Patrick Süskind - Il profumo

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Jean-Baptiste Grenouille, nato il 17 luglio 1783 nel luogo più puzzolente di Francia, il Cimetière des Innocents di Parigi, rifiutato dalla madre fin dal momento della nascita, rifiutato dalle balie perché non ha l'odore che dovrebbero avere i neonati, anzi perché "non ha nessun odore", rifiutato dagli istituti religiosi, riesce a sopravvivere a dispetto di tutto e di tutti. E, crescendo, scopre di possedere un dono inestimabile: una prodigiosa capacità di percepire e distinguere gli odori. Forte di questa facoltà, di quest'unica qualità, Grenouille decide di diventare il più grande profumiere del mondo, e il lettore lo segue nel suo peregrinare tra botteghe odorose, apprendista stregone che supera in breve ogni maestro passando dalla popolosa e fetida Parigi a Grasse, città dei profumieri nell'ariosa Provenza. L'ambizione di Grenouille non è quella di arricchirsi, né ha sete di gloria; persegue, invece, un suo folle sogno: dominare il cuore degli uomini creando un profumo capace di ingenerare l'amore in chiunque lo fiuti, e pur di ottenerlo non si fermerà davanti a nulla.

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Quando all’orecchio del marchese de la Taillade-Espinasse giunse la notizia che a Pierrefort avevano trovato un individuo che aveva dimorato per sette anni in una caverna — quindi totalmente circondato dalla terra, elemento di putrefazione — egli non stette più nella pelle dall’entusiasmo, e ordinò subito che portassero Grenouille nel suo laboratorio, dove lo sottopose a un’analisi minuziosa. Trovò la sua teoria confermata con la massima evidenza: il «fluidum letale» aveva già colpito Grenouille al punto che il suo corpo di ventincinquenne manifestava chiaramente fenomeni di decadenza senile. Soltanto la circostanza — spiegò Taillade-Espinasse — che a Grenouille durante la sua prigionia avessero somministrato cibo proveniente da piante lontane dalla terra, probabilmente pane e frutta, gli aveva impedito di morire. Ora il precedente stato di salute si poteva ripristinare soltanto espellendo radicalmente il «fluidum» mediante un apparecchio di ventilazione ad aria vitale escogitato da lui, Taillade-Espinasse. Un simile apparecchio si trovava nel sottotetto del suo palazzo di città a Montpellier, e se Grenouille era pronto a mettersi a disposizione quale oggetto di dimostrazione scientifica, lui non soltanto l’avrebbe liberato dalla sua immediata infezione da gas naturale, ma gli avrebbe anche regalato una bella somma di denaro…

Due ore dopo erano seduti in carrozza. Sebbene le strade si trovassero in condizioni miserabili, percorsero le sessantaquattro miglia per arrivare a Montpellier in due giorni giusti, perché il marchese, nonostante l’età avanzata, non poté esimersi dal frustare di persona cocchiere e cavalli e dal dare una mano anche lui in molti casi di rottura di stanghe e molle: tanto era entusiasta della sua scoperta, tanto era desideroso di presentarla al più presto a un dotto pubblico. Grenouille invece non ebbe il permesso di lasciare la carrozza neppure una volta. Dovette restar seduto con i suoi stracci indosso, completamente avvolto in una coperta intrisa di terra umida e di argilla. Durante il viaggio ricevette per cibo radici crude. In tal modo il marchese sperava di conservare nella condizione ideale ancora per qualche tempo l’infezione da «fluidum» terrestre.

Giunto a Montpellier, fece subito trasportare Grenouille nella cantina del suo palazzo, spedì inviti a tutti i membri della facoltà di medicina, del circolo dei botanici, della scuola agraria, della federazione dei chemio-fisici, della loggia massonica e delle restanti associazioni di eruditi, che in città erano non meno di una dozzina. E qualche giorno dopo — esattamente una settimana dopo aver lasciato la solitudine della montagna — Grenouille si trovò su un podio nell’aula magna dell’Università di Montpellier, presentato a una moltitudine di centinaia di persone come l’avvenimento scientifico dell’anno.

