Il secondo portello si aprì. Lindsay si tirò dentro, e vi fu un improvviso, rapido movimento nel buio. Lindsay sentì la sua tuta lacerarsi. Il gelido acciaio gli scalfì la gola, le sue gambe vennero afferrate, e urlò quando delle mani nel buio gli ghermirono il braccio, torcendoglielo.
— Parla!
— Signor Presidente! — subito rantolò Lindsay. — Signor Presidente!
Il coltello premuto contro la sua gola fu tirato indietro. Sentì l’assordante raschiare d’una sega e volarono scintille. In quell’improvvisa, vivida luce, Lindsay vide il Presidente, il Presidente della Camera, il Supremo Magistrato e il Terzo Senatore.
Le scintille si spensero. Il Presidente della Camera aveva usato la lama della sua piccola sega portatile contro un pezzo di tubo.
Il Presidente strappò via la testa della tuta di Lindsay.
— Il braccio, il braccio — guaì Lindsay.
Il Supremo Magistrato lo lasciò andare; il Terzo Senatore gli lasciò libere le gambe. Lindsay respirò profondamente, riempiendosi i polmoni d’aria.
— Fottuto attacco preventivo — disse il Presidente. — Li odio.
— Hanno cercato di uccidermi — disse Lindsay. — L’equipaggiamento… l’avete distrutto? Adesso possiamo andarcene.
— Qualcosa li ha messi in guardia — ringhiò il Presidente. — Eravamo al centro lanci con Paolo. Per imparare come fracassare i comandi del lancio. Poi sono arrivate Agnes e Nora. In quel momento avrebbero dovuto dormire… e tutt’a un tratto, nero come il carbone.
— È mancata la corrente — spiegò il Presidente della Camera.
— Io grido all’imboscata — proseguì il Presidente. — Soltanto che è tutto nero intorno. Il vantaggio ce l’hanno loro. Sono meno di noi, meno possibilità di colpire i propri compagni. Così mi dedico ai macchinari: infilo il coltello nei circuiti. Sentiamo ululare il Secondo Senatore, la carne si squarcia.
— Qualcosa di umido mi ha toccato la faccia — disse il Supremo Magistrato. La sua voce antica era greve d’una soddisfazione da giorno del giudizio. — L’aria era piena di sangue.
— Erano armati — riprese il Presidente. — Durante lo scontro ho preso questo. Toccalo, ’Stato.
Nel buio il Presidente premette qualcosa dentro la mano destra di Lindsay. Era delle dimensioni del suo palmo: un disco appiattito di pietra compatta, avvolto in un filo intrecciato. In certi punti era appiccicoso.
— Credo che li avessero fissati alle costole con nastro adesivo. Armi da far roteare. Bolas. Buone per strangolare. Questi fili sono abbastanza sottili da tagliare. Uno mi ha aperto il pollice fino all’osso quando l’ho agguantato.
— Dove sono gli altri del nostro gruppo? — domandò Lindsay.
— Avevamo un piano d’emergenza. I due deputati stavano pulendo, dopo Ian. Adesso sono a bordo della Consensus , stanno preparando il decollo.
— Perché avete ucciso Ian?
— Ucciso? — fece il Presidente della Camera. — Non c’è nessuna prova. È evaporato.
— La DMF non accetta una ferita senza restituirla — dichiarò il Presidente. — Pensavamo che ce ne saremmo andati entro la mattina, e abbiamo pensato, ah, lasciamogli credere che abbia disertato con noi! Carino, vero? — Sbuffò. — Il Senatore è con noi, ma due si sono smarriti. Comunque, si faranno vedere quassù, perché questo è il luogo dell’appuntamento. Il Secondo e il Terzo Magistrato stanno provvedendo al saccheggio, portando fuori un po’ di quel “ware” organico che scotta… quell’asso nella manica dei Plasmatori. Buon bottino per noi. Avevamo pensato di prendere il controllo dell’uscita. Se fosse necessario, potremmo saltare fino alla Consensus nudi. Potremmo farcela con soltanto un po’ di sangue dal naso e mal di pancia: vuoto spinto per trenta secondi.
L’eco di un picchiettio in fondo al corridoio si era impercettibilmente avvicinato come sottofondo delle loro voci. Continuò con una debole, ritmica precisione, il morbido ticchettio della plastica contro la pietra.
