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J. Rowling: Harry Potter e il prigioniero di Azkaban

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J. Rowling Harry Potter e il prigioniero di Azkaban
  • Название:
    Harry Potter e il prigioniero di Azkaban
  • Автор:
  • Издательство:
    Salani
  • Жанр:
  • Год:
    2000
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    978-88-7782-852-1
  • Рейтинг книги:
    4 / 5
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Harry Potter e il prigioniero di Azkaban: краткое содержание, описание и аннотация

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In questa nuova, attesissima avventura il piccolo grande apprendista mago Harry Potter deve vedersela con l’assassino pluriomicida Sirius Black, evaso dalla fortezza di Azkaban proprio per ucciderlo e con i Dissennatori, guardie carcerarie che neutralizzano le persone risucchiandone i pensieri positivi e impadronendosi dell’anima… Ma Harry Potter non soccombe alla paura, perché questa è la morale vincente che trasmette ai lettori. Tra mappe segrete, zie volanti e libri che mordono, farà trionfare il Bene. Che soddisfazione!
Vincitore del premio Locus in 2000.
Nominato per il premio Hugo in 2000.

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«Black è armato ed estremamente pericoloso. È stata attivata una linea telefonica speciale, e chiunque lo avvisti è pregato di comunicarlo immediatamente alle autorità».

«È chiaro che è un delinquente» bofonchiò zio Vernon fissando l’ex prigioniero da sopra il giornale. «Guardatelo un po’, guardate com’è sporco! E i capelli, poi!»

Scoccò un malevolo sguardo obliquo a Harry, la cui chioma ribelle lo aveva sempre molto infastidito. Ma in confronto all’uomo sullo schermo, il volto magro incorniciato da un groviglio sporco che gli arrivava alle spalle, Harry si sentì molto ordinato.

Ricomparve il mezzobusto.

«Il Ministero dell’Agricoltura e della Pesca annuncerà oggi…»

«Ehi!» abbaiò zio Vernon, fissando furente il giornalista. «Non ci hai detto da dove è fuggito quel maniaco! Che razza di modo è? Quel pazzo potrebbe spuntare qui intorno da un momento all’altro!»

Zia Petunia, una donna ossuta con la faccia cavallina, si alzò di scatto e gettò un’occhiata fuori dalla finestra della cucina. Harry sapeva che zia Petunia sarebbe stata felicissima di poter chiamare il numero speciale. Era la donna più ficcanaso del mondo e passava gran parte del suo tempo a spiare i vicini, anche se erano noiosi e rispettosi della legge.

«Quando impareranno che la pena di morte è il solo modo di trattare con gente del genere?» disse zio Vernon picchiando il grosso pugno violaceo sul tavolo.

«Verissimo» disse zia Petunia, ancora intenta a sbirciare tra i rampicanti del vicino.

Zio Vernon finì il suo tè, guardò l’orologio e disse: «Esco tra un minuto, Petunia, il treno di Marge arriva alle dieci».

Harry, i cui pensieri erano tutti per il suo Kit di Manutenzione per Manici di Scopa, ripiombò bruscamente nella realtà.

«Zia Marge?» esclamò. «N-non è che sta venendo qui, vero?»

Zia Marge era la sorella di zio Vernon. Anche se per lui era solo una parente acquisita (la madre di Harry era la sorella di zia Petunia), era costretto a chiamarla zia. Zia Marge viveva in campagna, in una casa con un grande giardino, e allevava bulldog. Non veniva spesso a Privet Drive, perché non riusciva a separarsi dai suoi amatissimi cani, ma tutte le sue visite erano vividamente, orribilmente impresse nella memoria di Harry.

Per il quinto compleanno di Dudley, zia Marge aveva picchiato Harry sugli stinchi con il bastone da passeggio perché la smettesse di battere Dudley al gioco dei mimi. Qualche anno dopo, a Natale, era arrivata con un aereo telecomandato per Dudley e una scatola di biscotti per cani per Harry. Durante la sua ultima visita, Harry aveva calpestato per errore la coda del suo cane preferito, Squarta, che l’aveva rincorso per tutto il giardino, finché il ragazzo non aveva trovato riparo su un albero. Zia Marge aveva richiamato il cane solo a mezzanotte passata; l’episodio faceva ancora ridere Dudley fino alle lacrime.

«Marge rimarrà da noi per una settimana» sibilò zio Vernon, «e visto che siamo in argomento, sarà il caso di chiarire qualche cosetta prima che io vada a prenderla» aggiunse, puntando un grasso dito minaccioso verso Harry.

Dudley fece un sorrisetto e distolse lo sguardo dallo schermo. Guardare il padre che strapazzava Harry era il suo divertimento preferito.

«Prima di tutto» ringhiò zio Vernon, «tieni a posto la lingua quando parli con Marge».

«Lo farò» ribatté Harry aspramente, «se lei lo fa con me».

