La risposta di Clarity fu un sussurro inorridito. — Non avrei mai dovuto ascoltarti, avrei dovuto dare retta a Flinx. Non è lui quello pericoloso, qui. Tu sei diabolica e pericolosa.
— Dal momento che la pensi così, non mi sento più obbligata a farti le mie scuse. — Vandervort si voltò e parlò di nuovo a voce alta. — Che ne dite? Avete già distrutto l'installazione di Longtunnel. Io sono solo un amministratore, che sta per cambiare lavoro. Potete prendervi l'ingegnere.
Fu la bionda a rispondere. — Dobbiamo avere anche il mutante. Da come la vedo io, strategicamente noi siamo in vantaggio. Voi dovete attraversare la stanza per raggiungere le scale. Non vedo nessuna ragione di venire a patti con voi, per niente.
— Noi potremo anche non farcela, ma qualcuno di voi morirà — disse Dabis. — Sarebbe molto meglio se potessimo uscirne tutti senza altri morti.
Seguì un lungo silenzio, poi la bionda rispose. — Ci penseremo.
— Non pensateci troppo — l'ammonì Vandervort. — Potremmo decidere di andarcene senza il vostro permesso. — E pronunciate quelle parole, si lasciò ricadere dietro le casse, dimostrando di colpo tutti i suoi anni. Facendo attenzione al braccio ferito, si scostò i capelli dalla fronte e colse lo sguardo di Clarity che la fissava impietrita.
— Oh, non guardarmi così, mia cara — mormorò irritata, — è maleducato da parte tua e non ti si addice e oltretutto non mi fa nessun effetto.
— Sai — disse Clarity in tono neutro, — ho sempre voluto essere come te. Ti ammiravo per la facilità con cui riuscivi a conciliare scienza e affari. Eri una donna che ce l'aveva fatta e da sola.
— Certo, ho fatto tutto da sola. E intendo continuare così. Con te vicino, sarebbe stato più facile, ma anche se tu sei la migliore, riuscirò a rimpiazzarti, trovando un altro altrettanto bravo o quasi. È il nostro giovanotto ad essere insostituibile, non tu.
Il lago si agitò. All'improvviso, l'acqua non fu più così limpida e lui non galleggiava più immerso nella pace. Sentì, più che vedere, Pip e Scrap che fluttuavano accanto a lui e seppe che anche la loro serenità era stata disturbata.
Le forme continuavano a volteggiare sopra la superficie del lago, ma neppure esse erano più placide e sognanti: erano diventate demoniache e irate. Per la prima volta, percepì di non essere solo in quel lago. C'erano delle cose che si muovevano nelle profondità, molto al di sotto di lui, laggiù, dove l'acqua diventava fredda e oscura. C'era un'immensa cosa verde, senza forma, che cercava disperatamente di raggiungerlo, cercando di risvegliare la sua coscienza, come una pietra che trae scintille da un'altra roccia. Forme nel vuoto, familiari e al tempo stesso irriconoscibili.
Per quanto cercasse di concentrarsi, la cosa verde senza forma e quella sensazione strana scomparvero, mentre i visi demoniaci diventavano duri come il vetro. Gli sembrò di cominciare ad innalzarsi verso la superficie del lago, come se stesse acquisendo una sorta di galleggiamento mentale e non solo fisico. Ma anche così, quando attraversò la superficie, non era pronto.
Niente aveva senso. Quando fluttuava sott'acqua, il suo respiro era normale e rilassato. Ora che era tornato nell'atmosfera, si trovava a boccheggiare in cerca d'aria. Gli occhi sembravano schizzargli dalle orbite e i polmoni annaspavano. Accanto a lui, Pip e Scrap erano due ammassi di spire contorte.
Quando il contenitore era stato abbandonato, era andato alla deriva sulle sue ancore di levitazione, finendo contro la parete sotterranea. La scatola beige che conteneva i cilindri di morfogas e la valvola di flusso, avevano subito una leggera scossa. Il risultato era stata una frattura in uno dei tubi di raccordo. Monconqui avrebbe potuto notarlo in una delle sue ispezioni, ma purtroppo, quel gentiluomo era stato occupato con altre cose, per un po'.
