Terry Pratchett - Il colore della magia

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In un angolo remoto dell’universo in una piega isolata del tempo, esiste l’incredibile mondo Disco la cui forma è perfettamente conforme al proprio nome: è infatti un gigantesco disco che le più recenti teorie astronomiche in voga sul pianeta vogliono sorretto da quattro magici elefanti ritti in piedi sul dorso di una cosmica tartaruga (il cui sesso è tuttavia ancora ignoto). La superficie superiore di Disco ospita numerosi regni e varie razze di abitanti, ma la leggenda vuole che anche sul lato inferiore del pianeta esistano terre abitate, ovvero il mitico continente Contrappeso. La leggenda diventa realtà quando nella città di Ankh-Morpork arriva un inatteso visitatore dal continente misterioso: è l’ingenuo e ricchissimo Duefiori, sempre seguito fedelmente dal suo forziere ricco di tesori e di decine di zampette, e ben deciso a godersi una meritata vacanza in veste di turista. Ma fra i troll e i tagliagole che abbondano in città un ricco forestiero può avere vita breve, e un incidente diplomatico va evitato in ogni modo. Al mago Rincewind tocca dunque il compito dì guidare e proteggere l’incauto turista… un’impresa alquanto pericolosa, per non dire disperata.

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Terry Pratchett

Il colore della Magia

Proemio

In un remoto scenario multidimensionale, in un piano astrale mai destinato a volare, le volute di foschia stellare ondeggiano e si dividono…

Guarda…

Viene A’Tuin la Grande Tartaruga, nuotando lenta nel golfo interstellare, le membra poderose ricoperte d’idrogeno ghiacciato, l’enorme carapace antico bucherellato da crateri di meteore. Con occhi grandi come il mare, incrostati dai reumi e dalla polvere di asteroidi, fissa la Destinazione.

Nel suo cervello più grande di una città, con lentezza geologica. pensa soltanto al Peso.

Naturalmente la maggior parte del peso è sostenuta da Berilia, Tubul, Gran’T’Phon e Jerakeen, i quattro giganteschi elefanti sulle cui larghe spalle color delle stelle riposa il disco del Mondo, inghirlandato alla sua circonferenza dalla lunga cascata e sormontato dalla volta celeste del Cielo.

Finora l’astropsicologia non è stata in grado di stabilire cosa essi pensino.

La Grande Tartaruga non era che una semplice ipotesi fin quando il piccolo e remoto regno di Krull, le cui montagne piene di crepacci si proiettano sopra il Rimfall, non piantò una piattaforma e una carrucola sulla cima della rupe più scoscesa e calò oltre il Bordo, in un veicolo di ottone con i finestrini di quarzo, degli osservatori per scrutare attraverso i veli della foschia.

I primi astrozoologi, tirati su da mastodontiche squadre di schiavi, furono così in grado di riportare molte informazioni sulla forma e la natura di A’Tuin e sugli elefanti. Ciò, tuttavia, questo non fornì una risposta alle domande fondamentali sulla natura e il fine dell’universo.

Per esempio, qual era veramente il sesso di A’Tuin? Impossibile, sostenevano gli astrozoologi con crescente autorevolezza, dare una risposta a tale domanda: per farlo, si doveva costruire una piattaforma più larga e più potente per un veicolo spaziale. Nell’attesa non restava loro che speculare sul cosmo rivelato.

C’era per esempio la teoria che A’Tuin veniva dal nulla e si sarebbe inoltrata per sempre nel nulla, procedendo con andatura uniforme e regolare. Questa teoria riscuoteva grande successo tra gli accademici.

Una teoria alternativa, propugnata dai credenti convinti, era che A’Tuin si trascinasse dal suo Luogo di Nascita verso il Tempo dell’Accoppiamento, così come tutte le stelle del cielo, anch’esse ovviamente trasportate da tartarughe giganti. Quando fossero giunte, si sarebbero accoppiate, per la prima e unica volta, e da quell’unione fiera e appassionata sarebbero nate altre tartarughe destinate a trasportare un altro tipo di mondi. Tale teoria era conosciuta come l’ipotesi del Big Bang.

Fu così che un giovane cosmochelonio della fazione dell’Andatura Regolare, mentre provava un nuovo telescopio con il quale sperava di misurare l’esatto potere di riflessione dell’occhio destro di A’Tuin, fu il primo a vedere, in quella sera memorabile, il fumo levarsi dall’incendio della più antica città del mondo.

Più tardi s’immerse cosi completamente nei suoi studi da dimenticarsene. Nondimeno, fu il primo.

