Nel discendere, vide Mirri Maz Duur che la stava guardando. «Tu sei folle» disse la sacerdotessa con voce rauca.
«Quanto è tenue la linea di divisione tra follia e saggezza? Ser Jorah, prendi questa maegi e legala alla pira.»
«Alla… Mia regina, no, ascolta…»
«Fa’ come dico.» Il cavaliere continuò a esitare. «Hai giurato, ser Jorah.» Daenerys lasciò balenare una fiammata d’ira. «Qualsiasi destino ci attenda, ricordi? Rakharo, aiutalo.»
La maegi non emise un solo grido mentre veniva trascinata alla pila funeraria di khal Drogo e legata in mezzo ai suoi tesori. «Hai i miei ringraziamenti, Mirri Maz Duur.» Con le sue mani, Daenerys le versò olio in testa. «Per le lezioni che mi hai impartito.»
«Non mi sentirai urlare» rispose la donna mentre il liquido denso le colava sulla faccia e sui capelli, le inzuppava gli abiti.
«Non m’interessano le tue urla, m’interessa la tua vita. Ricordo molto bene ciò che mi hai detto: solo la morte può pagare per la vita.» Mirri Maz Duur aprì la bocca per risponderle, ma non disse niente. Nel discendere dalla pira funeraria, Dany vide che dai piatti occhi neri della maegi il disprezzo era svanito e al suo posto c’era qualcosa che avrebbe potuto definirsi paura. A quel punto, c’era solo da attendere che il sole tramontasse e che la prima stella brillasse nel cielo.
Alla morte di un signore delle pianure, anche il suo cavallo è messo a morte, in modo che egli possa cavalcare con orgoglio fino alle regioni della notte. I corpi vengono bruciati al cospetto del grande cielo e il khal s’innalza sul suo destriero di fuoco, prendendo posto tra le stelle. Quanto più fiammeggiante è stata la sua vita su questa terra, tanto più vivida brillerà la sua stella nelle tenebre.
Fu Jhogo il primo a vedere. «Là!» sussurrò.
Anche Daenerys la vide, bassa sull’orizzonte orientale. La prima stella era una cometa, di colore rosso fiamma. Rossa come il sangue, rossa come il fuoco: la coda del drago. Dany non avrebbe potuto invocare un segno più potente.
Prese la torcia dalla mano di Aggo e l’affondò tra i ceppi. Subito l’olio avvampò, facendo dilagare la fiamma agli sterpi, all’erba secca. Il fuoco diede la scalata al legno simile a una torma di guizzanti topolini rossi, scivolando su altro olio, saltando dalla corteccia alle foglie, al legno. Il calore crescente le arrivò sul volto, morbido e improvviso come il respiro di un amante, ma in pochi attimi fu troppo violento da sopportare. E Daenerys indietreggiò. Il legno si spaccò, crepitò. Mirri Maz Duur cominciò a cantare, un trillo acuto, modulato. Le fiamme si contorsero, si avvilupparono, gareggiarono per raggiungere la piattaforma. Nel calore divorante, il crepuscolo stesso parve contorcersi, l’aria parve liquefarsi. Dany udì i ceppi sputare e spezzarsi. Il fuoco avvampò su Mirri Maz Duur. Il suo canto divenne più acuto, più penetrante… e poi la sacerdotessa gemette e gemette e gemette e la sua invocazione fu un sussultante lamento, esile, alto, gonfio di terribile agonia.
Quindi il fuoco avvolse il suo Drogo, si gonfiò tutt’attorno a lui. I suoi abiti s’incendiarono e per un momento il khal fu avviluppato da vive sete arancioni e da tentacoli di fumo, grigi e densi. Le labbra di Daenerys si dischiusero, trattenne il fiato. Una parte di lei avrebbe voluto fare ciò che ser Jorah Mormont temeva: lanciarsi nella fiamma, gettarsi su di lui, implorarne il perdono, prenderlo dentro di sé finché la fiamma non li avesse consumati entrambi, la loro carne, le ossa fusi assieme per l’eternità.
Percepì l’odore acre della carne bruciata, non molto diverso da quello della carne di cavallo messa ad arrostire sui bracieri. Nelle tenebre che avanzavano, la pira funeraria ruggiva simile a una belva mostruosa. Il ruggito coprì gli ultimi lamenti di Mirri Maz Duur, mandò lunghe lingue di fiamma nel ventre stesso della notte.
