E schizzò via, lasciando Harry e Hermione soli.
Per qualche motivo, Harry scoprì di non aver voglia di guardare Hermione. Si voltò verso il suo letto, raccolse la pila di abiti puliti che la signora Weasley vi aveva posato e attraversò la stanza diretto al suo baule.
«Harry» fece Hermione incerta.
«Complimenti, Hermione» disse Harry, con una voce così affabile che non suonò affatto come la sua, e aggiunse, sempre senza guardarla: «Brava. Prefetto. Grandioso».
«Grazie» disse Hermione. «Ehm… Harry… mi presti Edvige, così lo dico alla mamma e a papà? Saranno contenti… insomma, prefetto è una cosa che possono capire».
«Sì, non c’è problema» disse Harry, sempre con lo stesso orrendo tono cordiale che non gli apparteneva. «Prendila pure!»
Si chinò sul baule, posò i vestiti sul fondo e finse di cercare qualcosa mentre Hermione andava all’armadio e chiamava Edvige. Passarono alcuni istanti; Harry udì la porta chiudersi ma rimase piegato, in ascolto; gli unici rumori venivano dal quadro vuoto sulla parete, che ridacchiava di nuovo, e dal cestino della carta straccia nell’angolo, che tossiva soffocato dalle cacche di civetta.
Si rialzò e si guardò alle spalle. Hermione era uscita, Edvige era sparita. Tornò a passi lenti al suo letto e vi sprofondò, guardando la base dell’armadio senza vederla.
Si era completamente dimenticato che i prefetti vengono scelti al quinto anno. Era troppo afflitto dalla possibilità di essere espulso per dedicare un solo pensiero al fatto che le spille dovevano essere in viaggio. Ma se l’avesse ricordato… se ci avesse pensato… che cosa si sarebbe aspettato?
Non questo, disse una vocina sincera dentro la sua testa.
Harry contrasse il volto e lo seppellì fra le mani. Non poteva mentire a se stesso: se avesse saputo che la spilla stava per arrivare, si sarebbe aspettato che toccasse a lui, non a Ron. Era un arrogante come Draco Malfoy? Si credeva superiore a chiunque altro? Era proprio convinto di essere migliore di Ron?
No, disse la vocina in tono di sfida.
Davvero? si chiese Harry, sondando preoccupato i propri sentimenti.
Io sono più bravo a Quidditch, disse la voce. Ma non sono più bravo in nient’altro.
Era la verità, pensò Harry; non era migliore di Ron a scuola. Ma fuori dalle aule? E quelle avventure che lui, Ron e Hermione avevano vissuto da quando avevano cominciato a frequentare Hogwarts, rischiando spesso molto più che l’espulsione?
Be’, Ron e Hermione erano quasi sempre con me, disse la voce dentro la testa di Harry.
Non sempre, però, Harry ribatté a se stesso. Non hanno lottato contro Raptor. Non hanno sfidato Riddle e il Basilisco. Non si sono sbarazzati di tutti quei Dissennatori la notte della fuga di Sirius. Non erano nel cimitero con me, quando Voldemort è tornato…
E la stessa sensazione di ingiustizia che l’aveva sopraffatto la notte del suo arrivo si destò di nuovo. Ho decisamente fatto di più, pensò Harry indignato. Ho fatto più di tutti e due!
Ma forse, disse la vocina con onestà, forse Silente non sceglie i prefetti perché si sono ficcati in un mucchio di situazioni pericolose… forse li sceglie per altre ragioni… Ron deve avere qualcosa che tu non hai…
Harry aprì gli occhi e sbirciò tra le dita le zampe artigliate dell’armadio, ricordando le parole di Fred: “Nessuno col cervello a posto sceglierebbe Ron come prefetto…”
Harry scoppiò a ridere. Un attimo dopo si sentì disgustato di se stesso.
Ron non aveva chiesto a Silente di dargli la spilla da prefetto. Non era colpa sua. Lui, Harry, il migliore amico di Ron, gli avrebbe tenuto il broncio perché lui non aveva una spilla, avrebbe riso con i gemelli alle sue spalle, gli avrebbe sciupato questa gioia quando per la prima volta aveva battuto Harry in qualcosa?
