Patrick Süskind - Il profumo

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Jean-Baptiste Grenouille, nato il 17 luglio 1783 nel luogo più puzzolente di Francia, il Cimetière des Innocents di Parigi, rifiutato dalla madre fin dal momento della nascita, rifiutato dalle balie perché non ha l'odore che dovrebbero avere i neonati, anzi perché "non ha nessun odore", rifiutato dagli istituti religiosi, riesce a sopravvivere a dispetto di tutto e di tutti. E, crescendo, scopre di possedere un dono inestimabile: una prodigiosa capacità di percepire e distinguere gli odori. Forte di questa facoltà, di quest'unica qualità, Grenouille decide di diventare il più grande profumiere del mondo, e il lettore lo segue nel suo peregrinare tra botteghe odorose, apprendista stregone che supera in breve ogni maestro passando dalla popolosa e fetida Parigi a Grasse, città dei profumieri nell'ariosa Provenza. L'ambizione di Grenouille non è quella di arricchirsi, né ha sete di gloria; persegue, invece, un suo folle sogno: dominare il cuore degli uomini creando un profumo capace di ingenerare l'amore in chiunque lo fiuti, e pur di ottenerlo non si fermerà davanti a nulla.

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Così avvenne giorno per giorno, settimana per settimana, mese per mese. Così avvenne per sette anni interi.

Durante questo periodo nel mondo esterno c’era la guerra, e precisamente una guerra mondiale. Si combatté in Slesia e in Sassonia, ad Hannover e nel Belgio, in Boemia e in Pomerania. Le truppe del re morirono nell’Essen e in Westfalia, nelle Baleari, in India, nel Mississippi e nel Canada, quando non erano già morte di tifo durante il viaggio d’andata. La guerra costò la vita di un milione di uomini, al re di Francia costò il suo impero coloniale, e a tutti gli Stati partecipanti tanto denaro che essi infine col cuore oppresso decisero di porvi termine.

Durante questo periodo una volta, d’inverno, Grenouille stava per morire congelato senza accorgersene. Restò cinque giorni nel salotto purpureo, e quando si svegliò nella galleria non riusciva più a muoversi dal freddo. Richiuse subito gli occhi per dormire fino alla morte. Ma poi ci fu un improvviso aumento della temperatura, che lo sgelò e lo salvò.

Una volta la neve era così alta che non ebbe più la forza di trascinarsi fino ai licheni. Allora si nutrì di pipistrelli congelati.

Un’altra volta un corvo morto giaceva davanti alla grotta. Mangiò anche quello. Furono gli unici avvenimenti del mondo esterno di cui prese conoscenza in sette anni. Per il resto visse soltanto nella sua montagna, soltanto nel regno della sua anima da lui stesso creato. E sarebbe rimasto là fino alla morte (poiché nulla gli mancava), se non si fosse verificata una catastrofe, che l’avrebbe scacciato dalla montagna e risputato nel mondo.

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La catastrofe non fu un terremoto, né un incendio del bosco, né una frana, né un crollo della galleria. Non fu affatto una catastrofe esterna, bensì interna, e quindi tanto più grave, in quanto bloccò la via di scampo privilegiata di Grenouille. Avvenne nel sonno. Per meglio dire in sogno. O piuttosto, nel sogno nel sonno nel cuore nella sua fantasia.

Era disteso sul divano nel salotto purpureo e dormiva. Intorno a lui c’erano le bottiglie vuote. Aveva bevuto enormemente, alla fine addirittura due bottiglie del profumo della fanciulla dai capelli rossi. Probabilmente era stato eccessivo, perché il suo sonno, per quanto di una profondità simile alla morte, questa volta non fu privo di sogni, bensì pervaso da scie di sogni spettrali. Queste scie erano tracce chiaramente riconoscibili di un odore. Dapprima passarono sotto il naso di Grenouille in traiettorie sottili, poi divennero più dense, come nubi. Adesso era come se si trovasse in mezzo a una palude, da cui saliva la nebbia. La nebbia saliva lenta sempre più in alto. Presto Grenouille fu completamente avvolto dalla nebbia, intriso di nebbia, e tra i vapori della nebbia non c’era più un filo d’aria pura. Se non voleva soffocare, doveva respirare questa nebbia. E la nebbia era, come si è detto, un odore. E Grenouille sapeva anche quale odore. La nebbia era il suo odore personale. L’odore personale di lui, di Grenouille, questo era la nebbia.

E ora la cosa più spaventosa era che Grenouille, sebbene sapesse che quest’odore era il suo odore, non riusciva a sentirlo. Totalmente sommerso dal suo sé, per nulla al mondo riusciva a sentire il proprio odore!