Il fumo che diventava sempre più denso costrinse i Dothraki ad arretrare, tossendo. Immani tendaggi di fiamma si gonfiarono sulla pianura, simili a vessilli investiti da venti demoniaci. I ceppi continuavano ad andare in pezzi, a sibilare. Turbini di braci infuocate si levavano nel buio, come nugoli di minuscole lucciole. Lo spaventoso calore lacerava l’aria con ali incandescenti, spingendo i Dothraki ancora più lontano, costringendo alla ritirata perfino ser Jorah Mormont.
Daenerys non si mosse. Lei era il sangue del drago. La fiamma era parte di lei.
Aveva compreso quella verità da molto tempo, pensò avanzando di un passo verso il ruggente braciere. Le fiamme danzarono di fronte a lei come le donne dothraki avevano danzato al suo matrimonio, roteando, cantando, facendo vorticare i veli gialli, arancio, porpora, terribili per chi cercasse di afferrarle, e al tempo stesso splendide, pulsanti di vita. Dany aprì le braccia a quelle fiamme, la sua pelle pareva scintillare. “Anche questo è un matrimonio” pensò. Mirri Maz Duur ora taceva. La sacerdotessa l’aveva ritenuta una bambina, ma i bambini crescono, i bambini imparano.
Un altro passo avanti. Attraverso le suole dei sandali, Dany poteva sentire il calore che emanava dalla sabbia. Il sudore le colò lungo le cosce, tra i seni, sulle guance, dove tante lacrime erano cadute. Alle sue spalle, ser Jorah stava gridando, ma in quel momento ser Jorah non contava, in quel momento contavano solo le fiamme.
Erano la cosa più magnifica, più prodigiosa che avesse mai visto. Ognuna di esse era un diverso stregone, vestito di giallo, di arancio, di scarlatto, che allargava un lungo mantello di fumo. Dany vide purpurei leoni di fuoco, grandi serpenti gialli, unicorni di pallida fiamma blu. Vide pesci e volpi e mostri. Vide lupi e luminosi uccelli, e alberi coperti di fiori, uno più splendido dell’altro. E infine, circondato dal fumo, vide un grande stallone grigio, la criniera un nembo di fuoco azzurro. “Sì, mio amore, mio sole-e-stelle. Va’! Cavalca!”
Il gilè che indossava stava fumando. Se lo strappò di dosso e lo lasciò cadere a terra. Il cuoio dipinto avvampò d’improvviso e lei si avvicinò ancora di più al fulcro del fuoco, i seni nudi esposti alla fiamma, caldo latte che sgorgava dai turgidi capezzoli rossi.
“Adesso” pensò. “Adesso! “ Per un attimo vide khal Drogo in sella allo stallone di fumo, una frusta infuocata in pugno. Khal Drogo le sorrise e la frusta sibilò schioccando contro la pira.
Udì il rumore di pietra che si spezza. La piattaforma di legno, erba e sterpi cominciò a crollare su se stessa. Frammenti di legno incendiato le arrivarono addosso e Daenerys si ritrovò sotto una grandine di braci, di ceneri. Anche qualcos’altro volò e rimbalzò sulla terra rovente, rotolò e andò ad arrestarsi ai suoi piedi. Un pezzo di roccia ricurva, pallida, venata di sfumature dorate, spezzata e fumante. Il ruggito delle fiamme riempì il mondo. Eppure, in quel ruggito, Dany udì donne che urlavano, bambini che gridavano per la meraviglia.
“Solo la morte può pagare per la vita.”
Per la seconda volta, udì rumore di pietra che si spezza, più alto e rombante di un tuono. La pira s’inclinò, fumo e ceneri avvolsero Daenerys, i ceppi esplosero quando la fiamma arrivò a toccare il loro cuore nascosto. Udì i nitriti di cavalli spaventati. Udì le voci dei Dothraki, piene di paura, di terrore. Udì ser Jorah imprecare, chiamare il suo nome.
“Non temere per me, mio valoroso cavaliere” avrebbe voluto dirgli. “Il fuoco mi appartiene. Io sono Daenerys Targaryen, Nata dalla tempesta. Io sono Daenerys Targaryen, figlia di draghi, sorella di draghi. E madre di draghi! Non vedi? Non vedi?”
In una torre di fiamma che si proiettò fino a trenta piedi d’altezza nel cielo nero, la pira andò in pezzi e le rovinò attorno. Daenerys avanzò nel cuore pulsante della tempesta di fuoco. E chiamò i suoi figli. Per la terza volta ci fu il rumore di pietra che si spezza, e fu un rumore così sonoro e secco che l’intero universo parve spezzarsi in due.
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