«Avresti combattuto perché tu sei mortale e hai un forte bisogno di sopravvivere», soggiunse, «una lotta che noi dèi non conosciamo mai».
Parve meditare su questo, poiché Mina percepì che l’attenzione di lui l’abbandonava, si allontanava da lei. Chemosh fissava un’oscurità infinita, eterna e terribile. La fissò a lungo, come cercando risposte, quindi scrollò il capo, alzò le spalle e tornò a guardare Mina con un sorriso.
«E così voi mortali potreste dire», continuò, con un tono in parte canzonatorio, in parte mortalmente serio, «che gli dèi onniscienti non sono poi così onniscienti».
Mina fece per replicare, ma lui non glielo permise. Si chinò, la baciò rapidamente sulle labbra, quindi si allontanò lentamente dal letto e fece un giro attorno alla camera illuminata dalle candele. Lei osservò il suo modo di camminare, forte e autorevole.
«Lo sai dove ti trovi, Mina?» domandò Chemosh, girandosi bruscamente verso di lei.
«No, mio signore», rispose lei con calma. «Non lo so.»
«Ti trovi nella mia dimora.» La guardò attentamente. «Nell’Abisso».
Mina si diede un’occhiata attorno e poi ricondusse lo sguardo verso di lui.
Chemosh la osservava con ammirazione. «Ti svegli e ti trovi da sola nell’Abisso, eppure non sei spaventata.»
«Ho percorso luoghi più bui», replicò Mina.
Chemosh la guardò a lungo, poi annuì capendo. «Le prove di Takhisis non sono per i deboli di cuore.»
Mina gettò da parte le lenzuola di batista. Si alzò dal letto e si mise in piedi davanti a lui. «E le prove di Chemosh?» gli domandò coraggiosamente.
Il dio sorrise. «Ho forse detto che ci sarebbero state delle prove?»
«No, mio signore, ma voi vorrete che io dimostri ciò che valgo. E poi», soggiunse, alzando lo sguardo verso quegli occhi scuri che trattenevano lei, Mina, al loro interno, «io voglio dimostrare ciò che valgo».
Lui la prese fra le braccia e la baciò, a lungo e con ardore. Mina rispose al suo bacio, stringendolo fra le braccia, travolta da una passione che la lasciò debole e tremante quando lui alla fine si staccò da lei.
«Molto bene, Mina», disse Chemosh. «Mi dimostrerai ciò che vali.
Ho un incarico per te, un incarico per cui tu sei particolarmente adatta.»
Mina assaporò il bacio sulle labbra, speziato e inebriante, come il profumo di mirra. Non aveva paura, era perfino impaziente.
«Datemi qualsiasi incarico, mio signore. Lo porterò a termine.»
«Tu hai annientato il cavaliere della morte Lord Soth», cominciò lui.
«No, mio signore, non l’ho annientato io...» Mina esitò, incerta su come proseguire.
Chemosh capì il suo dilemma e lo scacciò con un gesto. «Sì, sì, l’ha annientato Takhisis. Capisco, tu sei stata lo strumento del suo annientamento.»
«Proprio così, mio signore.»
«Lord Soth era un cavaliere della morte, un essere terrificante», proseguì Chemosh, «uno che perfino noi dèi potremmo temere. Tu hai avuto paura nell’affrontarlo, Mina?».
«Nel giro di pochi giorni, Lord Soth, eserciti dei vivi e dei morti assalteranno Sanction. La città cadrà in mio potere.» Le parole di Mina non erano una spacconata. Mina esponeva un fatto, nient’altro. «In quel momento l’Unico Dio opererà un grande miracolo. Entrerà nel mondo come doveva fare da tempo, unirà i regni dei mortali e degli immortali. Una volta presente su entrambi i piani di esistenza, conquisterà il mondo, lo libererà dei parassiti come gli elfi e si insedierà come sovrano di Krynn. Io sarò nominata capitano dell’esercito dei vivi. L’Unico Dio ti offre il comando dell’ esercito dei morti.»
«Me lo "offre"?» celiò Soth.
«Te lo offre», ripeté Mina. «Sì, certo.»
«Allora non si offenderà se io rifiuto l’offerta», disse Soth.
«Non si offenderà», ribatté Mina, «ma sarà profondamente addolorata per la tua ingratitudine, dopo tutto quello che ha fatto per te».
