Patrick Süskind - Il profumo

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Jean-Baptiste Grenouille, nato il 17 luglio 1783 nel luogo più puzzolente di Francia, il Cimetière des Innocents di Parigi, rifiutato dalla madre fin dal momento della nascita, rifiutato dalle balie perché non ha l'odore che dovrebbero avere i neonati, anzi perché "non ha nessun odore", rifiutato dagli istituti religiosi, riesce a sopravvivere a dispetto di tutto e di tutti. E, crescendo, scopre di possedere un dono inestimabile: una prodigiosa capacità di percepire e distinguere gli odori. Forte di questa facoltà, di quest'unica qualità, Grenouille decide di diventare il più grande profumiere del mondo, e il lettore lo segue nel suo peregrinare tra botteghe odorose, apprendista stregone che supera in breve ogni maestro passando dalla popolosa e fetida Parigi a Grasse, città dei profumieri nell'ariosa Provenza. L'ambizione di Grenouille non è quella di arricchirsi, né ha sete di gloria; persegue, invece, un suo folle sogno: dominare il cuore degli uomini creando un profumo capace di ingenerare l'amore in chiunque lo fiuti, e pur di ottenerlo non si fermerà davanti a nulla.

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Grenouille arrivò alla montagna in una notte di agosto dell’anno 1756. Quando spuntò l’alba, era in vetta. Non sapeva ancora che il suo viaggio era finito. Pensava che fosse soltanto una tappa del percorso verso atmosfere sempre più pure, e si girò tutt’intorno e lasciò che il suo naso visionasse l’imponente panorama del deserto vulcanico: a est, dove si trovavano il vasto altopiano di Saint-Flour e le paludi del fiume Riou; a nord, nella regione da cui era venuto e dove aveva vagato per giorni attraversando le montagne carsiche; a ovest, da dove la lieve brezza del mattino gli portava soltanto odore di pietra e di erbe dure; e infine a sud, dove le propaggini del Plomb si estendevano per miglia e miglia fino alle gole tenebrose della Truyère. Ovunque, al limite di tutti i punti cardinali, regnava la medesima lontananza dagli uomini, e nello stesso tempo qualsiasi passo in quella direzione avrebbe significato un maggior avvicinamento agli uomini. La bussola girava in tondo. Non indicava più nessuna direzione. Grenouille era giunto alla meta. Ma nello stesso tempo era prigioniero.

Quando si levò il sole, si trovava ancora nello stesso punto, con il naso in aria. Si sforzava disperatamente di fiutare la direzione da cui poteva provenire il minaccioso odore umano, e la direzione opposta in cui doveva continuare a fuggire. In ogni direzione temeva di scoprire ancora una traccia nascosta di odore umano. Ma non c’era nulla. C’era soltanto pace, la pace, se così si può dire, dell’olfatto. Tutt’attorno regnava soltanto l’aroma uniforme, che aleggiava come un lieve fruscio, delle pietre morte, dei licheni grigi e delle erbe disseccate, null’altro.

Grenouille impiegò molto tempo per credere a ciò di cui non sentiva l’odore. Non era preparato alla sua fortuna. La sua diffidenza lottò a lungo con la sua convinzione. Quando il sole si levò, chiamò in aiuto persino i suoi occhi e perlustrò l’orizzonte cercando un minimo segno di presenza umana, il tetto di una capanna, il fumo di un fuoco, uno steccato, un ponte, un gregge. Portò le mani alle orecchie e ascoltò, cercando di percepire l’affilatura di una falce o l’abbaiare di un cane o il grido di un bambino. Tutto il giorno restò immobile nell’ardente calura sulla cima del Plomb du Cantal, cercando invano il più piccolo indizio. Soltanto al tramonto del sole la sua diffidenza si mutò a poco a poco in una sensazione d’euforia sempre più forte: era sfuggito al detestato odium! Era davvero totalmente solo! Era l’unico uomo al mondo!

Una gioia immensa proruppe in lui. Come un naufrago, dopo un viaggio di settimane alla deriva, saluta estatico la prima isola abitata da esseri umani, così Grenouille festeggiò il suo arrivo sul monte della solitudine. Emise grida di gioia. Gettò lontano da sé zaino, coperta e bastone e pestò i piedi in terra, levò in alto le braccia, danzò in tondo, urlò il proprio nome ai quattro venti, serrò i pugni e li mostrò con trionfo alla terra che si stendeva vasta sotto di lui e al sole calante, con trionfo, come se lui in persona l’avesse scacciato dal cielo. Si comportò come un insensato fino a notte inoltrata.

