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Jack Vance: Rhialto il meraviglioso

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Jack Vance Rhialto il meraviglioso
  • Название:
    Rhialto il meraviglioso
  • Автор:
  • Издательство:
    Fanucci
  • Жанр:
  • Год:
    1986
  • Город:
    Roma
  • Язык:
    Итальянский
  • Рейтинг книги:
    3 / 5
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«Giungemmo all’orlo dell’universo, e scendemmo su un mondo tristissimo, un luogo spaventoso. Lì attendemmo in una regione popolata da involucri di stelle bruciate, alcuni ancora caldi, altri freddi, altri ancora ridotti in cenere come il mondo su cui stavamo… forse anche quello era una stella morta. Di tanto in tanto scorgevamo i cadaveri di stelle nane, sfere scintillanti di sostanza così pesante che un granello pesa di più di una montagna terrestre. Vidi oggetti del diametro non superiore a dieci miglia, che contenevano la materia d’un sole enorme come Kerkaju. Entro quelle stelle morte, mi dissero gli archveult, si trovavano le pietre IOUN. E come si potevano ottenere? chiesi io. Dovevamo scavare una galleria in quella superficie splendente? Gli archveult risero beffardamente della mia ignoranza; io li rimproverai con asprezza, e subito tacquero. Il portavoce era Xexamedes. Da lui appresi che nessun potere noto agli uomini o ai maghi poteva deturpare una materia tanto densa. Dovevamo attendere.

«Il “Nulla” incombeva in distanza. Spesso gli involucri derelitti ci passavano vicini, nelle loro orbite. Gli archveult vigilavano attentamente, indicavano e calcolavano; si agitavano e cavillavano; alla fine, una delle sfere splendenti urtò contro il “Nulla”, e perse metà di se stessa. Quando schizzò via, gli archveult portarono il loro veicolo a posarsi sulla superficie piatta. Poi si avventurarono tutti all’esterno, con estrema precauzione; non protetto contro la gravità, su quella superficie un uomo diventava istantaneamente un contorno schiacciato. Ci muovemmo su slittotavole immuni alla gravità.

«Che spettacolo meraviglioso!! Il “Nulla” aveva prodotto una levigatezza impeccabile; quella pianura specchiante si estendeva per quindici miglia, deturpata soltanto al centro da un certo numero di crateri nerissimi. La si trovavano le pietre IOUN, in nidi di polvere scura.

«Procurarsi le pietre non è cosa di poco conto. La polvere nera, come le slittotavole, resiste alla gravità. Non è pericoloso scendere su quella polvere, ma è necessario prendere una nuova precauzione. Mentre la polvere nega la sostanza sottostante, altri oggetti celesti risucchiano, perciò è necessario ancorarsi. Gli archveult piantano piccoli ganci nella polvere, e si legano con una corda: anch’io feci lo stesso. La polvere viene sondata con uno strumento speciale… un compito tedioso! La polvere è così compatta! Tuttavia, mi misi al lavoro con. grande energia, ed a suo tempo mi conquistai la mia prima pietra IOUN. La levai in alto, esultante. Ma dov’erano gli archveult? Poco prima si aggiravano in cerchio intorno a me: ma erano ritornati al veicolo! Cercai la mia slittotavola… invano! Se l’erano portata via, furtivamente!

«Barcollai, mi accasciai; lanciai un Incantesimo Delirante contro i traditori. Quelli protesero davanti a loro le pietre IOUN appena trovate: la magia veniva assorbita, come acqua che penetra in una spugna.

«Senza una sola parola, senza neppure gesti di trionfo — mi tenevano in scarsa considerazione, infatti — rientrarono nel veicolo e se n’andarono. In quella regione contigua al “Nulla” la mia sorte era segnata… almeno, loro n’erano certi!».

Mentre Morreion parlava, le pietre rosse impallidirono; la sua voce fremeva d’una passione che fino ad allora non aveva mai mostrato.

«Rimasi solo», disse Morreion, arrochito. «Non potevo morire, poiché avevo addosso l’Incantesimo del Nutrimento Incessante, ma non potevo muovere un passo fuori dalla cavità della polvere nera, altrimenti sarei divenuto istantaneamente un’impronta sulla superficie del campo splendente.

«Rimasi irrigidito… non so per quanto tempo. Anni? Decenni? Non riesco a ricordare. Mi sembra un periodo saturo d’una foschia opaca. Frugai nella mia mente, cercando qualche risorsa, e la disperazione mi rese temerario. Cercai, sondando, altre pietre IOUN, e trovai quelle che ora mi cingono. Divennero mie amiche e mi arrecarono consolazione.

