AVETE VISTO QUESTA RAGAZZA?chiedeva.
«Ha detto ’omone’. Vuol dire grasso.»
«Omone vuole anche dire grand’uomo. Forte, gagliardo, robusto, valoroso, coraggioso, intrepido, prode, risoluto e deciso» disse mister Croup. «Gli crede?»
Ripresero a scendere le scale.
«Che mi venga un accidente» disse mister Vandemar. «Sentivo il suo odore.»
Richard attese accanto alla porta finché udì sbattere il portone del palazzo, parecchi piani più sotto. Stava percorrendo il corridoio diretto in bagno, quando il telefono squillò, facendolo sobbalzare.
Tornò indietro a tutta velocità e sollevò il ricevitore.
«Pronto?» disse. «Pronto?»
Dall’altra parte non proveniva alcun suono, poi si udì un click e la voce di Jessica che usciva dalla segreteria telefonica posta sul tavolino accanto all’apparecchio. E diceva: «Richard? Sono Jessica. Mi dispiace che tu non sia a casa, perché questa sarà la nostra ultima conversazione e avrei tanto voluto dirtelo in faccia.»
Si rese conto che il telefono era completamente muto. Dal ricevitore spenzolava una trentina di centimetri di filo, che era poi stato tagliato di netto. Si mise a gridarci dentro comunque, urlando cose come «Jessica!» e «Sono qui!» e «Ti prego non riagganciare!»
«La notte scorsa mi hai messo davvero in grande imbarazzo, Richard» continuò la voce. «Per quanto mi riguarda il nostro fidanzamento è rotto. Non ho alcuna intenzione di restituirti l’anello, e neppure di rivederti mai più. Mi auguro che tu e la tua paperella zoppa bruciate all’inferno. Addio.»
«Jessica!» strillò più forte Richard, sperando forse di riuscire a introdursi nella rete delle telecomunicazioni grazie all’aumento di volume.
La cassetta smise di girare, ci fu un ulteriore clic, e una lucina rossa cominciò a lampeggiare.
«Brutte notizie?» chiese la ragazza.
Se ne stava in piedi proprio dietro di lui, nella piccola zona cucina, con il braccio accuratamente bendato. Stava togliendo dalla scatola delle bustine di tè, per metterle in due tazze. La teiera bolliva.
«Si» rispose Richard. «Molto brutte.» Si diresse verso di lei e le mostrò il volantino dell’ AVETE VISTO QUESTA RAGAZZA?«Sei tu, vero?»
Aggrottò le sopracciglia. «La fotografia è mia.»
«E tu sei… Porzia?»
Scosse il capo. «Sono Porta, Richardrichardmayhewdick. Latte e zucchero?»
A quel punto Richard si sentiva in acque davvero troppo profonde per le sue possibilità e disse, «Richard. Solo Richard. Niente zucchero.» Poi aggiunse, «Senti, se non è una domanda troppo personale, puoi dirmi cosa ti è successo?»
Porta versò l’acqua bollente nelle tazze. «È meglio che tu non lo sappia» rispose semplicemente.
«Oh, be’, scusa se…»
«No, Richard. Davvero. È meglio che tu non lo sappia. Non ti servirebbe a niente. Hai già fatto più di quanto dovevi.»
Tolse le bustine di tè e gli allungò una tazza. Nel prenderla in mano si accorse di essersi portato appresso il ricevitore del telefono.
«Be’, insomma, non potevo certo lasciarti là.»
«Avresti potuto» disse lei «ma non l’hai fatto.»
Si appiatti contro il muro per sbirciare dalla finestra. Richard si alzò e la raggiunse, mettendosi anche lui a guardare fuori. Sull’altro lato della strada mister Croup e mister Vandemar si stavano allontanando dall’edicola, e la scritta AVETE VISTO QUESTA RAGAZZA?risaltava in primo piano in vetrina.
«Sono davvero tuoi fratelli?» chiese.
«Per favore» disse Porta, per nulla impressionata. «Dammi un attimo di tregua.»
Lui prese a sorseggiare il té, fingendo che fosse tutto normale.
«E allora dove sei stata?» chiese. «Fino a ora?»
«Ero qui» rispose. «Senti, con quei due ancora in giro dobbiamo far avere un messaggio a…» Esitò. «A qualcuno che ci può aiutare. Non oso uscire di qui.»
