Terry Pratchett - La luce fantastica

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Il seguito diretto di «I colori di magia». La continuazione d’avventure di Scuotivento e Duefiori dopo la caduta dal Bordo del Disco. 

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— Vuoi dire che tu non lo sai?

— Io scelgo un po’ qua e un po’ là. — Si soffiò il naso. — Qualche volta atterro su un mondo dove capiscono queste cose. — I suoi occhietti tristi fissarono Duefiori. — Il tuo è un viso gentile. Posso anche dirtelo.

— Dirmi che cosa?

— Badare al negozio non è vita, sai. Mai sistemarsi, sempre in movimento, non chiudere mai.

— Perché non ti fermi, allora?

— Ah, questo è il punto, vedi… non posso. Vivo sotto il peso di una maledizione, ecco com’è. Una cosa terribile. — Si soffiò di nuovo il naso.

— Sei condannato a gestire un negozio?

— Per sempre, mio caro, per sempre. E non chiuderlo mai. Per centinaia di anni! C’era questo stregone, capisci. Io ho fatto una cosa terribile.

— In un negozio?

— Oh, sì. Non ricordo cos’era che lui voleva, ma quando l’ha chiesta, io… io me ne sono uscito in uno di quei versi risucchianti, sai, come sarebbe fischiare solo all’indietro? — Fece seguire la dimostrazione alle parole.

Duefiori si fece scuro in volto ma, essendo d’animo gentile, era sempre pronto a perdonare.

— Capisco — disse lentamente. — Anche così…

— Non è tutto!

— Oh.

— Gli ho detto che l’articolo desiderato non era richiesto.

— Dopo avere fatto quel verso risucchiante?

— Sì. Probabilmente ho anche sogghignato.

— Oh, povero me. Non l’avrai chiamato Eccellenza, spero?

— Io… può darsi.

— Uhm.

— C’è dell’altro — seguitò l’omino.

— Non è possibile!

— Sì. Gli ho detto che avrei potuto ordinarlo e che lui poteva ritornare l’indomani.

— Questo non mi sembra troppo male — lo assicurò Duefiori. Il quale, di tutti gli abitanti del multiverso, era l’unico ad acconsentire che un negoziante gli ordinasse degli articoli e a sganciare in seguito grosse somme di denaro senza fare obiezioni per rimborsarlo del disturbo di avere tenuto la merce richiesta nel suo magazzino, spesso per diverse ore.

— Era un giorno di chiusura anticipata — continuò il negoziante.

— Oh.

— Già, e l’ho sentito scuotere la maniglia. Io avevo messo sulla porta il cartello con su scritto qualcosa come "Chiuso anche per la vendita di sigarette Negromante". Comunque, l’ho sentito che ci batteva i pugni e ho riso.

— Hai riso?

— Sì. Così. AhahahAH.

Duefiori scosse la testa. — Non è stato saggio da parte tua.

— Lo so, lo so. Mio padre diceva sempre, diceva "Non commerciare in articoli per maghi"… A ogni modo, l’ho sentito gridare qualcosa a proposito di non chiudere mai più e un sacco di altre parole che non ho capito. E poi il negozio… il negozio… è diventato animato.

— E da allora hai sempre vagato così?

— Sì. Suppongo che un giorno riuscirò a trovare lo stregone e che forse l’articolo che desiderava sarà disponibile. Fino a quel momento, devo spostarmi da un posto all’altro…

— È stato terribile — lo compatì Duefiori.

L’omino si asciugò il naso con il grembiule. — Grazie.

— Anche così, lui non avrebbe dovuto infliggerti una maledizione tanto grave — aggiunse Duefiori.

— Oh, sì, be’. — Il negoziante si aggiustò il grembiule e si sforzò coraggiosamente di riprendersi. — Comunque, tutto questo non vi riporta a Ankh-Morpork, vero?

— Il buffo è che ho acquistato il mio Bagaglio in un negozio come questo, una volta — disse Duefiori. — Voglio dire, un altro negozio.

— Oh, sì, siamo in parecchi — confermò l’altro e si girò di nuovo verso il tavolo. — So che quello stregone era un tipo impaziente.

— Andare vagando senza fine attraverso l’universo — rifletté ad alta voce Duefiori.

— Esatto. Bada bene, si risparmia sulle rate.