A quel punto Harry udì i passi di Ron sulle scale. Si alzò, si raddrizzò gli occhiali e si stampò un sorriso sulla faccia mentre il suo amico entrava saltando tutto allegro.
«L’ho raggiunta appena in tempo!» annunciò. «Dice che se può compra la Tornado».
«Forte» disse Harry, e fu sollevato nel sentire che la sua voce aveva smesso di suonare cordiale. «Senti… Ron… complimenti, bel colpo!»
Il sorriso svanì dal volto di Ron.
«Non ho mai pensato che capitasse a me!» ammise, scuotendo il capo. «Credevo che saresti stato tu!»
«No, io mi sono cacciato in troppi guai» rispose Harry, ripetendo le parole di Fred.
«Sì» disse Ron. «Già, forse… be’, è meglio che riempiamo i bauli, no?»
Era strano vedere a che raggio di distanza le loro cose si erano sparpagliate dal loro arrivo. Impiegarono gran parte del pomeriggio a recuperare libri e oggetti da tutta la casa e riporli di nuovo nei bauli di scuola. Harry notò che Ron continuava a spostare la spilla da prefetto: prima la mise sul comodino, poi la infilò nella tasca dei jeans, poi la prese e la posò sui vestiti piegati, come per vedere l’effetto del rosso contro il nero. Solo quando Fred e George entrarono e si offrirono di appiccicargliela alla fronte con un Incantesimo di Adesione Permanente, la avvolse con tenerezza nei suoi calzini marroni e la chiuse nel baule.
La signora Weasley tornò da Diagon Alley verso le sei, carica di libri, con un lungo pacco avvolto in carta spessa che Ron le tolse di mano con un gemito di desiderio.
«Non è il momento di aprirla, adesso, sta arrivando gente a cena, vi voglio tutti di sotto» disse la signora Weasley, ma non appena fu sparita Ron strappò la carta con frenesia e studiò ogni centimetro della sua nuova scopa con espressione estatica.
Giù nel seminterrato, sopra la tavola ingombra di piatti la signora Weasley aveva appeso uno striscione scarlatto:
CONGRATULAZIONI
RON E HERMIONE
NUOVI PREFETTI
Harry non l’aveva vista così di buonumore in tutte le vacanze.
«Ho pensato di organizzare una festicciola, non una cena seduta» disse. «Tuo padre e Bill stanno arrivando, Ron. Ho mandato un gufo a tutti e due e sono eccitatissimi » aggiunse, con un gran sorriso.
Fred alzò gli occhi al cielo.
Sirius, Lupin, Tonks e Kingsley Shacklebolt erano già arrivati e Malocchio Moody fece il suo ingresso zoppicando poco dopo che Harry si fu servito una Burrobirra.
«Oh, Alastor, sono felice che tu sia qui» disse la signora Weasley allegra, mentre Malocchio si liberava del mantello da viaggio. «È un secolo che volevamo invitarti… potresti dare un’occhiata allo scrittoio nel salotto e dirci che cosa c’è dentro? Non abbiamo voluto aprirlo nel caso che sia qualcosa di veramente pericoloso».
«Non c’è problema, Molly…»
L’occhio blu elettrico di Moody ruotò verso l’alto e si fermò sul soffitto della cucina.
«Il salotto…» ringhiò, mentre la pupilla si contraeva. «Lo scrittoio nell’angolo? Sì, lo vedo… sì, è un Molliccio… vuoi che vada su a toglierlo di mezzo?»
«No, no, lo farò io più tardi» rispose la signora Weasley raggiante, «tu serviti da bere. Stiamo festeggiando…» Indicò lo striscione scarlatto. «Il quarto prefetto in famiglia!» disse con affetto, scompigliando i capelli di Ron.
«Prefetto, eh?» ringhiò Moody, con l’occhio normale puntato su Ron e quello magico che scrutava l’interno della testa. Harry ebbe la sgradevole sensazione che stesse guardando lui e si spostò verso Sirius e Lupin.
«Be’, congratulazioni» disse Moody, continuando a osservare Ron con l’occhio normale, «le posizioni di autorità attirano sempre guai, ma immagino che Silente sia convinto che tu possa resistere agli incantesimi principali altrimenti non ti avrebbe scelto…»
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