Ce ne furono altri…

Il colore della magia

Il fuoco divampava nella città gemella di Ankh-Morpork. Lambendo il Quartiere dei Maghi, le fiamme si fecero blu e verdi, coronate da scintille dell’ottavo colore, l’ottarino. Quando le lingue di fuoco attaccarono i serbatoi e i depositi di petrolio della Strada dei Mercanti, avanzarono in una serie di fontane ardenti e di esplosioni; nelle strade dei profumieri il fuoco bruciava con un aroma dolce; quando toccò i fasci di erbe secche e rare nei magazzini degli erboristi, gli uomini impazziti cominciarono a parlare con Dio.

Ormai tutto il centro di Morpork ardeva e i più stimati e ricchi cittadini di Ankh. sull’altra riva, affrontarono coraggiosi la situazione e demolirono febbrilmente i ponti. Ma già lungo i moli di Morpork le navi, cariche di granaglie, cotone, legname, con gli scafi incatramati, ardevano allegramente. E, gli ormeggi ridotti in cenere, scivolavano sul fiume Ankh. Spinte dal flusso della marea, appiccarono il fuoco ai palazzi e alle dimore lungo le sponde, simili a lucciole trascinate dalla corrente verso il mare. Le scintille trasportate dal vento lontano dal fiume ricadevano sui giardini nascosti e i granai remoti.

Una scena davvero impressionante vista dalla sommità di una scura collina distante qualche chilometro, dove due uomini la osservavano con grande interesse.

Il più alto dei due, appoggiato a una spada poco più bassa di un uomo normale, rosicchiava una coscia di pollo. Se non fosse stato per la sua aria di sveglia intelligenza, lo si sarebbe scambiato per un barbaro venuto dalle distese desertiche della Terra del Centro.

Il suo compagno, molto più basso, era avvolto da capo a piedi in uno scuro mantello. Più in là vedremo che è capace di muoversi leggero, agile come un gatto.

Durante gli ultimi venti minuti i due quasi non si erano scambiati parola, eccetto una breve e inconcludente discussione sull’origine di una esplosione particolarmente potente dovuta allo scoppio del deposito di petrolio o alla bottega di Kerible il Mago. C’era una scommessa di mezzo.

Adesso l’omone, finito di rosicchiare l’osso, lo buttò nell’erba con un sorriso malinconico. — Così spariscono tutti quei vicoletti — disse. — Mi piacevano.

— E tutte le gioiellerie — aggiunse il piccoletto. — Le gemme bruciano, mi domando? Si dice che siano simili al carbone.

— Tutto l’oro che si è fuso e scorre via nelle fogne — disse il grosso ignorandolo — e tutto il vino che ribolle nei tini.

— C’erano dei topi — osservò il compagno.

— Certo che c’erano.

— Di sicuro non era un luogo dove vivere nel pieno dell’estate.

— Hai ragione. Però non si può fare a meno di provare… un momentaneo… — L’uomo si interruppe, poi riprese con aria rasserenata: — Dovevamo al vecchio Fredor e a Crimson Leech, l’usuraio, otto pezzi d’argento.

L’altro annuì.

Rimasero zitti per un po’ mentre una nuova serie di esplosioni tracciava linee rosse in un settore fino a quel momento buio della più grande città del mondo. L’omone si scosse.

— Donnola?

— Sì?

— Mi domando chi l’ha appiccato.

Il piccolo spadaccino, conosciuto come Donnola, non disse nulla. Guardava la strada nel riverbero rosso delle fiamme. Quasi nessuno era venuto da quella parte, dato che la Porta Deosil era stata tra le prime a crollare in una pioggia di tizzoni ardenti. In quel momento però due persone si stavano avvicinando. Grazie alla sua vista particolarmente acuta nell’oscurità o nella penombra. Donnola distinse la figura di due uomini a cavallo, seguiti da quello che pareva un animale più piccolo. Indubbiamente si trattava di un ricco mercante che fuggiva con i tesori freneticamente salvati, disse Donnola al compagno, che sospirò.

— Il ruolo di briganti mal ci si addice — dichiarò il barbaro — ma, come hai detto, sono tempi duri e non abbiamo soffici letti per questa notte.

Mise mano alla spada e quando il primo cavaliere fu vicino, si fece avanti, con un braccio alzato e un sorriso stampato sul viso, inteso a rassicurare e minacciare al tempo stesso.

— Chiedo perdono, signore… — cominciò.

Il cavaliere frenò il cavallo e si tirò indietro il cappuccio. Aveva il viso chiazzato da bruciature superficiali e punteggiato da ciuffi di barba anneriti. Anche le sopracciglia non c’erano più.

— Levati di mezzo — esclamò. — Tu sei Bravd della Terra del Centro, non è vero?

Forse a questo punto la forma e la cosmologia del sistema del disco meritano una spiegazione.

Ovviamente nel disco vi sono due direzioni principali: Centripeta e Centrifuga. Ma poiché il disco ruota alla velocità di una volta ogni ottocento giorni (al fine di distribuire equamente il peso sui pachidermi che lo sostengono, secondo Reforgule di Krull), ci sono anche due direzioni minori che si chiamano Turnwise e Widdershins.

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