— Rate?

— Sì, sono… — il negoziante fece una pausa e aggrottò la fronte. — Non ricordo bene, è successo tanto tempo fa. Rate, rate…

— Vuoi dire topi femmina molto grossi? — Duefiori aveva capito "ratte".

— Probabile.

— Aspetta… sta pensando — disse Cohen.

Lackjaw alzò stancamente la testa. Era stato molto piacevole, rimanersene seduti lì all’ombra. Però si era appena reso conto che, nel fuggire da una città di pazzi, era andato a invischiarsi con un altro folle. Si chiese se sarebbe vissuto tanto da rimpiangerlo.

Sperava ardentemente di sì.

— Oh, sì, sta proprio pensando — disse amaramente. — Chiunque lo vedrebbe.

— Credo che li abbia trovati.

— Oh, bene.

— Stagli vicino.

— Sei matto? — esclamò Lackjaw.

— Fidati di me, lo conosco. E a ogni modo, preferiresti essere lasciato con quei tipi della stella? Potrebbero avere interesse a fare quattro chiacchiere con te.

Cohen strisciò verso il Bagaglio e poi gli balzò sopra a cavalcioni. Quello non diede segno di accorgersene.

— Sbrigati a montare anche tu — lo esortò il vecchio eroe. — Credo che stia per andare.

Con una scrollata di spalle, Lackjaw montò con precauzione dietro a Cohen.

— Ah, sì? E come fa ad a…

Ankh-Morpork!

La perla delle città!

Naturalmente questa non è una descrizione troppo accurata (la città non è tonda e lucente). Ma anche i suoi peggiori nemici converrebbero che, dovendo paragonarla a qualche cosa, si poteva definirla un mucchio di immondizia ricoperto della secrezione malata di un mollusco morente.

Ci sono state città più grandi. Ci sono state città più ricche. Di certo ci sono state città più graziose. Ma nessuna città del multiverso poteva rivaleggiare in fetore con Ankh-Morpork.

Gli Antichi, che sanno tutto degli universi e hanno annusato gli odori di Calcutta, di !Xrc-! e dell’incredibile Marsport, hanno convenuto che perfino simili magnifici esempi di poesia olfattiva sono nulla se paragonati alla gloria dell’odore di Ankh-Morpork.

Si può parlare di puzzole. Si può parlare di aglio. Si può parlare della Francia. E di altro ancora. Ma se uno non ha annusato l’aria di Ankh-Morpork in una giornata di grande caldo, non sa che cosa sia il fetore.

I suoi cittadini ne vanno fieri. Portano le sedie fuori per goderselo in una giornata particolarmente buona. Gonfiano le guance, si battono sul petto e ne commentano allegri le varie sfumature. Gli hanno perfino eretto una statua per commemorare quella volta quando le truppe di uno stato rivale avevano tentato di prendere la città di sorpresa in una notte buia ed erano riuscite ad arrivare in cima alle mura prima che cessassero di funzionare i tamponi che si erano messi nel naso. Ricchi mercanti che hanno trascorso all’estero molti anni si fanno venire da casa bottiglie specialmente confezionate e sigillate di quella "essenza", che gli fa venire le lacrime agli occhi dalla commozione.

Ecco che effetto ha.

C’è soltanto un modo per descrivere l’effetto sul naso dei visitatori del puzzo di Ankh-Morpork: per analogia.

Prendete un tartan scozzese. Cospargetelo di coriandoli. Illuminatelo con luci stroboscopiche.

Adesso prendete un camaleonte.

Mettete il camaleonte sul tartan.

Osservatelo con attenzione.

Vedete?

Il che spiega perché, quando il negozio si materializzò alla fine a Ankh-Morpork, Scuotivento balzò su a sedere ed esclamò "Eccoci!", Bethan si fece pallida e Duefiori, che non possedeva olfatto, disse: — Davvero? Come fai a dirlo?

Era stato un lungo pomeriggio. Erano penetrati nello spazioreale attraverso vari muri di molte città perché, secondo il negoziante, il campo magico del Disco era all’opera e sconvolgeva ogni cosa.

Tutte le città, disertate dalla maggior parte degli abitanti, appartenevano a gang vaganti formate da gente impazzita, della setta dell’orecchio sinistro.

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