Ma lui non era un'arma. Lui era Philip Lynx, detto Flinx: un orfano di diciannove anni, con una storia insolita, una parentela enigmatica e un talento erratico con sbocchi sconosciuti.
Qualunque cosa lui fosse, quando spostò di lato il coperchio distrutto del sarcofago e si mise a sedere, tutti i presenti rimasero paralizzati. Gli ci volle un istante per abituare gli occhi alla luce e in quell'istante, tutti ebbero la possibilità di reagire.
Vandervort si alzò a metà da dietro la sua barriera di casse e gridò: — Prendeteli! — Dabis e Monconqui cominciarono a muoversi. Il vecchio acquattato sulla cima delle scale fissò Flinx come se vedesse un rettile carnivoro invece di un giovane snello.
— Uccidete la cosa! — urlò. — Uccidetela subito!
Il giovane seduto sull'ultimo gradino esitò, ma non la donna alta accanto a lui. Cominciò a sollevare la canna della pistola neuronica che teneva tra le mani. Ma senza essere sfiorata da alcuna arma visibile, di colpo cadde in avanti, rotolando giù dalle scale e finendo sul corpo dell'uomo morto prima.
Pip e Scrap erano in aria, pronti ad attaccare, ma per la prima volta nella sua vita, Flinx non aveva bisogno di loro. In confronto alla lotta sostenuta per emergere dal lago, questa volta fu facile. Usando Pip come lente empatica, era in grado di proiettare emozioni, non solo di riceverle. Forse ciò non era dovuto solo al lago e al sonno drogato. Forse c'entravano anche le forme e le sagome indistinte che avevano cercato di raggiungerlo. Forse lo avevano raggiunto. Non lo sapeva.
Aveva tutto il tempo di scoprirlo dopo, se viveva.
Quello che aveva proiettato nella mente della donna alta erano paura e un terrore soverchiante. La stessa cosa fece con il suo compagno, che emise un gemito tremante, si alzò per fuggire, ma svenne sulle scale. Il vecchio riuscì a sparare un colpo in direzione di Flinx, che lo sfiorò appena, intorpidendogli il braccio. Istintivamente, il giovane rispose con una forza maggiore.
Quello che avvenne fu involontario. Il vecchio si alzò tremando, con gli occhi fuori dalle orbite, e crollò addosso al suo giovane compagno. Ma al contrario di lui, non era semplicemente svenuto. La paura gli aveva fermato il cuore.
Vedendo crollare gli avversari, le due guardie del corpo si erano fermate in mezzo alla stanza, sollevate al pensiero di non dover più sfidare le pistole dei nemici. E quasi nello stesso istante, si accorsero che il prigioniero era seduto nel sarcofago e li guardava; ma non ricollegarono la sua resurrezione con la distruzione degli avversari.
Incerto, Monconqui sollevò la pistola. Clarity vide il gesto, si alzò e urlò.
Fu più difficile mettere fuori combattimento le due guardie del corpo. Esse conoscevano il tipo di paura che Flinx aveva usato per togliere di mezzo gli altri, ma dopotutto, ogni uomo ha un limite e alla fine anche i due crollarono sotto il cieco terrore proiettato da Flinx.
Poi nella stanza furono solo lui, Clarity e Vandervort. La donna anziana uscì da dietro la sua piccola fortezza di casse e avanzò verso di lui, con la mano tesa e un gran sorriso sul volto.
— Bene, ragazzo mio, non so come ci sei riuscito, ma so che sei stato tu. Ti ho visto fissarli e farli crollare, o qualunque altra cosa tu abbia fatto. Prima quella feccia sulle scale e poi i miei uomini, che non hanno avuto il buon senso di abbassare le armi prima di scoprire che eravamo tutti dalla stessa parte.
Flinx stava arrampicandosi fuori dal sarcofago. — E di che parte si tratta?
— Non ascoltarla, Flinx! — gridò affannata Clarity. — È lei che ti ha drogato e messo in quella cassa!
Vandervort si girò di scatto. — Stai zitta, piccola cagna. Se sai cosa ti conviene, è meglio che tu tenga la bocca chiusa. — Continuando a sorridere, tornò a rivolgersi a Flinx. Lui la studiò impassibile.