Quando lo capì con chiarezza, dette in un grido terribile, come se stesse bruciando vivo. Il grido fece crollare le pareti del salotto purpureo, le mura del castello, gli uscì dal cuore e attraversò fossati e paludi e deserti, imperversò per il paesaggio notturno della sua anima come una tempesta di fuoco, tuonò dalla sua bocca attraverso la tortuosa galleria e risuonò fuori nel mondo, lontano, oltre l’altopiano di Saint-Flour… come se la montagna stessa gridasse. E Grenouille si svegliò al proprio grido. Mentre si svegliava, annaspò furiosamente attorno a sé, come se avesse dovuto scacciare la nebbia invisibile che voleva soffocarlo. Era spaventato a morte, tremava da capo a piedi, di pura angoscia mortale. Se il grido non avesse lacerato la nebbia, sarebbe annegato in se stesso: uria morte atroce. Gli venivano i brividi a ripensarci. E mentre era ancora seduto, tremante, e cercava di radunare i suoi pensieri confusi e angosciati, sapeva già una cosa con certezza assoluta: avrebbe cambiato vita, foss’anche solo per non sognare un sogno così atroce una seconda volta. Non avrebbe retto a una seconda volta.

Si gettò sulle spalle la coperta da cavallo e strisciò fuori all’aperto. Fuori era giusto mattina, una mattina di fine febbraio. Il sole splendeva. La terra sapeva di pietra umida, di muschio e d’acqua. Il vento portava già con sé un lieve profumo di anemoni. Davanti alla caverna si accucciò a terra. La luce del sole lo scaldava. Inspirò l’aria fresca. Rabbrividiva ancora ripensando alla nebbia a cui era sfuggito, ed ebbe un fremito di piacere quando sentì il calore sulla schiena. Era pur bello che questo mondo esterno continuasse a esistere, foss’anche soltanto come punto di fuga. Inconcepibile l’orrore, se all’uscita dalla caverna non avesse più trovato un mondo! Non una luce, non un odore, nulla di nulla: soltanto quell’orribile nebbia, dentro, fuori, ovunque…

A poco a poco lo shock passò. A poco a poco la morsa dell’angoscia si allentò, e Grenouille cominciò a sentirsi più sicuro. Verso mezzogiorno aveva riacquistato il suo sangue freddo. Mise sotto il naso il dito indice e il medio della mano sinistra e respirò attraverso il dorso delle dita. Sentì l’aria di primavera, umida e sapida di anemoni. Dalle proprie dita non sentì provenire odore. Girò la mano e fiutò il suo lato interno. Avvertì il calore della mano, ma non sentì alcun odore. Allora si rimboccò una manica della camicia e affondò il naso nell’incavo del gomito. Sapeva che questo era il punto in cui tutti gli esseri umani hanno odore di sé. Tuttavia non sentì odore alcuno. Non sentì nulla neppure sotto la sua ascella, nulla sui piedi, nulla sul sesso, verso il quale si chinò per quanto poteva. Era grottesco: lui, Grenouille, che riusciva a fiutare qualsiasi altro essere umano a distanza di miglia, non era in grado di sentire l’odore del proprio sesso a distanza di meno di una spanna! Ciò nonostante non si lasciò prendere dal panico, ma, riflettendo con calma, disse a se stesso: «Non è che io non abbia odore, perché tutto ha un odore. Piuttosto non sento l’odore che ho perché da quando sono nato ho sentito il mio odore ogni giorno, e quindi il mio naso è diventato insensibile al mio odore personale. Se potessi separare da me il mio odore, o almeno una parte di esso, e tornare ad annusarlo dopo un certo periodo di disassuefazione, riuscirei a sentirlo — e quindi a sentirmi — perfettamente».

Posò a terra la coperta da cavallo e si tolse i vestiti, o per lo meno ciò che ancora era rimasto dei suoi vestiti, i brandelli, gli stracci. Non se li era tolti di dosso per sette anni. Dovevano essere impregnati del suo odore da cima a fondo. Li ammucchiò l’uno sull’altro davanti all’ingresso della caverna e si allontanò. Poi, per la prima volta dopo sette anni, risalì di nuovo sulla cima della montagna. Là si fermò di nuovo nello stesso punto in cui si era fermato un tempo al suo arrivo, volse il naso a ovest e lasciò fischiare il vento attorno al suo corpo nudo. Era sua intenzione esporsi tutto all’aria, impregnarsi totalmente nel vento dell’ovest — il che significava dell’odore del mare e delle praterie umide — in modo tale che esso prevalesse sull’odore del suo corpo e quindi potesse crearsi un dislivello olfattivo tra lui, Grenouille, e i suoi vestiti, che lui poi avrebbe potuto percepire chiaramente. E affinché al suo naso arrivasse la minima quantità possibile del suo odore, chinò in avanti la parte superiore del corpo, allungò il collo per quanto poteva nella direzione del vento e stese le braccia all’indietro. Aveva l’aspetto di un nuotatore che sta per buttarsi in acqua.

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