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Robert Silverberg: L'arca delle stelle

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Robert Silverberg L'arca delle stelle

L'arca delle stelle: краткое содержание, описание и аннотация

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La Wotan è una gigantesca arca spaziale. La sua missione è trovare una nuova terra per la razza umana. Ma i telepati presenti a bordo captano un inquietante messaggio dallo spazio: intelletti che popolano il vuoto intergalattico entrano in contatto con l’equipaggio. Nell’Universo, infatti, la vita pullula anche nel nulla che divide le stelle… Forme di vita inconcepibili si preparano a ricevere i nostri simili. Che cosa c’è là fuori?

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“Devo raggiungerli. Devo raggiungerli.”

“Angeli!”

Oh. Finalmente ne avvertiva la presenza. E così esistevano. Qualsiasi cosa fossero, esistevano davvero. Potevano anche non essere dei veri angeli, ma erano là e non erano lontani. “Esistevano”. Luce. Forza. Magnetismo. Sì. La consapevolezza di una massa di potenza inaudita, pura energia concentrata, penetrò piano piano in lei. Si trattava di una gigantesca massa in movimento, che esercitava uno sforzo terribile sulla struttura stessa dell’universo.

Che strano! L’angelo aveva un momento angolare. Ruotava poderosamente sul suo asse colossale. Chi avrebbe mai pensato che gli angeli fossero tanto grandi? Tuttavia si trattava di angeli, poiché potevano essere ciò che a loro più piaceva.

Noelle si sentì oppressa dal peso in movimento dell’angelo che effettuava la sua lenta, gravosa rotazione assiale. Tuttavia si sforzò di avvicinarsi.

Oh.

Era abbagliata dalla sua presenza.

Oh. Oh.

Ne avvertiva il rombare. Sembrava il rombare di un’immensa fornace. Era assordante. Udì uno scoppio, poi un lungo sfrigolio e un sibilo: i suoni dell’inimmaginabile energia libera e non filtrata.

“C’è troppa luce! C’è troppa energia!”

Si sentiva affascinata quanto spaventata. Doveva stare attenta. Lì si nascondeva un grande mostro. Noelle si ritirò un poco, e poi ancora di più, schiacciata dalla forza delle irradiazioni dell’angelo. Davanti a una tale energia si sentiva minuscola. Perdere anche solo per un attimo il controllo della mente e consentire a quell’energia di penetrarvi l’avrebbe distrutta. Doveva tornare indietro e creare una sorta di schermo, di trasformatore di energia mentale che proteggesse la sua piccola anima dalla piena furia di quella potenza radiante.

E quindi si ritirò rapidamente, giù, giù, sempre più giù, fino a quando non si ritrovò nell’astronave. Riposò un poco, poi studiò il problema. Ci voleva tempo e disciplina per fare ciò che doveva fare. Bisognava rimettersi in discussione, dominare nuove tecniche, scoprire capacità che non sapeva di possedere. E per questo ci voleva tempo e disciplina. Quanto? Giorni, settimane, mesi? Non lo sapeva. Avrebbe fatto ciò che era necessario, e lo avrebbe fatto con pazienza, con cautela.

E un giorno fu di nuovo pronta.

Sì.

Ormai poteva provare di nuovo. Piano, molto piano, modulato con la massima cura, il sottile filo del pensiero salì di nuovo.

Così. Così.

Si avvicinò all’angelo.

“Mi vedi? Io sono qui. Sono Noelle. Noelle. Vengo a te con amore e paura. Vuoi un contatto? Toccami.”

Un tocco leggero.

Un tocco.

Oh. Oh.

“Ti vedo. La luce… gli occhi di cristallo… le fontane di lava… oh, la luce, la tua luce… ti vedo. Ti vedo!

Oh! Come un dio!

Aveva cercato il mito di Semele negli archivi storici dell’astronave dopo il primo tentativo, giorni addietro. Era come l’aveva raccontata il comandante il giorno in cui si erano baciati per la prima volta, il giorno della nascita del loro amore.

“E Semele volle contemplare Zeus in tutta la sua gloria. Zeus cercò in ogni modo di evitarlo, ma Semele insistette, e Zeus, che invero l’amava, non poté più rifiutare. E così Zeus si rivelò a lei in tutta la sua potenza, e Semele ne venne consumata; sicché ne restarono solo le ceneri, ma il figlio che aveva concepito, il semidio Dioniso, poteva contemplare il padre e non ne fu distrutto. Zeus salvò Dioniso, celandolo nella sua coscia per crescerlo e donargli i poteri di un dio.”

