Ma era tutto inutile. Di sé Grenouille non dava altro se non secrezione acquosa e pus sanguinolento. Giaceva muto nel damasco e si liberava di questi umori disgustosi, ma non della più insignificante formula di un profumo. Baldini, avrebbe voluto strozzarlo, colpirlo a morte avrebbe voluto, avrebbe proprio avuto voglia di far uscire a forza di botte i preziosi segreti dal corpo morente, se avesse avuto una speranza di successo… e se la cosa non fosse stata in così lampante contraddizione con la sua concezione cristiana dell’amor del prossimo.
E così continuò a mormorare con voce flautata nei toni più dolci, e ad accarezzare il malato e a tamponare con pezze umide — per quanto gli costasse uno sforzo atroce — quella fronte bagnata di sudore e quei vulcani in eruzione che erano le sue ferite, e lo imboccò con cucchiaiate di vino, per indurre la sua lingua a parlare, tutta la notte… invano. All’alba rinunciò. Si gettò esausto in una poltrona all’altro capo della stanza e si mise a fissare, neppure più furibondo, bensì ormai soltanto in preda a una quieta rassegnazione, il piccolo corpo morente di Grenouille là sul letto, che non poteva né salvare né derubare, da cui non poteva ricavare più nulla per sé: era soltanto costretto ad assistere inattivo al suo sfacelo, come un capitano assiste all’affondamento della nave che porta con sé nel profondo tutte le sue ricchezze.
A un tratto le labbra del malato si aprirono, e con una voce che per limpidità e fermezza lasciava presagire ben poco l’imminente decesso, chiese: «Dica, Maître: esistono altri mezzi, oltre alla torchiatura e alla distillazione, per estrarre l’aroma da una sostanza?»
Baldini, pensando che la voce fosse scaturita dalla propria immaginazione o dall’al di là, rispose meccanicamente: «Sì, esistono».
«Quali?» si sentì chiedere dal letto. Baldini spalancò gli occhi stanchi. Grenouille giaceva immobile sul cuscino. Aveva forse parlato il suo «cadavere»?
«Quali?» sentì chiedere di nuovo, e questa volta Baldini individuò il movimento sulle labbra di Grenouille. «Ora è finita», pensò, «ora se ne va, questo è il delirio della febbre o l’agonia della morte.» E si alzò, si avvicinò al letto e si chinò sul malato. Questi aveva aperto gli occhi e guardava Baldini con lo stesso sguardo stranamente vigile con cui l’aveva fissato al primo incontro.
«Quali?» chiese.
Allora il cuore di Baldini ebbe un sussulto — non voleva negare a un morente l’ultima volontà — e rispose: «Ne esistono tre, figlio mio: l’ enfleurage à chaud , l’ enfleurage à froid e l’ enfleurage à l’huile. Sotto molti aspetti sono superiori alla distillazione, e si usano per ottenere i migliori tra tutti i profumi: quello del gelsomino, della rosa e dei fiori d’arancio».
«Dove?» chiese Grenouille.
«Nel sud», rispose Baldini. «Soprattutto nella città di Grasse.»
«Bene», disse Grenouille.
E con ciò chiuse gli occhi. Baldini si rialzò lentamente. Era molto depresso. Raccolse qua e là i fogli per gli appunti, sui quali non aveva scritto una sola riga, e soffiò sulla candela per spegnerla. Fuori già albeggiava. Era stanco morto. Sarebbe stato meglio chiamare un prete, pensò. Poi si fece un rapido segno di croce con la destra e uscì.
Ma Grenouille era tutt’altro che morto. Si limitò a dormire sodo e a sognare profondamente, e ritrasse i suoi umori dentro di sé. Le vesciche cominciavano già a seccarsi sulla sua pelle, i crateri purulenti si asciugavano, le sue ferite già si stavano chiudendo. Nel giro di una settimana era guarito.
Avrebbe preferito recarsi subito al sud, dove si potevano imparare le nuove tecniche di cui gli aveva parlato il vecchio. Ma naturalmente non c’era neppure da pensarci. Era pur sempre soltanto un apprendista, cioé un niente. In realtà, gli spiegò Baldini — dopo aver superato la gioia iniziale per la risurrezione di Grenouille — in realtà era ancora meno di un niente, perché un apprendista regolare doveva avere un’origine senza macchia, cioé esser nato da un matrimonio, avere una parentela adeguata al proprio rango e un contratto d’apprendistato, tutte cose che Grenouille non possedeva. Tuttavia se lui, Baldini, un giorno avesse voluto fornirgli un diploma di garzone, ciò sarebbe avvenuto soltanto in considerazione del talento non comune di Grenouille nonché di un suo comportamento futuro ineccepibile, e dell’infinita generosità sua, di Baldini, che mai riusciva a rinnegare anche se spesso ne aveva avuto danno.
