«C’è stata un’epoca in cui io conoscevo una fede così», disse fra sé sottovoce.
Seguace di Zeboim, avrebbe dovuto invocare l’aiuto della sua dea nell’ora della prova. Non pensava però che la signora approvasse granché i suoi compagni, per cui non la infastidì. Il compito di Rhys, per come lo vedeva lui, era accertarsi che tutti ne venissero fuori relativamente illesi, compreso (per amore di Gerard) quell’essere disgraziato che era stato un giovanotto di buon cuore e amante del divertimento.
Gerard vagava inquieto sotto gli alberi, tenendo d’occhio la strada. Si teneva a una certa distanza dal resto del gruppo, rendendo evidente che non volesse compagnia. Rhys guardò indietro e vide Nightshade inerpicarsi di nuovo per andare a guardare la lanterna, e si affrettò a suggerire che lui, Atta e il kender giocassero a «sasso, tela, forbici.»
Nightshade aveva di recente insegnato ad Atta a praticare questo gioco che richiedeva a ciascun giocatore di scegliere in tre turni se essere «sasso» (pugno chiuso), «tela» (mano aperta) o «forbici» (due dita). Il vincitore veniva stabilito nel modo seguente: il sasso schiaccia le forbici; la tela avvolge il sasso; le forbici tagliano la tela.
Atta metteva la zampa sul ginocchio del kender, e Nightshade interpretava l’azione secondo quanto a suo parere intendesse la cagna, per cui a turno Atta poteva essere «tela» che avvolgeva il sasso o «forbici» che tagliavano la tela.
«Tutti sono così seri», osservò Nightshade. «Atta ha le forbici, Rhys. Tu hai la tela, per cui perdi. Io ho il sasso, Atta. Anche tu perdi. Mi dispiace. Forse la prossima volta vincerai tu.» Diede alla cagna una pacca per alleviarle i sentimenti feriti. «Ho visto riunioni più vivaci in cimitero. Davvero credi che siano in grado di ucciderlo?»
«Zitto, abbassa la voce», avvertì Rhys, dando un’occhiata a Gerard. «Noi abbiamo già combattuto contro i Prediletti. Che pensi delle loro possibilità?»
Nightshade rifletté. «So che la maga non considera granché le mie capacità magiche, e che il guerriero devoto guarda di traverso il tuo bastone. Se vuoi il mio parere, non credo che loro se la caveranno molto meglio. Atta! Hai vinto tu! La tela per asciugare i piatti ci batte tutti e due!»
Il sole era tramontato. Il cielo era illuminato da un giallo pallido che si fondeva con un azzurro tremolante, il quale si scuriva fino a un nero illuminato da stelle oltre le montagne. La luna rossa mandava un luccichio arancione nel riverbero del tramonto. La fiammella della lanterna di Jenna appariva molto più luminosa adesso che l’oscurità li circondava.
Jenna sedeva immobile, tenendo gli occhi chiusi e compiendo con le mani movimenti elaborati nel fare le prove degli incantesimi. Dominique aveva terminato le preghiere. Si alzò rigidamente dalla posizione inginocchiata e con riverenza rinfoderò la spada.
Il silenzio della notte fu rotto da Gerard.
«Cam sta arrivando quassù! Nightshade! Ho bisogno di te! Vieni con me. No, il cane resta qui.»
Nightshade balzò in piedi e partì con Gerard. Rhys si alzò. Con una parola e un colpetto sulla testa tenne Atta al proprio fianco.
Con l’espressione calma e concentrata, Sua Signoria Jenna si spostò da sotto i rami degli alberi verso una chiazza di luce lunare rossa. Sollevò il viso verso la luna e sorrise, come crogiolandosi sotto i raggi benedetti. Dominique la raggiunse e sussurrò qualcosa. Jenna annuì in silenzio per dirsi d’accordo. Infilando la mano in uno dei suoi borsellini, ne estrasse un oggetto e se lo tenne stretto in mano. Dominique si allontanò per prendere posizione a una certa distanza da lei, tenendola però in vista.
I due avevano elaborato segretamente la loro strategia, si rese conto Rhys, probabilmente senza curarsi di parlarne con Gerard.
Rhys strinse forte il suo emmide.
Gerard e Nightshade si trovavano assieme accanto al macigno.
«Eccolo lì», disse Gerard e mise la mano sulla spalla di Nightshade.
