Margaret Weis - Ambra e ferro

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La vita sul mondo di Krynn è in rapida evoluzione e persino gli dei ne rimangono sconcertati. Che dire allora dei mortali? Di fronte a forze apparentemente invincibili, una piccola ma determinata banda di avventurieri pone in atto un disperato tentativo di arrestare un’invasione. Mina, enigmatica come sempre, riesce a fuggire dalla sua prigione sottomarina e parte per una ricerca che metterà a dura prova la sua forza di volontà, mentre il male sembra diffondersi inesorabilmente...

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La vista era spettacolare. Il fumo dei fuochi per cuocere le cibarie si librava pigramente nell’aria. I raggi del sole morente luccicavano arancioni sul lago Crystalmir e scintillavano sulle finestre dalle vetrate a diamante della Taverna dell’Ultima Dimora, uno dei pochi edifici visibili attraverso il denso fogliame degli alberi di vallen.

«È splendido», disse Sua Signoria Jenna, guardandosi attorno. «Tanta pace e tranquillità. Qui il passato sembra molto vicino. Ci si potrebbe quasi aspettare che il vecchio nano arrivasse oltre la collina, assieme al suo amico kender. Loro avrebbero diritto più di noi di sostare qui.»

«Abbiamo già abbastanza problemi con i morti viventi senza che voi evochiate altri fantasmi, Vostra Signoria», disse Gerard. Era inteso in senso scherzoso, ma in quell’atmosfera tesa fece cilecca. Non rise nessuno. «Faremmo meglio a prendere posizione, prima che cali la notte.»

Lasciarono la strada e il macigno del vecchio nano ed entrarono nel limitare della foresta che ricopriva il fianco della collina. Camminarono in mezzo ad abeti e querce, aceri e noci, fermandosi quando Gerard ritenne che non potessero essere visti dalla strada, però la strada era ancora visibile.

«Abbiamo un po’ di tempo prima dell’orario di arrivo di Cam», disse Gerard.

Aveva compiuto la camminata in un silenzio mesto e malinconico, punteggiato di quando in quando da lievi sospiri interiori. A Rhys doleva il cuore per il suo amico, ma sapeva fin troppo bene che non poteva dirgli nulla che potesse apportargli un qualche conforto.

«Ho portato una coperta per evitare l’umidità.» Gerard srotolò una coperta e la stese su un letto di aghi di pino morti. «Tanto vale stare comodi intanto che aspettiamo.»

Fece un gesto verso la coperta con brusca galanteria. «Vostra Signoria Jenna, prego accomodatevi.»

«Grazie, sceriffo», rispose Jenna con un sorriso. «Ma non sono più agile come a vent’anni. Se mi siedo su quella coperta, ci vogliono tre nani di fosso e un apparecchio infernale degli gnomi per rimettermi in piedi. Se nessuno ha obiezioni, io prenderei possesso di questo tronco d’albero.»

Sedendosi su un ceppo di quercia, Jenna si lisciò le vesti e depose con cura a terra ai suoi piedi una lanterna che aveva portato con sé. La lanterna era piccola e delicata, fatta di vetro soffiato a mano e incastonata di argento lavorato a formare una filigrana intricata. All’interno ardeva una candela con una fiamma bianco-azzurra.

«Vedo che ammirate la mia lanterna, fratello», disse Jenna, notando Rhys guardare la lanterna con evidente curiosità. «Avete occhio per la bellezza. E per il valore. La lanterna è molto antica. Risale all’epoca dei Re-Sacerdoti.»

«È splendida», concordò Rhys. «Più bella che utile, si direbbe. Emette soltanto una luce fioca.»

«Non ha lo scopo di illuminare il buio, fratello», ridacchiò Jenna. «Scherma la fiamma che io uso per la mia magia. La lanterna stessa è magica, vedete. Perfino questo pezzetto di candela, una volta collocato dentro la lanterna, arderà per ore di fila. La fiamma non può essere spenta né soffiando né bagnandola, nemmeno se io venissi sorpresa da un ciclone o cadessi in mare. Potete esaminarla più da vicino, fratello. Prendetela su, se volete. Non morde.»

Rhys si accovacciò. Malgrado quanto aveva detto la donna, lui non prevedeva di provare a toccarla. «Una reliquia risalente alla Terza Era deve essere di valore immenso.»

«Se la vendessi, con i ricavi potrei probabilmente acquistare mezza Solace», affermò Jenna.

Rhys alzò lo sguardo verso di lei. «Eppure qui stanotte mettete a rischio un oggetto tanto prezioso.»