«Secondo» disse zio Vernon, fingendo di non aver sentito, «dal momento che Marge non sa nulla della tua anormalità, non voglio che succedano cose… cose strane mentre lei è qui. Comportati bene, capito?»

«Sì, se lo fa lei» disse Harry a denti stretti.

«Terzo» riprese zio Vernon, gli occhietti malvagi ridotti a fessure nel faccione violaceo, «abbiamo detto a Marge che frequenti il Centro di Massima Sicurezza San Bruto per Giovani Criminali Irrecuperabili».

« Che cosa? » esclamò Harry.

«E sarà meglio che tu glielo lasci credere, ragazzo, o saranno guai» ribatté zio Vernon.

Harry rimase seduto, pallido e furibondo, guardando zio Vernon con aria incredula. Zia Marge ospite per una settimana: era il peggior regalo di compleanno che i Dursley gli avessero mai fatto, peggio anche dei vecchi calzini di zio Vernon.

«Bene, Petunia» disse zio Vernon alzandosi goffamente, «vado alla stazione. Vuoi venire anche tu, Dudders?»

«No» rispose Dudley. Ora che suo padre aveva smesso di minacciare Harry, era tornato a guardare la televisione.

«Diddy adesso si fa bello per la zietta» disse zia Petunia accarezzando i folti capelli biondi di Dudley. «La mamma gli ha comprato un bel cravattino nuovo nuovo».

Zio Vernon diede una pacca sulla spalla porcina di Dudley.

«Ci vediamo fra poco, allora» disse, e uscì.

Harry, che era rimasto immobile come impietrito dall’orrore, all’improvviso ebbe un’idea. Lasciò perdere il pane tostato, scattò in piedi e seguì zio Vernon nell’ingresso.

Zio Vernon s’infilò il giaccone.

«Non ho intenzione di portare te » ringhiò.

«Non ho intenzione di venire» rispose Harry gelido. «Volevo chiederti una cosa».

Zio Vernon lo squadrò con sospetto.

«I ragazzi del terzo anno a Hog… voglio dire alla mia scuola, hanno il permesso di visitare il villaggio» disse Harry.

«E allora?» scattò zio Vernon prendendo le chiavi dell’auto da un gancio vicino alla porta.

«Devi firmare il permesso» disse Harry in fretta.

«E perché dovrei?» chiese zio Vernon beffardo.

«Be’» spiegò Harry scegliendo con cura le parole, «non sarà facile per me far finta con zia Marge di frequentare quel Centro Nonsoche…»

«Centro di Massima Sicurezza San Bruto per Giovani Criminali Irrecuperabili!» muggì zio Vernon, e Harry fu lieto di cogliere un’evidente nota di panico nella sua voce.

«Esatto» disse Harry, fissando tranquillamente il faccione paonazzo di zio Vernon. «È lungo da ricordare. E dovrò sembrare credibile, vero? E se per sbaglio mi lascio scappare qualcosa?»

« Ti spezzo le ossa una per una, capito? » ruggì zio Vernon avanzando verso Harry con il pugno alzato. Ma Harry rimase immobile.

«Spezzarmi le ossa non farebbe dimenticare a zia Marge quello che le potrei dire» ribatté ironico.

Zio Vernon si fermò, col pugno ancora alzato, grigiastro in volto.

«Ma se mi firmi il permesso» riprese Harry in fretta, «giuro che mi ricorderò il nome della scuola che hai detto, e mi comporterò come un Bab… come uno normale».

Harry capì che zio Vernon stava riflettendo, anche se aveva i denti scoperti e una vena che gli pulsava alla tempia.

«Va bene!» esclamò alla fine zio Vernon. «Starò molto attento a come ti comporti durante la visita di Marge. E se alla fine avrai rigato dritto, ti firmerò quel maledetto permesso».

Girò sui tacchi, aprì la porta e la sbatté così forte che uno dei pannelli di vetro cadde fragorosamente.

Harry non tornò in cucina. Invece andò di sopra, nella sua camera. Se doveva comportarsi come un vero Babbano, era meglio cominciare subito. Lentamente, malinconicamente, raccolse i regali e i biglietti di auguri e li nascose sotto il letto insieme ai compiti. Poi andò alla gabbia di Edvige. Errol si era ripreso; lui ed Edvige erano addormentati, il capo sotto l’ala. Harry sospirò, poi li svegliò.

«Edvige» disse in tono sconsolato, «devi sparire per una settimana. Vai con Errol, Ron si prenderà cura di te. Gli scriverò un biglietto per spiegargli. E non guardarmi cosi» — gli occhi ambrati di Edvige erano colmi di rimprovero — «non è colpa mia. E l’unico modo per avere il permesso di andare a Hogsmeade con Ron e Hermione».

Dieci minuti dopo, Errol ed Edvige (che aveva un messaggio per Ron legato a una zampa) volarono fuori dalla finestra e sparirono. Harry, decisamente triste, ripose la gabbia vuota nell’armadio.

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