Margaret Weis - Ambra e cenere

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La Guerra delle Anime si è finalmente conclusa. La lotta per la supremazia che gli dei hanno combattuto senza esclusione di colpi con le armi della magia ha lasciato il continente di Ansalon nella più completa desolazione e sovvertito i precedenti equilibri di potere. Mina, una misteriosa donna-guerriero, non si rassegna tuttavia alla propria sconfitta e stringe un patto con il diavolo. Mentre un culto satanico si diffonde e minaccia un mondo già fragile e provato, i nostri eroi, un eccentrico monaco e un kender in grado di comunicare con i defunti, si alleano per arginare le forze del maligno.

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Le luci erano sospese in acqua, come legate assieme, simili a piccole lanterne appese a una corda. Le luci erano allineate a formare una fila, frastagliata e irregolare, che si agitava e andava alla deriva e ondeggiava delicatamente con le correnti sottomarine.

«Strano», si disse Mina. «Sembra una specie di rete...»

In quel momento il pericolo le balenò davanti. Cercò di fuggire, ma il movimento sott’acqua era dolorosamente lento e pigro. Le luci presero a ruotare rapidamente, abbagliandola, cosicché Mina rimase accecata e confusa. Una rete di pesanti funi schizzò fuori dal centro delle luci roteanti e, prima che Mina potesse sfuggire, le si depositò sopra.

Mina lottò disperatamente per liberarsi delle falde avvolgenti di funi pesanti che le ricadevano sulla testa e sulle spalle, le avvolgevano le braccia e le mani e le sferzavano le gambe. Cercò di sollevare le falde della rete, di spingerle di lato, di scagliarle via, ma le luci erano tanto intense che lei non vedeva che cosa stesse facendo.

La rete si strinse attorno a lei, sempre più stretta, finché Mina rimase con le braccia serrate contro il petto, i piedi e le gambe avviluppati, per cui non poteva muoversi.

Mina vedeva e sentiva la rete venire trascinata nell’acqua con lei dentro, spostandosi rapidamente verso la parete di cristallo. La rete non si fermò quando raggiunse la parete e sembrò che Mina dovesse schiantarsi contro il cristallo. Chiuse gli occhi e si preparò a quell’impatto devastante.

Una sensazione di freddo intorpidente, come se lei fosse caduta in acqua freddissima, fu tutto ciò che avvenne. Ansimando per lo spavento, Mina aprì gli occhi e vide che era passata attraverso una sorta di oblò che si era aperto ruotando per farla entrare e adesso le si chiudeva a spirale dietro le spalle.

Il movimento della rete cessò. Mina rimase sospesa nell’acqua. Ancora impigliata nella rete, non riusciva facilmente a girare la testa e aveva soltanto una visuale limitata dell’ambiente circostante. Da quanto vedeva, si trovava in qualche sorta di stanzetta ben illuminata e piena di acqua marina.

Attraverso una lastra di cristallo due volti la scrutavano.

«Pescatori», si rese conto all’improvviso Mina, rammentando come i pescatori dell’isola di Schallsea utilizzassero di notte le luci per attirare i pesci verso le loro reti. «E io sono la loro preda.»

Non poté guardare bene coloro che l’avevano catturata, poiché la rete prese a ruotare e lei li stava perdendo di vista. I due, a quanto pareva, erano sconvolti nel vedere Mina quanto lei lo era di vedere loro. Presero a parlare fra loro; Mina riusciva a vedere le loro bocche muoversi, ma non udiva che cosa dicessero.

Fu allora che notò la superficie sopra la sua testa incresparsi, come se nella stanza venisse insufflata dell’aria. Alzando lo sguardo, vide che il livello dell’acqua incominciava a calare. I pescatori stavano pompando l’acqua fuori dalla stanza, sostituendola con aria.

L’acqua sarà per te come aria... l’aria sarà come acqua.

Mina rammentò l’avvertimento di Chemosh riguardo all’incantesimo a cui l’aveva assoggettata, un avvertimento che in quel momento lei non aveva preso molto sul serio, poiché non aveva immaginato che loro due si sarebbero separati.

Il livello dell’acqua calava rapidamente.

Mina spinse la rete con le mani e scalciò con i piedi, cercando freneticamente di liberarsi. I suoi sforzi erano inutili, facevano soltanto ruotare rapidamente la rete.

Cercò di attirare l’attenzione sulla sua situazione incresciosa, facendo del suo meglio per scrollare il capo, indicando verso l’alto.

I volti dietro la finestra osservavano con avido interesse i suoi sforzi. O non capivano o non gliene importava.