Jenna lo osservò attentamente. Rhys notò come le linee sottili attorno agli occhi di lei avessero l’effetto di intensificare il suo sguardo, concentrandolo, come la luce del sole che brillasse attraverso un prisma.

«O voi non capite la natura grave di questa minaccia, fratello, oppure immaginate che non la capisca io», disse bruscamente Jenna. «Io non sono qui in quanto Jenna, amica di lunga data di Palin Majere. Io sono qui nella mia qualità di presidente del Conclave dei Maghi. Subito dopo il mio ritorno presenterò al Conclave una relazione completa, poiché dobbiamo decidere il modo migliore per affrontare questa crisi. Lo stesso vale per il nostro paladino devoto. Lui presenterà relazioni ai sacerdoti e ai chierici di tutti gli dèi della luce, così come alla riunione del Consiglio dei Cavalieri di Solamnia. Questa per noi non è un’escursione tra kender, fratello. Io e Dominique siamo venuti armati per la battaglia. Portiamo con noi le armi migliori che abbiamo a disposizione.»

«Chiedo scusa, Vostra Signoria», disse a bassa voce Rhys. «Non intendevo mancarvi di rispetto.»

Doveva esserne grato. Era quello che voleva, eppure adesso si sentiva fortemente imbarazzato. Da un lato, era soddisfatto perché almeno il mondo avrebbe saputo di questa minaccia. Dall’altro lato, la paura poteva condurre a inquisizioni, torture, persecuzioni di innocenti. Il rimedio poteva essere di gran lunga peggiore del male.

«Nel bene o nel male, la questione adesso non è più nelle vostre mani, fratello», disse Sua Signoria Jenna, indovinando i pensieri di lui. «Oh, no, così no, signore!»

Tirò via una manina, appartenente a Nightshade, che si stava avvicinando alla lanterna. «Guardate laggiù. Mi pare di vedere un poltergeist vagare attorno alla base di quella quercia.»

«Un poltergeist?» disse emozionato Nightshade. «Dove?»

«Laggiù», indicò Jenna. «No, più a sinistra.»

Nightshade corse via all’inseguimento, con Atta che lo tallonava con aria dubbiosa.

Jenna si rivolse di nuovo a Rhys. «Dovete promettermi di tenere quel kender lontano da me quanto umanamente possibile. A proposito, sa davvero parlare con i morti?»

«Sì, signora. L’ho visto io stesso.»

«Straordinario. Una volta o l’altra dovete portarmelo in visita a Palanthas. Ci sono diverse persone morte con cui io vorrei mettermi in contatto. Uno di loro aveva in suo possesso un libro di incantesimi che si ritiene scritto da mio padre, Justarius. Ho cercato di comprarlo da lui, ma quel vecchio sciocco ha detto che se lo sarebbe portato nella tomba piuttosto che vendermelo. A quanto pare ha fatto così, perché io dopo la sua morte gli ho perquisito la casa e non sono riuscita a trovarlo.»

Jenna guardò il cielo. «Lunitari sarà piena stanotte. Ottimo per gli incantesimi.» Fissò Rhys con i suoi occhi prismatici. Aveva l’espressione seria, il tono grave. «Io e il paladino affronteremo il Prediletto, fratello. Voi tenete d’occhio il nostro amico sceriffo.»

Parlando diede un’occhiata a Gerard. «Non bisogna consentirgli di interferire nel nostro operato. Se lo fa, io non sarò responsabile delle conseguenze. Adesso lasciatemi sola, fratello. Voglio ripassare ancora una volta i miei incantesimi.»

Chiuse gli occhi e giunse le mani in grembo.

«Nessuna traccia di poltergeist», disse Nightshade, di ritorno; pareva deluso.

Rhys condusse via il kender allontanandolo sia da Sua Signoria Jenna sia da Dominique, anche se il paladino non avrebbe notato nemmeno cento kender. Dominique era fra loro col corpo, non con lo spirito. Equipaggiato con un’armatura completa e un elmo d’acciaio, indossava la cotta d’arme contrassegnata dal simbolo di Kiri-Jolith. Era inginocchiato a terra, con la spada davanti a sé. Gli occhi gli brillavano di sacro fervore mentre lui mormorava le parole di una preghiera, chiedendo al suo dio di dargli forza nell’ora della prova imminente.

Il fresco vento serale scendeva dalle montagne, raccoglieva foglie secche e le mandava a percorrere la strada deserta sfiorandola e frusciando. Quello stesso vento fresco soffiava nel vuoto dell’anima di Rhys mentre lui guardava il cavaliere pregare.

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