«Assegnai loro un nuovo compito che non avrei mai tentato, se la disperazione non mi avesse reso quasi pazzo. Presi alcune particelle di polvere nera, le bagnai con il sangue, formando un impasto; e modellai l’impasto in una lastra circolare, grande abbastanza per sostenermi.

«Quando fu terminata, vi montai; mi ancorai con i ganci uncinati, e salii, salii, lontano dalla mezza stella.

«Mi ero liberato! Stavo sul mio disco, nel vuoto! Ero libero, ma ero solo. Non potreste sapere ciò che provai fino a quando anche voi vi sarete trovati nello spazio, senza saper dove andare. In lontananza scorsi una stella solitaria, vagabonda; e mi diressi verso quell’astro.

«Non so dire neppure quanto tempo richiese quel viaggio. Quando calcolai di aver coperto metà della distanza, girai il disco e ridussi la velocità.

«Ricordo ben poco del viaggio. Parlavo con le mie pietre, donavo loro i miei pensieri. Mi sembrava che parlare mi calmasse, perché durante i primi cento anni del viaggio provai un furore prodigioso che pareva sopraffare ogni pensiero razionale; pur d’infliggere anche una sola puntura di spillo ad uno dei miei avversari sarei morto cento volte fra i tormenti! Meditai vendette deliziose, mi esaltai pensando alle sofferenze che avrei inflitto. Poi, talvolta, soffrivo di un’indicibile malinconia… mentre gli altri godevano delle belle cose della vita, i festini, il cameratismo, le carezze delle donne amate, io stavo la, solo nella tenebra. L’equilibrio sarebbe stato ristabilito, mi dicevo. I miei nemici avrebbero sofferto quanto me, e ancora di più! Ma il furore si placò, e via via che le mie pietre impararono a conoscermi, assunsero quei colori bellissimi. Ognuna ha un nome; ognuna è un individuo; le riconosco ad una ad una dai loro movimenti. Gli archveult le considerano le uova cerebrali del popolo del fuoco, che vive all’interno delle stelle: ma non so se questo è vero.

«Scesi finalmente sul mio mondo. La mia rabbia si era consumata. Ero calmo, sereno, come ora mi conoscete. Volsi la mente ad una nuova esistenza e, con il trascorrere degli eoni, eressi i miei edifici ed i miei tumuli: vissi la mia nuova vita.

«I Sahar destarono il mio interesse. Lessi i loro libri, appresi le loro tradizioni… Forse incominciai a vivere in un sogno. La mia vita d’un tempo era lontana; una stonatura trascurabile cui attribuivo sempre meno importanza. Mi sorprende che la lingua della Terra mi sia ritornata in mente con tanta prontezza. Forse le pietre racchiudevano e custodivano la mia conoscenza, e me l’hanno resa quand’è stato necessario. Ah, mie pietre meravigliose, che cosa sarei senza di loro?

«Adesso sono ritornato fra gli uomini; so come si è svolta la mia vita. Vi sono ancora spazi confusi; a tempo debito, ricorderò tutto».

Morreion tacque, riflettendo; numerose pietre azzurre e scarlatte si affievolirono rapidamente. Morreion rabbrividì, come se fosse stato toccato da un’essenza galvanica; la barba bianca, tagliata corta, parve diventare ispida. Avanzò di un passo, lentamente; alcuni maghi si mossero, irrequieti.

Morreion parlò con voce nuova, meno meditabonda e reminescente, con un aspro suono gracchiante. «Ora confiderò in voi». Volse lo scintillio degli occhi neri su ogni volto, uno dopo l’altro. «Ho detto che la mia rabbia era svanita con il trascorrere degli eoni; ed è vero. I singulti che laceravano la mia gola, il digrignare che mi spezzava i denti, la furia che faceva dolere e tremare il mio cervello, tutto si è affievolito, perché non avevo nulla con cui alimentare i miei sentimenti. Dopo l’amara riflessione venne la tragica malinconia, poi finalmente la pace, turbata dal vostro arrivo.

«Ora un nuovo umore s’è impadronito di me. Via via che il passato diventava reale, io sono ritornato lungo la via del passato. C’è una differenza: ora sono un uomo freddo e prudente; forse non potrò più provare gli slanci della passione che un tempo mi consumava. D’altra parte, certi periodi della mia vita sono ancora oscuri». Un’altra pietra rossa e scarlatta perse il suo vivido fulgore; Morreion s’irrigidì, e la sua voce divenne più tagliente. «Le colpe commesse contro la mia persona gridano vendetta! Gli archveult di Jangk dovranno pagare pienamente ed onerosamente! Vermoulian dei Sogni, cancella i simboli che hai impresso sulla ruota del timone! La nostra destinazione, adesso, è il pianeta Jangk!».

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