25

Trascorse i giorni seguenti a organizzarsi sulla montagna, perché era deciso a non abbandonare tanto presto quel luogo benedetto. Per prima cosa fiutò attorno cercando l’acqua, e la trovò in una fessura della cima, dove scorreva in un rivolo sottile lungo la roccia. Non era molta, ma dopo aver leccato con pazienza per un’ora, aveva quietato il suo bisogno di liquidi per un giorno. Trovò anche del nutrimento, e cioé piccole salamandre e bisce d’acqua, che inghiottì con pelle e ossa dopo averne staccato la testa a morsi. Inoltre divorò licheni ed erbe e bacche secche. Questo modo di nutrirsi del tutto impensabile secondo le norme borghesi non gli causò il minimo disturbo. Già nelle ultime settimane e negli ultimi mesi non si era più nutrito di cibo preparato con sistemi umani come pane, salsiccia e formaggio, ma, quando sentiva lo stimolo della fame, aveva divorato tutto quello che gli era capitato davanti di comunque commestibile. Era tutto tranne che un buongustaio. Non gli interessava affatto il piacere, quando il piacere consisteva in qualcosa di diverso dal puro odore immateriale. Non gli interessava neppure la comodità, e non gli sarebbe dispiaciuto prepararsi il giaciglio sulla nuda pietra. Ma trovò qualcosa di meglio.

Accanto al punto dell’acqua scoprì una galleria naturale, che con una quantità di serpentine strette conduceva nell’interno della montagna, per poi, dopo circa trenta metri, terminare in un punto ostruito da un crollo. La fine della galleria era talmente stretta che le spalle di Grenouille urtavano contro la roccia, e talmente bassa che riusciva a stare solo piegato. Ma poteva stare seduto, e se si contorceva, poteva persino mettersi disteso. Era più che sufficiente per le sue necessità di comfort. E poi il luogo offriva vantaggi incalcolabili: in fondo al tunnel persino di giorno regnava l’oscurità più profonda, c’era un silenzio di tomba, e l’aria emanava una frescura umida e salata. L’olfatto di Grenouille avvertì subito che nessun essere vivente era mai penetrato in quella caverna. Fu quasi sopraffatto da un sentimento di timor sacro, quando ne prese possesso. Spiegò a terra con cura la sua coperta da cavallo come se coprisse un altare, e vi si stese sopra. Si sentiva divinamente bene. Si trovava nella montagna più solitaria della Francia, a decine di metri di profondità sotto terra, come nella propria tomba. Non si era mai sentito così al sicuro in vita sua… nel ventre di sua madre no di certo. Che il mondo esterno andasse pure in fiamme, qui non si sarebbe accorto di nulla. Cominciò a piangere in silenzio. Non sapeva chi ringraziare per tanta felicità.

Nel periodo seguente uscì all’aperto soltanto per andare a leccare un po’ d’acqua, per liberarsi in fretta della sua orina e dei suoi escrementi e per cacciare sauri e serpenti. Di notte si potevano prendere facilmente, perché si rifugiavano sotto lastre di pietra o in piccole cavità, dove Grenouille li scopriva col proprio naso.

Durante le prime settimane salì ancora qualche volta fino alla cima per fiutare l’orizzonte. Ma presto divenne più una fastidiosa abitudine che una necessità, perché non una sola volta gli era capitato di annusare un pericolo. Così alla fine sospese le sue escursioni, e, dopo aver portato con sé le cose di prima necessità per la pura sopravvivenza, cercava soltanto di rientrare nella sua tomba il più rapidamente possibile. Perché qui, nella sua tomba, viveva veramente. Vale a dire che stava seduto più di venti ore al giorno sulla sua coperta da cavallo in fondo al corridoio di pietra nell’oscurità, nel silenzio e nell’immobilità totali, la schiena appoggiata contro i detriti, le spalle incassate tra le rocce, e bastava a se stesso.

Si sa di uomini che cercano la solitudine: penitenti, falliti, santi o profeti. Si ritirano di preferenza nel deserto, dove vivono di locuste e di miele selvatico. Molti vivono anche in grotte e in eremi su isole fuori mano, oppure si rannicchiano — spettacolare davvero! — entro gabbie, montate in alto su stanghe e oscillanti nell’aria. Lo fanno per essere più vicini a Dio. Si mortificano con l’isolamento, e se ne servono per far penitenza. Agiscono nella convinzione di condurre una vita gradita a Dio. Oppure aspettano per mesi o anni che nell’isolamento giunga loro un messaggio divino, che poi vogliono diffondere il più rapidamente possibile tra gli uomini.

Nulla di tutto questo valeva per Grenouille. Dio non gli passava neanche per la testa. Non faceva penitenza e non si aspettava illuminazioni dall’alto. Si era isolato dagli uomini soltanto per il proprio particolare piacere, soltanto per essere vicino a se stesso. Era immerso nella propria esistenza, non più distratta da altre cose, e lo trovava splendido. Giaceva nella tomba di roccia come il cadavere di se stesso, respirando appena, quel tanto da far battere il suo cuore… e tuttavia viveva in modo così intenso e sfrenato, come mai un uomo di mondo aveva vissuto nel mondo.

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