Terry Pratchett - La luce fantastica

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Il seguito diretto di «I colori di magia». La continuazione d’avventure di Scuotivento e Duefiori dopo la caduta dal Bordo del Disco. 

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Mentre cadeva, udì Herrena dire in tono normalissimo: — Uccidili entrambi. Mi occupo io di questo vecchio pazzo.

— Evviva! — esclamò Weems e si voltò verso Duefiori con la spada sguainata.

Scuotivento lo vide esitare. Nell’attimo di silenzio che seguì, anche Herrena udì il rumore degli spruzzi mentre il Bagaglio si issava sulla sponda, grondante acqua.

Weems lo fissò inorridito. La spada gli cadde di mano. Lui si girò e corse via nella nebbia. Un momento dopo il Bagaglio evitò con un balzo Scuotivento e lo inseguì.

Herrena tentò un affondo contro Cohen, che parò il colpo e brontolò per una fitta acuta al braccio. Le lame si urtarono con fragore soffocato e poi Herrena fu costretta a indietreggiare da un’abile mossa verso l’alto di Cohen, che quasi la disarmò.

Scuotivento si avvicinò barcollante a Duefiori e lo tirò senza successo.

— Tempo di andarcene — mormorò.

— È magnifico! — esclamò l’ometto. — Hai visto il modo in cui lui…

— Sì, sì, vieni via.

— Ma io voglio… dico, ottima mossa!

La spada di Herrena le sfuggì di mano e s’infisse vibrante nel terreno. Con uno sbuffo di soddisfazione, Cohen ritirò la sua. gli occhi gli si incrociarono un attimo, lanciò un gridolino di dolore e rimase assolutamente immobile.

Herrena lo guardò, interdetta. Si provò a fare una mossa verso la propria arma e, quando non successe nulla, l’afferrò, ne verificò l’equilibrio e diede un’occhiata a Cohen. Lui la seguiva con uno sguardo pieno di tormento mentre lei gli girava intorno con cautela.

— La schiena l’ha tradito di nuovo — bisbigliò Duefiori. — Che cosa possiamo fare?

— Possiamo vedere di acchiappare i cavalli?

— Be’ — disse alla fine Herrena — io non so chi sei o perché sei qui, e in questo non c’è nulla di personale, capisci.

Alzò la spada tenendola a due mani.

Un improvviso movimento si fece sentire nella nebbia, seguito dal tonfo di un grosso pezzo di legno che colpiva una testa. Per un momento Herrena ebbe un’espressione stupefatta e poi cadde in avanti.

Bethan lasciò cadere il ramo che teneva in mano e guardò Cohen. Poi, afferratolo per le spalle, gli piantò un ginocchio nelle reni, operò una torsione da esperta e lo lasciò andare.

Sul viso del vecchio eroe si dipinse un’espressione beata. Provò a chinarsi.

— È finito! — esclamò. — La mia schiena! Il dolore sce n’è andato!

Duefiori si girò verso Scuotivento.

— Mio padre era solito raccomandare di lasciarsi penzolare dal montante di una porta — disse nel tono di una normale conversazione.

Weems s’inoltrava con grande precauzione attraverso gli alberi spogli avvolti nella nebbia. Anche se l’aria umida attutiva i rumori, era certo che negli ultimi dieci minuti non c’era stato nulla da sentire. Si voltò indietro molto adagio e poi si permise il lusso di tirare un lungo respiro. Quindi indietreggiò al riparo dei cespugli.

Qualcosa gli diede un colpetto dietro le ginocchia, con grande delicatezza. Qualcosa di angolare.

L’uomo guardò in basso. Pareva che lì giù ci fossero molti più piedi di quanto era lecito aspettarsi.

Un breve scatto secco.

Il fuoco era un minuscolo puntino di luce nel paesaggio oscuro. La luna non si era ancora alzata, ma la stella era un chiarore in agguato sull’orizzonte.

— Ora si è fatta circolare — osservò Bethan. — Sembra un minuscolo sole. Di sicuro sta diventando anche più calda.

— Taci — disse Scuotivento. — Come se non avessi già abbastanza di cui preoccuparmi.

Intervenne Cohen al quale la ragazza massaggiava la schiena: — Sciò che non capiscio è come vi abbiano catturati senza che noi scentissimo. Non ne avremmo sciaputo nulla se il vostro Bagaglio non avesce continuato a scialtare sciù e giù.