— Oh, dannazione! — esclamò il Presidente.
— Vado io — si fece avanti il Supremo Magistrato.
— Non è niente — intervenne il Terzo Senatore. — Un ventilatore che si sta assestando.
Lindsay sentì lo sferragliare della cintura degli arnesi del Terzo Senatore.
— Sono partito — annunciò il Supremo Magistrato. Lindsay avvertì un leggero spostamento d’aria quando il vecchio mechanist gli passò accanto fluttuando.
Quindici secondi nel buio… — Ci serve luce — sibilò il Presidente della Camera. — Userò la sega e…
Il picchiettio cessò. Il Supremo Magistrato gridò: — Ce l’ho! È un pezzo di…
Il rumore improvviso e sgradevole di qualcosa che veniva schiacciato lo interruppe.
— Magistrato! — gridò il Presidente. Si lanciarono di corsa lungo il corridoio, urtando contro le pareti ed entrando in collisione fra loro, alla cieca.
Quando raggiunsero il punto, il Presidente della Camera tirò fuori la sega, e scoccarono scintille. L’oggetto che aveva prodotto quel rumore era un semplice lembo di plastica rigida incollato all’imboccatura della biforcazione d’una galleria e tirato da un lungo filo. L’assassino, Paolo, aveva aspettato nella galleria. Quando aveva udito la voce del vecchio mechanist, aveva usato la sua arma: una fionda. Un massiccio dado di pietra a sei facce, era semiaffondato nel cranio fratturato del vecchio pirata morto.
Agli sprazzi di luce della sega, Lindsay vide la testa del morto coperta da un viluppo appiattito di sangue, trattenuto dalla tensione superficiale sulla pelle tutt’intorno alla ferita.
— Potremmo partire… — disse Lindsay.
— Non senza i nostri — replicò il Presidente. — E non lasciando in vita colui che ha fatto questo. Sono rimasti soltanto in cinque.
— Quattro — disse Lindsay. — Ho ucciso Fazil. Tre, se riuscirò a parlare con Nora.
— Non c’è tempo di parlare — ribatté il Presidente. — Sei ferito, Segretario. Rimani qui a sorvegliare la camera di equilibrio. Quando vedrai gli altri, digli che siamo andati a uccidere quei quattro.
Lindsay si costrinse a parlare. — Se Nora si arrendesse, signor Presidente, vorrei sperare che…
— La misericordia era il suo lavoro — disse il Presidente. Lindsay lo sentì trascinare il cadavere del giudice. — Hai un’arma, ’Stato?
— No.
— Prendi questa, allora. — Porse a Lindsay il braccio meccanico del morto. — Se uno di loro dovesse capitare qua dentro, uccidilo col pugno del vecchio.
Lindsay strinse le protuberanze costituite dai cavi del rigido polso prostetico. Gli altri si allontanarono in fretta, con un ticchettio, un fruscio e un sussurro di pelle callosa contro la pietra. Lindsay risalì fluttuando la galleria fino alla camera di equilibrio, rimbalzando lungo la pietra liscia con le ginocchia e le spalle, pensando a Nora.
La vecchia non voleva morire, era questo l’orrore della cosa. Se soltanto fosse stato rapido e pulito come Kleo aveva promesso, Nora sarebbe anche riuscita a sopportarlo, così come sopportava qualunque altra cosa. Ma nell’oscurità, quando aveva sferzato con la sciarpa appesantita il collo della donna pirata, e aveva tirato, non era stato né silenzioso né pulito.
La vecchia Giudice Due, come la chiamavano i pirati, aveva una gola che era una massa di cartilagini, dura come l’acciaio sotto la falsa levigatezza della pelle. Per due volte, quando Nora aveva pensato che fosse finalmente morta, la donna pirata era rimbalzata alla vita in maniera agghiacciante, là nel buio, con un tormentoso rantolo raschiante. I polsi di Nora sanguinavano copiosamente a causa delle unghie scheggiate della vecchia. Il suo corpo puzzava.
Nora sentiva l’odore del proprio sudore. Le sue ascelle erano una tormentosa massa di eruzioni cutanee. Galleggiava in silenzio nel buio pesto della cabina di comando dei lanci, i suoi piedi nudi appollaiati sulle spalle della morta, con un’estremità della sciarpa in ciascuna mano.
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