«Tutto quello che ha fatto per me.» Soth sorrise. «Allora è per questo che mi ha condotto qui. Devo essere uno schiavo alla guida di un esercito di schiavi. La mia risposta a questa offerta generosa è no.»
«Non ho avuto paura, mio signore», confermò Mina, «poiché ero armata dell’ira della mia regina. Che cos’era la potenza di lui, in confronto a questa?».
«Oh, non granché», ammise Chemosh. «Niente tranne la capacità di ucciderti con un’unica parola. Avrebbe potuto dire semplicemente "muori" e tu saresti morta. Probabilmente nemmeno Takhisis avrebbe potuto salvarti.»
«Come vi ho detto, mio signore», rispose solennemente Mina, «io ero armata dell’ira della mia regina». Si accigliò leggermente, riflettendo. «Voi non potete desiderare che io affronti Lord Soth. La Regina delle Tenebre lo ha annientato. Vi è forse un altro cavaliere della morte? Uno che vi infastidisce, mio signore?»
«Mi infastidisce?» Chemosh rise. «No, non è un fastidio per me, né per nessun altro su Krynn, se è per questo. Non adesso, per lo meno. Una volta era un fastidio per moltissima gente, in particolare per il defunto Lord Ariakan. Si chiama Ausric Krell. È noto nella storia, credo, come il Traditore».
«Il traditore che causò la morte di Lord Ariakan per mano di Chaos», disse Mina animatamente. «Ho sentito questa storia, mio signore. Tutti i cavalieri ne parlavano. Nessuno sapeva che fine avesse fatto Krell.»
«Nessuno voleva saperlo», disse Chemosh. «Ariakan era figlio di Zeboim, dea del mare, e del signore dei draghi Ariakas. Il padre era morto, ucciso durante la Guerra delle Lance. Zeboim stravedeva per il ragazzo, che era il suo unico figlio. Quando morì per mano del traditore Krell durante la Guerra del Chaos, le lacrime della dea sgorgarono tanto copiosamente che innalzarono il livello dei mari in tutto il mondo, almeno così dicono.
«Ben presto però il fuoco della collera di Zeboim le asciugò le lacrime. Sargonnas, dio della vendetta, è suo padre, e Zeboim è figlia di suo padre. Andò a scovare il disgraziato Krell, lo trascinò fuori dal buco miserevole in cui aveva cercato di nascondersi, e prese a punirlo. Lo torturò per giornate intere, e quando il dolore e il tormento erano troppo per lui e gli scoppiava il cuore, lei lo riportava in vita, lo torturava finché moriva, poi lo riportava indietro, e così fece ripetutamente. Quando alla fine si stancò del divertimento, prese ciò che rimaneva di lui (i suoi resti riempivano un piccolo secchio, mi dicono) e lo trasportò dall’altra parte del Mare di Sirrion settentrionale fino al Bastione della Tempesta, l’isola fortezza costruita per i Cavalieri di Takhisis e donata a Lord Ariakan dalla madre. Lì maledisse Krell, lo trasformò in un cavaliere della morte e lo lasciò a consumare i suoi tristi giorni su quello scoglio abbandonato, circondato dal mare e dalla tempesta che non gli lasciavano mai dimenticare ciò che aveva fatto.
«E lì, da più di trent’anni, Lord Ausric Krell è prigioniero, costretto a vivere eternamente nella fortezza in cui giurò fedeltà e consacrò la vita a Lord Ariakan.»
«Ed è ancora lì? Durante tutti quegli anni gli dèi non c’erano più», affermò Mina, dubitando. «Zeboim non era nel mondo. Non avrebbe potuto impedirgli di andarsene. Perché non l’ha fatto?»
«Krell non è Soth», commentò sarcasticamente Chemosh. «Krell è spregevole e subdolo, ha la nobiltà di una faina, l’onore di un rospo e il cervello di uno scarafaggio. Isolato su quello scoglio, non aveva modo di sapere che Zeboim non era nei pressi a tenerlo d’occhio. I mari sferzavano i dirupi della sua prigione incessantemente come quando lei era lì. Le tempeste tanto diffuse in quella parte del mondo si riversavano sulle pareti della sua prigione. Quando alla fine scoprì di avere perso l’occasione, fu tanto furioso che con un unico pugno fece crollare una piccola torre.»
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