«Bene, non hai un posto dove andare? Qualcuno a cui telefonare?»
Gli tolse di mano il ricevitore muto, filo penzoloni, e scosse la testa. «I miei amici non si contattano per telefono» disse. Riagganciò il ricevitore sul telefono, dove rimase, solo e inutile.
All’improvviso sorrise con aria maliziosa. «Briciole di pane!» disse.
«Come, scusa?» chiese Richard.
Apri la finestrella sul retro della camera da letto che dava su uno spicchio di tegole e grondaie e sparse all’intorno le briciole. Per raggiungere la finestra era necessario mettersi in piedi sul letto di Richard.
«Ma non capisco» disse Richard.
«Certo che non capisci» convenne Porta. «Zitto, adesso.»
Un battere d’ali ed ecco la lucentezza cangiante rosso-grigioverde di un piccione. Si mise a beccare le briciole e Porta allungò la mano per afferrarlo. La osservò incuriosito, ma senza lamentarsi.
Si sedettero sul letto. Porta diede il piccione in mano a Richard, mentre lei gli legava un messaggio alla zampa utilizzando un elastico blu acceso che in precedenza era servito a tenere unite le bollette dell’energia elettrica.
Richard non era un reggi-piccioni particolarmente entusiasta.
«Non ne vedo la ragione» spiegò. «Voglio dire, non è un piccione viaggiatore. È solo un normalissimo piccione di Londra. Di quelli che cacano sulla statua di Lord Nelson.»
«Ecco fatto» disse Porta. Aveva le guance piene di escoriazioni e i capelli spettinati; spettinati, ma non arruffati. Gli tolse di mano il piccione e lo sollevò delicatamente, portandoselo all’altezza del viso. Lui inclinò la testa da un lato e ricambiò lo sguardo.
«D’accordo» disse, poi emise un suono che pareva il liquido gorgoglio tipico del linguaggio dei piccioni, «d’accordo Crrupll, vai a cercare il Marchese de Carabas. Hai capito?»
Il piccione le rispose con un altrettanto liquido gorgogliare.
«Bravo ragazzo! Ora ascolta, è molto importante, quindi faresti meglio a…»
Il piccione la interruppe con un borbottio di impazienza. «Scusa» disse Porta. «Certo che sai quello che fai.»
Portò il volatile alla finestra e lo lasciò andare.
Richard aveva osservato il tutto con un certo stupore. «Sai, pareva quasi che ti capisse» commentò mentre l’uccello rimpiccioliva nel cielo e spariva dietro a qualche tetto.
«Ma guarda» disse Porta. «E adesso aspettiamo.»
Si diresse alla libreria posta in un angolo della stanza da letto, trovò una copia di Mansfìeld Park che Richard non aveva mai saputo di possedere, e andò in salotto.
Richard la segui. Lei prese posto sul divano e apri il libro.
«Allora è un vezzeggiativo di Porzia?» chiese.
«Cosa?»
«Il tuo nome.»
«No.»
«Come si scrive?»
«P-o-r-t-a. Come quelle attraverso cui puoi passare.»
«Oh.» Doveva dire qualcosa, perciò aggiunse: «E che razza di nome è Porta?»
Lei lo guardò con i suoi occhi dallo strano colore e rispose, «E il mio nome.» Dopo di che tornò a Jane Austen.
Richard prese il telecomando e accese il televisore. Poi cambiò canale. Cambiò ancora. Sospirò, e cambiò di nuovo.
«Allora, cosa stiamo aspettando?»
Porta voltò pagina, senza alzare lo sguardo. «Una risposta.»
«Che tipo di risposta?»
Si strinse nelle spalle.
«Oh, non importa.»
In quel momento gli venne in mente che la ragazza aveva una pelle bianchissima, ora che si era ripulita di buona parte dello sporco e del sangue. Si chiese se il pallore fosse determinato da una malattia o dalla perdita di sangue. O se semplicemente non passasse molto tempo all’aria aperta. Forse è stata in prigione. Anche se sembrava un po’ troppo giovane per quello. Forse l’omaccione aveva detto la verità affermando che era pazza…
«Senti, quando sono arrivati quegli uomini…»
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