Nella sua conferenza Taillade-Espinasse lo definì la prova vivente della giustezza della sua teoria sul «fluidum letale» proveniente dalla terra. Mentre a poco a poco gli strappava gli stracci dal corpo, illustrò l’effetto devastante esercitato dal gas di putrefazione sul corpo di Grenouille: qui si vedevano pustole e cicatrici, provocate dalla corrosione del gas; là sul petto un enorme carcinoma da gas di un rosso acceso; ovunque una disgregazione della pelle; e persino una chiara deformazione fluidale dello scheletro, che si manifestava visibilmente sotto forma di un piede varo e della gobba. Anche gli organi interni come milza, fegato, polmone, cistifellea e tratto digerente erano seriamente danneggiati, come aveva dimostrato senz’ombra di dubbio l’analisi di un campione delle feci, che ora si trovava in una ciotola ai piedi del dimostrante, accessibile a ognuno. Riassumendo, dunque, si poteva affermare che la paralisi delle energie vitali in base a un’infezione di sette anni provocata dal «fluidum letale Taillade» era già progredita al punto che il dimostrante — il cui aspetto esteriore del resto rivelava già notevoli tratti da talpa — si poteva definire un essere più votato alla morte che alla vita. Tuttavia il relatore s’impegnava a rimettere in sesto ntro otto giorni quell’individuo di per sé votato alla morte mediante una terapia di ventilazione combinata con una dieta essenziale, al punto che i sintomi di una guarigione totale sarebbero risultati evidenti a tutti, e invitava i presenti a convincersi entro una settimana del successo di questa prognosi, che quindi si doveva considerare senz’altro come una prova valida della giustezza della sua teoria sul «fluidum letale» proveniente dalla terra.

La conferenza ebbe un enorme successo. Il dotto pubblico applaudì con passione il relatore e quindi sfilò sul podio sul quale si trovava Grenouille. Con la trascuratezza che aveva conservato e con le sue vecchie cicatrici e deformazioni, in effetti Grenouille aveva un’aria così impressionante e terribile che ognuno lo ritenne semiputrefatto e irrimediabilmente perduto, sebbene lui stesso si sentisse del tutto sano e in forze. Alcuni dei signori lo picchiettarono con le dita alla maniera degli specialisti, gli presero le misure, gli guardarono in bocca e negli occhi. Altri gli rivolsero la parola, s’informarono della sua vita nella caverna e della sua condizione attuale. Ma lui si attenne rigidamente a una disposizione impartitagli in precedenza dal marchese e rispose a simili domande soltanto con un rantolo forzato, facendo nel contempo con tutte e due le mani gesti d’impotenza in direzione della propria laringe, per far capire in tal modo che anche quella era stata rosa dal «fluidum letale Taillade».

Alla fine della manifestazione Taillade-Espinasse lo infagottò di nuovo e lo trasportò a casa nel sottotetto del suo palazzo. Là, in presenza di alcuni dottori selezionati della facoltà di medicina, lo chiuse nell’apparecchio di ventilazione ad aria vitale, una gabbia costruita con tavole d’abete rosso a tenuta stagna, la quale, per mezzo di un camino posto in alto, molto distante dal tetto, veniva inondata d’aria d’alta quota, priva del gas letale, e quest’aria poteva poi fuoriuscire tramite una valvola a farfalla di cuoio applicata sul pavimento. L’impianto era tenuto in funzione da una squadra di domestici, che giorno e notte sorvegliavano i ventilatori del camino affinché non si fermassero. E mentre Grenouille in tal modo era circondato da una corrente d’aria purificante continua, dalla porticina di una camera di compensazione costruita a fianco con doppie pareti gli somministravano cibi dietetici di provenienza distante dalla terra: brodo di piccioni, pasticcio di allodole, ragù di anitre catturate in volo, frutta in conserva proveniente da alberi, pane fatto con tipi di grano dalla crescita particolarmente alta, vino dei Pirenei, latte di camoscio e crema di spuma d’uovo di polli allevati nella soffitta del palazzo.

Questa cura combinata di disinfezione rivitalizzazione durò cinque giorni. Poi il marchese ordinò di fermare i ventilatori e portò Grenouille in un lavatoio, dove lo immersero per parecchie ore in bagni d’acqua piovana tiepida e infine lo lavarono da capo a piedi con sapone d’olio di noci proveniente dalla città di Potosí, sulle Ande. Gli tagliarono le unghie delle mani e dei piedi, gli pulirono i denti con calcare delle Dolomiti ridotto in polvere, lo rasarono, gli tagliarono i capelli, li pettinarono, li misero in piega e li incipriarono. Furono chiamati un sarto e un calzolaio, e Grenouille ricevette una camicia di seta con jabot bianco e ruches bianche ai polsini, calze di seta, giacca, pantaloni, panciotto di velluto blu e scarpe eleganti con fibbia di cuoio nero, la destra delle quali nascondeva abilmente la deformità del piede. Unicamente con le proprie mani, il marchese cosparse con bianchetto di talco il viso pieno di cicatrici di Grenouille, gli applicò il carminio sulle labbra e sulle guance e diede alle sue sopracciglia una curva veramente nobile con l’aiuto di una matita morbida di carbone di tiglio. Poi lo spruzzò col suo profumo personale, un aroma alla violetta molto semplice, fece qualche passo indietro e per lungo tempo non riuscì a esprimere la propria gioia in parole.

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