oceano di fuoco. Il volto dell’angelo era un ribollire di uragani di potenza inconcepibile. Alte lingue scoppiettanti di fiamma si alzavano da lui. Il suo grande volto appariva velato in certi punti, ma laddove i veli si aprivano lei vedeva immensi getti di potenza salire lungo le turbolenze. Venivano dalle profondità dell’angelo, cellule bollenti di pura energia grandi come pianeti che emergevano dal nucleo della creatura per poi tornare lentamente indietro. Sulla sua superficie eruzioni continue e frenetiche scagliavano pura energia in tutto il firmamento, come frustate di luce che sferzavano la struttura stessa del cosmo.

Ma dentro il nucleo, oltre la turbolenta superficie, sembrava esservi una zona di calma assoluta, come se un muro separasse le forze fiammeggianti del volto dell’angelo dal nucleo tranquillo e imperturbabile dell’essere gigantesco. Noelle desiderò ardentemente di riuscire a raggiungere quella zona di calma assoluta. Ma come? Come? Il fragore mostruoso sembrava stordire la sua stessa anima. Non riusciva neppure a pensare, in tutto quel tumulto.

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