Mina non aveva dimenticato l’esortazione di Chemosh a chiamarlo se si fosse trovata nei guai. Era rimasta troppo sbalordita per farlo quando era rimasta impigliata nella rete, e poi era stata troppo impegnata nel cercare di liberarsi. Dopo di che era stata troppo orgogliosa. Chemosh le rammentava in continuazione che lei era debole come sono deboli tutti i mortali. Mina voleva dimostrargli ciò che valeva, così come gliel’aveva dimostrato sul Bastione della Tempesta. Il buon senso le imponeva adesso di chiedergli aiuto.

Mina non voleva però gridare il suo nome in preda al panico. Anche se fosse morta in questo momento, il suo orgoglio non le consentiva di supplicare il dio.

«Chemosh», disse a bassa voce Mina, fra sé, al ricordo degli occhi scuri e del tocco ardente di lui. «Chemosh, sono in difficoltà. Gli abitanti di questa Torre mi hanno catturata con una sorta di rete.»

Con la sommità della testa emerse alla superficie dell’acqua. Mina sentiva l’aria sul cuoio capelluto. Presto sarebbe stata esposta all’aria.

«Chemosh», pregò rapidamente, mentre il livello dell’acqua continuava a calare, «se non venite da me subito, io morirò, perché mi stanno togliendo l’acqua che mi serve per respirare».

Silenzio. Se il dio l’aveva udita, non rispose.

Il livello dell’acqua le scese alle spalle. Mina non osava inspirare. Tenne l’acqua nei polmoni quanto più a lungo poté, finché i polmoni le bruciarono e le dolsero. Quando il dolore si fece troppo intenso, aprì la bocca. L’acqua le sgorgò fuori scendendole sul mento. Mina cercò di respirare, ma era come un pesce fuor d’acqua. Ansimò disperatamente, con la bocca che le si apriva e le si chiudeva.

«Chemosh», disse, mentre la luce incominciava a svanire, «vengo a voi. Non ho paura. Abbraccio la morte. Perché adesso non sarò più una mortale...».

La rete e la sua preda caddero a terra. Impazienti, i due maghi girarono la maniglia della porta della cassa d’aria e corsero dentro, con l’orlo delle loro vesti nere a sguazzare nell’acqua alta fino alle caviglie. I due si chinarono per guardare meglio la loro preda.

La donna era distesa sul dorso, avvolta nella rete, con gli occhi spalancati, la bocca ansimante, le labbra blu. Le mani e i piedi le si contorcevano spasmodicamente.

«Avevi ragione tu», disse un mago all’altro, con un tono di interesse accademico. «Sta annegando nell’aria.»

12

Scivolando attraverso le pareti cristalline della Torre, Chemosh si ritrovò in una stanza predisposta per essere usata come biblioteca in qualche momento futuro. La stanza era in disordine, ma gli scaffali che fiancheggiavano le pareti erano indubbiamente fatti per contenere libri. Al centro della stanza vi erano custodie vuote per rotoli, insieme a diversi scrittoi, un assortimento di sgabelli di legno e numerose poltrone di pelle dallo schienale alto, tutto ammassato assieme. Sugli scaffali vi erano alcuni libri, ma questi per lo più rimanevano dentro scatoloni e casse di legno.

«Mi sembra di essere arrivato nel giorno del trasloco», commentò Chemosh.

Andando a uno scaffale, raccolse uno dei volumi polverosi che si era rovesciato su un lato. Il libro era rilegato in pelle nera senza scritte sulla copertina. Una serie di geroglifici incisi sul dorso recava il titolo del libro, o per lo meno così immaginò Chemosh. Lui non sapeva leggerli, non gli interessava leggerli. Li riconobbe per ciò che erano: parole della lingua della magia.

«Allora...» mormorò. «Come sospettavo.»

Lasciando cadere a terra il libro, si guardò attorno alla ricerca di qualcosa con cui pulirsi le mani.

Chemosh continuò a rovistare qua e là, sbirciando nelle casse, sollevando il coperchio degli scatoloni. Non trovò niente di interessante per lui, però, e uscì dalla biblioteca attraverso una porta all’estremità opposta. Entrò in uno stretto corridoio che curvava verso destra e verso sinistra. Guardò da una parte e poi dall’altra, non vide nulla che gli stimolasse la curiosità. Si incamminò verso destra, dando un’occhiata dentro le porte aperte mentre procedeva. Trovò stanze vuote, destinate a diventare alloggi o aule scolastiche. Di nuovo, nulla di interessante, a meno che non si considerasse interessante il fatto che qualcuno si preparasse ad accogliere una folla.

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