Margaret Weis - Ambra e cenere

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La Guerra delle Anime si è finalmente conclusa. La lotta per la supremazia che gli dei hanno combattuto senza esclusione di colpi con le armi della magia ha lasciato il continente di Ansalon nella più completa desolazione e sovvertito i precedenti equilibri di potere. Mina, una misteriosa donna-guerriero, non si rassegna tuttavia alla propria sconfitta e stringe un patto con il diavolo. Mentre un culto satanico si diffonde e minaccia un mondo già fragile e provato, i nostri eroi, un eccentrico monaco e un kender in grado di comunicare con i defunti, si alleano per arginare le forze del maligno.

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Adesso non sarò più una mortale.

Chiuse quella porta sbattendola, ne aprì un’altra. Mina era lì.

Più utile da morta...

Mina era in ogni stanza in cui lui entrasse. Lo accompagnava nei corridoi della Torre. I suoi occhi d’ambra lo scrutavano nel buio. La sua voce, la sua ultima preghiera, era sussurrata ripetutamente. Il rumore del sangue che cadeva, goccia dopo goccia, sul pavimento ai piedi di Nuitari gli provocava tonfi sordi nel petto come il battito del cuore di un mortale.

«Questa è pazzia», disse fra sé Chemosh con rabbia. «Io sono un dio. Lei è una mortale. Lei è morta. E allora? I mortali muoiono ogni giorno, a migliaia. Lei è morta. Le sue debolezze da mortale sono morte con lei. Il suo spirito sarà mio per l’eternità, se lo desidero. Posso scacciarlo se non lo voglio. Molto più pratico...»

Si sorprese a fissare un baule vuoto, soltanto i cieli sapevano quanto a lungo, senza vedere che era vuoto, vedendo solo il volto di Mina, che lo fissava a sua volta. Si rese conto di stare perdendo tempo.

«Nuitari mi ha colto di sorpresa. Io non mi aspettavo di trovare la Torre ricostruita. Non mi aspettavo di trovare il Dio della Luna Nera assumere la residenza qui. Non c’è da meravigliarsi se sono fuori di me. Mi serve tempo per pensare come combatterlo. Tempo per progettare, per escogitare una strategia.»

Chemosh si calmò, riflettendo.

«Adesso me ne andrò, ma ritornerò», promise al dio dal volto di luna.

Attraversò le pareti di cristallo, le profondità marine in movimento, attraversò l’etere per tornare alle tenebre dell’Abisso.

Tenebre vuote e silenziose.

Tanto silenziose. Tanto vuote.

«Il suo spirito sarà qui», si disse. «Forse deciderà di proseguire per la fase successiva del viaggio della sua vita. Forse mi lascerà, mi abbandonerà, come io ho abbandonato lei.»

Si incamminò verso il luogo in cui le anime passano da questo mondo all’aldilà, varcando la porta che le conduce dovunque abbiano bisogno di andare per compiere la missione della loro anima. Lui andò lì per accogliere l’anima di Mina.

O per guardarla allontanarsi da lui.

Si fermò. Non poteva andare nemmeno lì. Non sapeva dove andare e alla fine non andò da nessuna parte.

Chemosh era disteso sul letto, sul loro letto.

Riusciva ancora a sentire il profumo di Mina. Vedeva l’incavo sul cuscino dove lei poggiava la testa. Trovò un capello rosso luccicante e lo raccolse e se lo avvolse ripetutamente sul dito. Passò la mano sul lenzuolo, lisciandolo, come per passare la mano sulla pelle morbida e liscia, deliziandosi per la sensazione della sua carne calda e arrendevole.

Deliziandosi della vita. Perché lei gli portava la vita.

Una volta le aveva detto: «Quando sono con te, è il momento in cui sono maggiormente vicino alla mortalità. Ti vedo distesa sul cuscino, e il tuo corpo è ricoperto di una lieve patina di sudore, e tu sei arrossata e languida. Il cuore ti batte forte, il sangue ti pulsa sotto la pelle. Io sento la vita in te, Mina».

Tutto questo era finito.

Chemosh rimaneva disteso sul letto vuoto e fissava il buio. I suoi progetti erano tutti scompigliati. I «Prediletti» vagavano per Ansalon, i loro baci micidiali portavano sempre più convertiti al suo culto, convertiti che avrebbero obbedito al suo minimo comando. Lui avrebbe avuto a sua disposizione un esercito potente. Non sapeva bene che farsene.

Aveva previsto che fosse Mina a comandarli.

Chemosh chiuse gli occhi addolorato e, quando li riaprì, Mina era in piedi davanti a lui.