— E a uggiolare — aggiunse Bethan. Tutti la guardarono.

— Be’, sembrava che lo facesse. È molto carino da parte sua, davvero.

Quattro paia di occhi si volsero verso il Bagaglio, accovacciato dall’altra parte del fuoco. Lui si alzò e si spostò indietro nell’ombra con mossa intenzionale.

— È fascile da nutrire — disse Cohen.

— È difficile seminarlo — affermò Scuotivento.

— È leale — suggerì Duefiori.

E Cohen: — Spazioso.

— Ma non lo definirei carino — disse il mago.

— Sciuppongo che non vorreshti venderlo? — chiese il vecchio eroe.

Duefiori scosse la testa. — Non credo che capirebbe.

— No. Sciuppongo di no. — Cohen si tirò su a sedere e si morse un labbro. — Stavo scercando un regalo per Bethan. Vedi, sci sposciamo.

— Abbiamo pensato che dovevate essere i primi a saperlo — disse Bethan, arrossendo.

Scuotivento non riuscì a incontrare lo sguardo di Duefiori.

— Be’, questo è, ehm…

— Appena troviamo una città dove c’è un prete — li informò la ragazza. — Voglio farlo come si deve.

— Questo è molto importante. — Duefiori era serio. — Se in giro ci fosse più moralità, non ci schianteremmo contro le stelle.

Rimasero per un po’ a pensarci. Poi l’ometto propose tutto allegro: — Dobbiamo celebrare. Ho dell’acqua e dei biscotti, se vi è rimasta un po’ di quella carne essiccata.

— Oh, bene — disse debolmente Scuotivento. Tirò Cohen da una parte. Con la barba ben curata, il vecchio avrebbe potuto facilmente passare per un settantenne in una notte buia.

— È, uhm, una cosa seria? — gli chiese. — Davvero la sposerai?

— Scicuro. Sci sciono obiezioni?

— Be’, no, naturalmente no, ma… Voglio dire, lei ha diciassette anni e tu, tu sei, come dire? sei un uomo attempato.

— Tempo di scishtemarmi, vuoi dire?

Scuotivento cercava le parole adatte. — Cohen, tu hai settanta anni più di lei. Sei sicuro che…

— Sono già stato sposciato, sciai. Ho un’ottima memoria — rispose in tono di rimprovero.

— No, cioè… be’, io intendo fisicamente. Sai, circa la differenza di età e tutto, è una questione di salute, no? e…

— Ah! Comprendo sciò che vuoi dire. La tenscione. Non sci avevo pensciato.

Scuotivento si raddrizzò. — No. Be’, c’era da aspettarselo.

— Mi hai dato qualcoscia a cui pensciare, non sc’è dubbio — ammise Cohen.

— Spero di non avere combinato un guaio.

— No, no — rispose il vecchio eroe in tono vago. — Non ti scusciare. Hai fatto bene a parlarne.

Si voltò a guardare Bethan, che lo salutò con la mano, e poi alzò gli occhi verso la stella che luceva attraverso la nebbia.

Alla fine affermò: — Tempi pericolosa, questi.

— È un fatto.

— Chi scia coscia può portare il domani?

— Io di certo non lo so.

Cohen gli batté una mano sulla spalla. — A volte sciamo costretti a correre dei rischi. Non offenderti, ma penscio che andremo avanti con il matrimonio comunque. E, be’ — guardò Bethan e sospirò — dobbiamo sciolo sperare che lei scia forte abbastanza.

Il giorno seguente, verso mezzogiorno, arrivarono a cavallo a una cittadina dalle mura di fango, circondata da campi ancora di un verde lussureggiante. Tuttavia, c’era un sacco di traffico diretto nell’altro senso: passaggio di grossi carri rumorosi, mandrie di bestiame trotterellanti sul bordo della strada, vecchie che avanzavano a fatica con le schiene cariche di tutti i loro beni e di balle di fieno.

Scuotivento fermò un uomo che spingeva un carretto pieno di bambini. — Peste? — gli domandò.

Quello scosse la testa. — È la stella, amico. Non l’hai vista lassù nel cielo?

— Sì, era impossibile non notarla.

— Dicono che ci colpirà la Notte della Posta del Cinghiale e i mari ribolliranno e le terre del Disco si spezzeranno, i re saranno deposti e le città saranno simili a laghi di vetro — rispose l’uomo. — Io fuggo sulle montagne.

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