L'aria della stanza entrava nel sarcofago, mentre il gas ne usciva. Molto lentamente, l'atmosfera nel contenitore stava tornando alla normalità e pur continuando ad essere sigillato, non era a prova di suono. Dall'interno si udivano le voci che discutevano e gli spari delle armi.
Ma con la lastra di copertura chiusa, l'interno continuava ad essere buio come le caverne di Longtunnel.
Flinx cercò di rimettere in moto il cervello. L'ultima cosa che ricordava era di trovarsi seduto sul letto della sua camera di albergo, a guardare il tridi, con Pip arrotolata su di una sedia lì accanto e Scrap che cercava di avvolgere la coda sul lampadario. E ora invece si trovava sdraiato in un qualche tipo di contenitore, con Pip e Scrap accanto a lui. Il suono ovattato delle grida e degli spari giungeva fino a lui. Le voci sembravano umane, quindi era probabile, anche se non sicurissimo, che all'esterno della sua prigione ci fosse aria respirabile.
Esplorò l'interno del contenitore come poté, ma non trovò né un'interruttore né una maniglia di apertura. Questo significava che quel sarcofago era costruito per aprirsi solo dall'esterno ed era un fatto che aveva senso. Le sue dita trovarono tre spesse cerniere e ne capirono la funzione.
Ricordò il riposo pieno di pace nel lago dei suoi pensieri. Per qualche ragione era stato narcotizzato e a giudicare dai muscoli intorpiditi, era rimasto parecchio privo di sensi. Ma nonostante questo, si sentiva vigile e a posto. Il lungo sonno gli aveva sgombrato la mente dalle ragnatele. Lasciò libero il suo talento e scoprì di poter percepire con molta chiarezza le emozioni che lo circondavano. Forse la combinazione tra il lungo riposo forzato e l'agente narcotizzante avevano favorito un innalzarsi della sua percezione. O forse gli era successo qualcosa mentre era rinchiuso in quella prigione, senza poter vedere altro che la sua mente. Aveva vaghi ricordi di potenti forme che non riusciva a vedere, e soprattutto di una, verde e immensa. Echi di un mondo di sogno pieno di pace.
Toccò delle menti ostili e si allontanò, come una farfalla che passa di fiore in fiore. I suoni e le emozioni gli dissero che quella persone stavano sparandosi addosso. In mezzo a quell'oceano di sensazioni sconosciute, ce n'erano due che conosceva bene. Una era Alynasmolia Vandervort, una combinazione di cupidigia, ambizione, speranza e odio.
Clarity invece era piena di disgusto, preoccupazione, paura e qualcosa d'altro che non riuscì ad identificare. A quel punto, sussurrò qualcosa a Pip. Non comunicavano solo empaticamente: il serpente volante aveva un'intelligenza sufficiente per imparare e rispondere ad alcuni comandi verbali elementari.
Spostandosi il più possibile verso destra, batté con un dito sulla cerniera più bassa, mormorando una parola. Pip individuò la posizione del suo dito dal suono che faceva colpendo la cerniera, attese che il suo padrone avesse ritirato la mano e poi sputò.
L'odore pungente del metallo che si dissolveva riempì il contenitore, minacciando di soffocare Flinx. Lottando per respirare, batté altre due volte sulle cerniere, mormorò due volte il comando e attese che il veleno di Pip producesse il suo effetto. Nessuno si avvicinò per vedere cosa stesse succedendo. Forse le cerniere che si scioglievano non erano visibili dall'esterno, o più probabilmente, i combattenti che aveva percepito, erano troppo impegnati ad ammazzarsi.
Tossendo per i vapori, intrappolato nella sua prigione, sentì la rabbia montare. Tutto quello che gli era capitato, era successo perché aveva cercato di aiutare qualcun altro. Avevano giocato con le sue emozioni e più lui cercava di aiutare, più la gente sembrava solo volergli fare del male. Era furioso.
Galleggiando sereno nel suo lago privato, aveva imparato molte cose su se stesso. La meditazione forzata aveva rivelato cose la cui esistenza non aveva mai voluto riconoscere. E una era che in tutto l'universo c'erano solo due intelligenze in grado di comprenderlo veramente. Una erano i sumacrea. L'altra era un'arma gigantesca costruita da una razza morta da molto tempo. L'unico scopo della vita dei sumacrea era comprendere. Quello dell'arma era distruggere.
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