Naturalmente per adempiere questa generosa promessa occorreva ancora un po’ di tempo, cioé tre anni giusti. In questo periodo Baldini, con l’aiuto di Grenouille, realizzò i suoi sogni ambiziosi. Fondò la manifattura in Faubourg Saint-Antoine, s’impose a corte con i suoi profumi esclusivi, ottenne il privilegio del re. I suoi raffinati prodotti aromatici furono venduti fino a Pietroburgo, a Palermo, a Copenaghen. Persino a Costantinopoli, dove sa Dio se non avevano essenze a sufficienza, si ricercava la nota pregna di muschio di uno dei suoi profumi. Negli uffici eleganti della City di Londra, come alla corte di Parma, aleggiava il profumo di Baldini, lo stesso avveniva nel castello di Varsavia e nel palazzetto del conte von Lippe-Detmold nel luogo medesimo. Dopo essersi già rassegnato a trascorrere la vecchiaia a Messina povero in canna, Baldini a settant’anni era diventato incontestabilmente il profumiere più importante d’Europa e uno dei cittadini più ricchi di Parigi.
All’inizio dell’anno 1756 — nel frattempo aveva acquistato la casa accanto alla sua sul Pont au Change, esclusivamente a uso d’abitazione, perché adesso la vecchia dimora era letteralmente piena fino al tetto di sostanze aromatiche e di spezie — comunicò a Grenouille che era finalmente disposto a concedergli il diploma di garzone, ma solo a tre condizioni: in primo luogo, in futuro non avrebbe dovuto produrre per conto proprio nessuno dei profumi nati sotto il tetto di Baldini, né rivelare la loro formula a terzi; in secondo luogo, avrebbe dovuto lasciare Parigi e non rimettervi più piede finché Baldini fosse stato vivo; e, in terzo luogo, avrebbe dovuto mantenere il più rigoroso silenzio sulle prime due condizioni. Doveva giurare tutto questo su tutti i santi, sulla povera anima di sua madre e sul suo onore.
Grenouille, che non aveva onore né credeva nei santi o nella povera anima di sua madre, giurò. Avrebbe giurato tutto. Avrebbe accettato qualsiasi condizione di Baldini, perché voleva ottenere quel ridicolo diploma di garzone che gli avrebbe permesso di vivere senza dar nell’occhio, di viaggiare tranquillo e di trovare un impiego. Il resto gli era indifferente. E poi, quali erano mai queste condizioni? Non metter più piede a Parigi? Non aveva bisogno di Parigi! La conosceva fino all’ultimo angolo puzzolente, la portava con sé dovunque andasse, possedeva Parigi, da anni. Non fabbricare nessuno dei profumi di successo di Baldini, non rivelare nessuna formula? Come se non avesse potuto inventarne altre mille, altrettanto buone o migliori, se solo avesse voluto! Ma non l’avrebbe certo fatto. Non intendeva davvero entrare in concorrenza con Baldini o con qualche altro profumiere di città. Non mirava a diventare ricco con la sua arte, non voleva neppure vivere della sua arte, se era possibile vivere diversamente. Voleva esternare ciò che aveva dentro di sé, nient’altro, il suo sé, che per lui valeva molto più di tutto quello che poteva offrire il mondo circostante. E quindi le condizioni di Baldini per Grenouille non erano condizioni.
Se ne andò in primavera, un giorno di maggio, la mattina presto. Da Baldini aveva ricevuto un piccolo zaino, una seconda camicia, due paia di calze, una grossa salsiccia, una coperta da cavallo e venticinque franchi. Era molto più di quanto fosse obbligato a dare, disse Baldini, tanto più che Grenouille non aveva pagato un soldo per il costo del tirocinio, per l’istruzione accurata di cui aveva beneficiato. Per obbligo avrebbe dovuto dargli due franchi di congedo, per il resto proprio niente. Tuttavia non poteva rinnegare la propria generosità, come pure la profonda simpatia che nel corso degli anni aveva accumulato nel cuore per il buon Jean-Baptiste. Gli augurava molta fortuna per il suo viaggio e lo esortava ancora una volta insistentemente a non dimenticare il suo giuramento. Con questo lo accompagnò alla porta dell’ingresso di servizio, dove un tempo lo aveva ricevuto, e lo congedò.
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