— La nostra cara Clarity è un po' scombussolata. E confusa da tutte le cose che sono successe e devo dire che non la biasimo. — Vandervort rise, una risata morbida, fiduciosa. — Io stessa sono un tantino confusa.
— Anch'io.
Vandervort sembrò aumentare di statura. — Sono certa che possiamo chiarire tutto.
— Quindi tu non sei responsabile di questo? — Il suo sguardo era fermo, la voce calma. Pip era sospesa lì vicino, mentre Scrap guizzava incerto verso Clarity, poi verso Flinx, finendo con lo svolazzare infelice a mezz'aria tra i due.
— Non ho detto proprio questo. Quello che ho detto è che è stato tutto molto confuso.
Queste furono le parole che pronunciò. Ma quello che emanava da lei era una combinazione di paura e rabbia, non tutta diretta ai nemici morti o svenuti ammassati in fondo alle scale. Una parte era diretta a Flinx.
— Se hai tutto questo desiderio di aiutarmi, perché hai tanta paura di me?
— Paura di te, giovanotto? Ma io non ho paura di te. — All'improvviso capì e sorrise, ma questa volta fu un sorriso incerto. — Tu sei in grado di dire quello che provo, vero? Non quello che penso, ma quello che provo.
— Esatto. E quello che percepisco in questo momento è che non ti piaccio poi tanto quanto vuoi far credere.
— Non dovresti prendere alla lettera le emozioni, giovanotto. Possono essere confuse e confondere. Hai appena finito di mettere fuori combattimento cinque persone senza neppure alzare in dito. Credo di avere il diritto di essere quantomeno intimidita.
— Ma tu non sei intimidita. Tu hai paura e questa è una cosa diversa. Credo che in questo momento tu stia pensando di impadronirti di una delle pistole dei tuoi scagnozzi, appena ti volto le spalle.
Vandervort divenne bianca come un cencio. — Non puoi sentire questo. Non è un'emozione: è un pensiero specifico. — Indietreggiò di un passo. — Tu non puoi…
— Giustissimo. Non posso leggere i pensieri. Ma se insinuo una cosa e tu reagisci, io percepisco la tua reazione e quindi la riconosco con la stessa chiarezza che se tu mi avessi dato una risposta sincera. Se avessi risposto in un altro modo, allora forse avrei esitato. Avrei potuto essere incerto. Avrei potuto persino essere tentato di stare ad ascoltarti.
— Non mi ucciderai — sussurrò cupa. — In te non c'è l'assassinio.
— Ehi, non possiamo sapere cosa ci sia in me, ricordi? Io sono l'imprevedibile mutante contro cui hai messo in guardia tutti. — Non fu l'espressione di puro terrore sul viso di lei che lo fece star male, ma il fatto che lui stava godendo di quel terrore. Sospirò. — Basta morti. — Indicò le scale. — Due di loro sono morti, gli altri svenuti. Una di quelle morti è stata un incidente, e l'altra è stata provocata da una pistola ad aghi. Non ti ucciderò, Vandervort.
La donna si fermò. — Che cosa hai intenzione di fare? — Non lo stava guardando. — Che cosa hai fatto a loro?
— Ho solo fatto in modo che non mi dessero fastidio per un po'. Dimmi: c'è qualcosa di cui hai paura? Qualcosa che ti spaventa davvero?
— No, sono uno scienziato. Osservo ogni cosa analiticamente. Non ho paure.
All'improvviso, i suoi occhi sporsero in fuori come quelli di un pesce intrappolato nella bassa marea. Gettò la testa all'indietro e si girò lentamente. Le dita annasparono nell'aria e lei emise un unico urlo acuto, prima di ricadere a terra svenuta.
Clarity uscì da dietro le casse. — Che cosa le hai fatto?
Flinx fissò triste la figura rattrappita. — La stessa cosa che ho fatto agli altri. Ho proiettato dentro di loro la paura, fino a quando il sistema nervoso è stato sopraffatto. Ho percepito delle paure striscianti nella sua mente. Insetti, o cose simili, non so. — Scosse il capo. — Non sono necessari i dettagli. — Ecco dove è finito il suo approccio analitico.
— Flinx, sono così contenta che tutto…
Lui si voltò di scatto. — Penso che sia meglio che tu non aggiunga altro.
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