Un giovanotto saliva energicamente la collina. Non era possibile confonderlo, poiché recava una fiaccola per rischiararsi il cammino, e la luce del fuoco gli brillava vivida sui capelli rossi.
«Guardalo bene, Nightshade», disse Gerard. «Guardalo bene dentro.»
«Mi dispiace, sceriffo», disse Nightshade. «Lo so che cosa volete che io veda, ma non c’è. Dentro di lui non c’è niente. Non più.»
A Gerard si accasciarono le spalle. «Va bene. Torna indietro e resta con Rhys.»
«Posso aiutarvi a parlare con lui», si offrì Nightshade, sentendosi spiaciuto per l’amico. «Io sono bravo a parlare con i morti.»
«Torna... indietro e basta», ordinò Gerard. Gli si contrasse un nervo nella mascella.
Nightshade corse via.
«Cam sta arrivando», riferì, soggiungendo tristemente: «Più morto di lui non c’è nessuno».
Jenna e Dominique si scambiarono occhiate.
«Nightshade», disse Rhys, chinandosi per sussurrare all’orecchio del kender, «io vado da Gerard».
«Vengo con te...»
«No», disse Rhys. Il suo sguardo si diresse verso Jenna e il paladino. «Credo che tu debba restare qui.»
Dominique pose la mano sull’impugnatura della spada, estraendola parzialmente dal fodero. L’arma prese a brillare di una misteriosa luce bianca.
«Hai ragione. Ho ancora vesciche alle dita.» Nightshade scrutò fra i rami degli alberi. «Da lassù avrò un’ottima visuale dell’azione, e posso lo stesso creare i miei incantesimi, se hai bisogno di me. Dammi una spinta, vuoi?»
Rhys issò il kender verso i rami più bassi del noce. Nightshade si arrampicò di ramo in ramo e ben presto scomparve alla vista.
Rhys procedette silenzioso, muovendosi senza rumore fra le ombre. Atta gli camminava a fianco a passi felpati, e le sue chiazze di pelo bianco assumevano un colore roseo sotto la luce lunare rossa. Né Jenna né Dominique prestarono attenzione a Rhys.
«Ecco, fratello, prendete la fiaccola», disse Gerard, porgendo a Rhys la luce accesa. «Adesso tornate indietro.»
«Penso di dovere restare con voi», disse Rhys.
«Ho detto di tornare indietro, monaco!» si infuriò Gerard. «È mio amico. Ci penso io.»
Rhys nutriva seri dubbi, ma fece come gli era stato ordinato, tornando indietro e mettendosi nell’ombra.
«Chi va là?» gridò Cam, sollevando la fiaccola. «Sceriffo? Siete voi?»
«Sono io, Cam», disse Gerard.
«Che cosa, per l’Abisso, ci fate qui?» domandò Cam.
«Ti aspetto.»
«Perché? Adesso sono fuori servizio. Sono libero di fare ciò che mi pare», ribatté Cam, irritato. «Se proprio volete saperlo, sono qui per incontrare una persona, una ragazza. Pertanto vi auguro una buona notte, sceriffo...»
«Jenny non verrà, Cam», disse tranquillamente Gerard. «Ho detto di te a suo padre e a sua madre.»
«Detto che cosa?» lo provocò Cam.
«Che tu hai giurato fedeltà a Chemosh, Signore della Morte.»
«E anche se fosse?» domandò Cam. «Solace è una città libera, così almeno continua a dire quel vecchio babbeo di un sindaco. Io posso adorare qualunque dio io preferisca...»
«Sbottonati la camicia, figliolo», disse Gerard.
«La camicia?» Cam rise. «Che c’entra la mia camicia?»
«Accontentami», disse Gerard.
«Accontentatevi da solo», disse sgarbatamente Cam. Girandosi, il giovanotto prese ad allontanarsi.
Gerard allungò la mano, afferrò la camicia di Cam e vi diede uno strattone.
Cam si voltò di scatto, col viso lentigginoso contorto per la furia, e i pugni serrati. L’apertura della camicia si spalancò.
«Che cos’è quello?» domandò Gerard, puntando il dito.
Cam abbassò lo sguardo su un marchio a fuoco sul lato sinistro del petto. Sorrise, quindi lo toccò con riverenza con le dita. Tornò a guardare Gerard.
Читать дальше