“Dio mio, io sono come Semele!…”

Quel pensiero la terrorizzò. L’angelo era troppo, troppo potente per lei. Ne sarebbe stata consumata, incenerita. Travolta dal terrore, Noelle si ritirò velocemente, rientrando con un sospiro di sollievo nell’astronave, nel suo santuario. Doveva riposare, ricomporsi. Cercò di rigenerare i suoi poteri, ma erano stati brutalmente esauriti. Poteva solo riposare, allora, anche giorni e giorni, se era necessario. Tutto quello era molto difficile e pericoloso. Sapeva di non essere in grado di continuare, per il momento. Non poteva addentrarsi nell’ Intermundium per una terza volta, quel giorno.

— Sono realmente là, davvero — disse. Appariva pallida, stanca, ancora fortemente sconvolta. Erano passate poco più di due ore dal suo ritorno da quella avventura. L’intero viaggio mentale era durato non più di due minuti, almeno a sentire gli altri. A lei erano sembrati anni, a lei e a chi l’aveva assistita durante lo stato di trance.

Un nutrito gruppo di persone si trovava in quel momento con lei nella cabina: Heinz, Huw, Leon, Elizabeth, Imogen, Julia e, naturalmente, il comandante. — Potrei percepirli mentre si librano da qualche parte fuori dall’astronave. Angeli.

— Angeli? — chiese Heinz sconcertato. Sembrava stranamente sotto tono. — Veri angeli?

— Intende dire esseri divini con forma umana, come gli angeli con le ali che popolano gli antichi dipinti? — fece Noelle.

— E nomi, e identità — aggiunse Elizabeth. — Gabriele, Michele, Raffaele, Azrael… i luogotenenti di Dio.

— Non so se sono angeli in quel senso — replicò Noelle. — Angeli è la parola con cui abbiamo cominciato a definirli, ricordate?

— E certamente saprete tutti che io ho usato quella parola con leggerezza — precisò Heinz. — Era solo un’ipotesi, allora, una sorta di gioco. Io per primo non credevo che vi fosse una qualsiasi specie di intelligenza là fuori. E adesso lei afferma di aver visto qualcosa.

Molti si accigliarono. Era strano chiedere a Noelle se aveva “visto” qualcosa. Tuttavia, chi poteva sapere come si svolgessero veramente le cose nel regno dei poteri mentali?

— Li ho sentiti — replicò Noelle. — Non visti.

— Insomma, erano angeli o no? — insistette Heinz.

Noelle sorrise lievemente, scuotendo la testa. — Come faccio a saperlo? Non credo, non mi sembra che la definizione classica di angeli si adatti a loro. Ve l’ho detto, non ho visto niente. Tuttavia li ho sentiti. Sono delle forze. Immensi ammassi di potenza in costante rotazione sul proprio asse. Se gli angeli fanno così, allora erano angeli.

— Forze — ripeté Elizabeth, soppesando la parola. — Mi chiedo se si tratti di una categoria di angeli — disse, contando sulle dita. — Cori, Troni, Dominazioni, Principati, Virtù, Poteri… Poteri! Questo sarebbe più o meno come Forze!

Il comandante si protese in avanti e disse teneramente a Noelle: — Sei in grado di descriverci in qualche modo ciò che hai provato?

— No.

— Quanto distavi dall’astronave quando hai cominciato a percepirli?

— Non sono in grado di dire neppure questo. Nulla ha senso là fuori, neppure la distanza. È come trovarsi in una nebbia infinita e insostanziale, più o meno come quella che compare al di là della grande vetrata, solo che non ha alcun inizio e alcuna fine.

— Ma sembravano vicini, perlomeno? — domandò lui.

Noelle allargò le braccia in un gesto di totale impotenza. — Non posso dirlo. Vicino o lontano sono definizioni senza senso. Tutto si trova alla stessa distanza là fuori. Non so neppure se mi trovavo nel tunnel di non-spazio o da qualche altra parte, quando li ho visti.

— Tuttavia sei riuscita a distinguere una dimensione relativa: hai detto che queste creature sono enormi.

— Erano molto più grandi di me, sì; molto più grandi. Immense. Questo l’ho avvertito subito. Ho percepito un potere immenso… era come trovarsi accanto a un’immensa fornace. Potevo sentirla rombare.

— Una fornace o molte fornaci? — chiese Huw.

— Non lo so. Non lo so proprio. Qualche volta mi sembrava una, altre mi sembravano molte. Certe volte credevo fossero migliaia attorno a me — spiegò Noelle con un pallido sorriso. Appariva esausta. — Voi cercate di ridurre in termini concreti ciò che io ho provato, ma non è possibile. Tutto ciò che posso dirvi è che io sono uscita là fuori, e dopo un po’ ho trovato qualcosa di enorme, qualcosa di immensamente potente e pieno di energia radiante. Se gli angeli sono così, allora ho incontrato un angelo. Non ho idea di cosa si provi quando si incontra un angelo, e neppure dell’importanza che può avere attribuirgli in qualche modo un nome. So solo che c’è qualcosa là fuori, e sono convinta che questo qualcosa mi impedisca di contattare Yvonne.

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