«Mio signore.»

«Sei venuta a me.»

«Naturalmente, mio signore», rispose Mina. «Ho giurato fedeltà a voi, amore mio.»

Chemosh allungò la mano verso di lei.

Gli occhi d’ambra erano di cenere. Le labbra erano polvere. La sua voce era un fantasma di voce. Il suo tocco era di un freddo spettrale.

Chemosh si rotolò sul letto, allontanandosi da lei.

Nessun mortale, nemmeno se morto, deve vedere un dio piangere.

Epilogo

Molto lontano dall’Abisso, nell’ex Torre dell’Alta Magia di Istar (che era stata ribattezzata Torre del Mare di Sangue), Nuitari, dio della magia nera, si era rinchiuso in una delle stanze della torre con due suoi maghi.

I tre fissavano con intensità rapita una grande bacinella d’argento di forma e disegno singolari. Costruita in modo da assomigliare al corpo attorcigliato di un drago, la base della bacinella rappresentava il corpo del drago avvolto ripetutamente su se stesso, terminante in una coda. La testa del drago, con la bocca spalancata, formava la bacinella. Quattro zampe di drago costituivano il supporto del corpo. Quando la bocca spalancata veniva riempita di sangue di drago (sangue che doveva essere prelevato a un drago consenziente), la bacinella aveva la capacità di svelare a coloro che ci guardavano dentro ciò che accadeva non nel mondo (cosa di scarso interesse per Nuitari) bensì in cielo.

Il furto del mondo a opera di una di loro aveva causato profondi cambiamenti in tutti gli dèi, in alcuni in meglio, in altri molto in peggio. I tre cugini, dèi della magia, erano sempre stati alleati, se non erano sempre stati amici. Il loro amore e la loro dedizione alla magia costituivano un legame fra loro che era sufficientemente forte da indurli ad accettare le divergenze filosofiche riguardo a come dovesse essere esercitata e divulgata la magia. Si erano sempre riuniti assieme per prendere decisioni riguardo alla magia. Avevano lavorato assieme per innalzare le Torri dell’Alta Magia. Si erano addolorati assieme nel vedere la caduta delle Torri.

Nuitari si sentiva ancora legato ai cugini. Si era unito a loro per riportare nel mondo la magia divina ed era un sostenitore fedele, perfino spietato, del loro desiderio di porre fine alla pratica della stregoneria. Ma il rapporto fra i cugini era cambiato. Il tradimento di Takhisis aveva reso Nuitari sospettoso di tutti, compresi i suoi cugini.

Nuitari non si era mai fidato dell’ambizione di Takhisis. Molte volte aveva operato contro la sua stessa madre, in particolare quando i suoi interessi cozzavano con quelli di lei. Nemmeno lui era preparato al tradimento di Takhisis. Il furto di Krynn da parte della dea aveva preso in contropiede Nuitari, l’aveva fatto sembrare sciocco. Lei lo aveva lasciato solo a perlustrare l’universo alla ricerca del mondo perduto come un bambino che perlustrasse la casa alla ricerca di una biglia smarrita.

La collera contro la madre per il suo tradimento e contro se stesso, per essere stato cieco verso la perfidia di lei, era per Nuitari un fuoco sotto la cenere. Mai più avrebbe riposto fede in qualcuno. D’ora in avanti Nuitari si sarebbe preso cura di Nuitari. Avrebbe innalzato una fortezza per sé e per i suoi seguaci, una fortezza che lui solo avrebbe dominato. Dalla posizione sicura di quella fortezza lui avrebbe tenuto d’occhio da vicino i suoi colleghi dèi e avrebbe fatto il possibile per mandare all’aria i loro progetti e le loro ambizioni.

Le rovine della Torre di Istar giacevano da tempo sotto il Mare di Sangue. Quasi tutti gli dèi con ingenuità ritenevano completamente distrutta la Torre. Gli dèi della magia ne sapevano di più. In seguito al Cataclisma avevano agito rapidamente per garantire che gli oggetti magici e le reliquie sacre della Torre fossero protetti. Per tenerli al sicuro e in segreto, seppellirono le rovine della Torre sotto una montagna di sabbia e corallo. In un certo momento, in un futuro molto, ma molto remoto, quando la storia di Istar non fosse stata altro che una favola utilizzata per spaventare i bambini e indurli a mangiare la verdura, gli dèi della magia avrebbero ricostruito la Torre, avrebbero recuperato gli oggetti magici perduti e li avrebbero restituiti agli dèi che li avevano forgiati e benedetti.

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