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Jack Vance: Rhialto il meraviglioso

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Jack Vance Rhialto il meraviglioso
  • Название:
    Rhialto il meraviglioso
  • Автор:
  • Издательство:
    Fanucci
  • Жанр:
  • Год:
    1986
  • Город:
    Roma
  • Язык:
    Итальянский
  • Рейтинг книги:
    3 / 5
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Il mondo dei Sahar fu il primo ad incontrare il “Nulla”. Sfiorò l’enigmatica non-sostanza, poi, sospinto da una componente del moto orbitale, un quarto della sfera si spostò, libero: un oggetto a forma di montagna, con una base esattamente piatta che mostrava gli strati, le zone, le pieghe, le intrusioni, ed il nucleo in precedenza nascosti. Il sole raggiunse il “Nulla”, lo toccò, avanzò. Divenne una mezza arancia su uno specchio nero, poi sprofondò, lontano dalla realtà. Le tenebre avvolsero il palazzo.

Nel belvedere, Vermoulian trasferì simboli sulla ruota del timone. Li lanciò, poi mise un fuoco doppio nell’incenso della velocità. Il palazzo scivolò via, verso le nubi di stelle.

Morreion si scostò dalla balaustrata ed andò nella grande sala; sedette, profondamente immerso nei suoi pensieri.

Poco dopo, Gilgad gli si accostò. «Forse hai ricordato la fonte delle pietre IOUN?».

Morreion si alzò. Volse i sereni occhi neri su Gilgad, che arretrò di un passo. Tutte le pietre rosa e verdi erano divenute pallide, come pure molte di quelle incarnatine.

Il volto di Morreion era freddo e severo. «Ricordo molte cose! Vi fu una consorteria di nemici che m’ingannò… ma tutto è fioco, come il velo delle stelle sospeso nello spazio. In qualche modo, le pietre fanno parte di tutto questo. Perché mostri tanto interesse per le pietre? Eri uno dei miei antichi nemici? Lo siete forse tutti? In tal caso, state di guardia! Io sono un uomo mite fino a quando non incontro antagonisti».

Il diabolista Shrue parlò in tono suadente. «Noi non siamo tuoi nemici! Se non ti avessimo sottratto al pianeta dei Sahar, ora saresti nel “Nulla”. Non è una prova sufficiente?».

Morreion annuì cupamente; ma non sembrava più l’uomo mite ed affabile che avevano incontrato.

Per ridestare quell’amabilità, Vermoulian si affrettò a recarsi nella Stanza degli Specchi Offuscati dove teneva la sua cospicua collezione di bellissime donne, sotto forma di matrici. Era possibile attivarle e renderle corporee con un semplice Incantesimo Antinegativo; e poco dopo, uscirono dalla stanza, una dopo l’altra, le deliziose creature del passato che Vermoulian aveva ritenuto opportuno far rivivere. Ogni volta esse uscivano freschissime, senza il ricordo di precedenti manifestazioni; ogni apparizione era nuova, qualunque cosa fosse accaduta prima.

Tra le donne che Vermoulian aveva evocato c’era la graziosa Mersei. Entrò nel grande salone, sbattendo le palpebre per lo sbalordimento comune a coloro che venivano evocati dal passato. Si fermò stupita e poi avanzò a passi svelti. «Morreion! Che cosa fai qui? Ci avevano detto che eri andato a combattere gli archveult, e che eri stato ucciso! Per il Sacro Raggio, sei vivo e illeso!».

Morreion, perplesso, abbassò lo sguardo sulla giovane donna. Le pietre rosate e cremisi rotearono intorno alla sua testa. «Ti ho visto in qualche luogo; in qualche luogo ti ho conosciuta».

«Io sono Mersei! Non ricordi? Tu mi portasti una rosa rossa che cresceva in un vaso di porcellana. Oh, che cosa ne ho fatto? La tengo sempre vicina… Ma dove sono? Dov’è la rosa? Non importa. Io sono qui e tu sei qui».

Ildefonse mormorò a Vermoulian: «Un atto irresponsabile, secondo me: perché non sei stato più prudente?».

Vermoulian sporse le labbra, irritato. «Mersei proviene dalla fine del Quarantatreesimo Eone, ma non avevo previsto una cosa del genere!».

«Ti consiglio di richiamarla nella tua sala delle matrici e di ridurla. Morreion sembra attraversare un periodo d’instabilità; ha bisogno di pace e di quiete; meglio non introdurre stimoli tanto imprevedibili».

Vermoulian attraversò il salone. «Mersei, mia cara, vuoi avere la bontà di venire da questa parte?».

Mersei gli lanciò un’occhiata dubbiosa, poi implorò Morreion: «Non mi riconosci? C’è qualcosa di molto strano; non riesco a comprendere nulla… è come un sogno. Morreion, sto sognando?».

«Vieni, Mersei», fece soavemente Vermoulian. «Vorrei scambiare una parola con te».

«Fermati!» disse Morreion. «Mago, stai indietro: questa fragrante creatura è qualcosa che io amavo, in un tempo passato».

La giovane donna esclamò, con voce incalzante: «In un tempo passato? È stato ieri! Io curavo la dolce rosa, guardavo il cielo; ti avevano mandato a Jangk, presso la stella rossa Kerkaju, l’occhio della Scimmia Polare. Ed ora tu sei qui, ed io sono qui… che significa?».

«Inopportuno, inopportuno», borbottò Ildefonse. Poi esclamò: «Morreion, da questa parte, ti prego. Vedo una curiosa concatenazione di galassie. Forse qui è la nuova patria dei Sahar».

Morreion posò la mano sulla spalla della giovane donna, la guardò in viso. «La dolce rosa rossa fiorisce, e per l’eternità. Siamo tra maghi, e si compiono strani eventi». Lanciò un’occhiata a Vermoulian, poi di nuovo a Mersei. «Per ora, vai con Vermoulian dei Sogni, che ti accompagnerà nella tua camera».

«Sì, caro Morreion, ma quando ti rivedrò? Mi sembri così strano, così teso e vecchio, e parli in modo così bizzarro…».

«Ora vai, Mersei. Io devo conferire con Ildefonse».

Vermoulian ricondusse Mersei verso la sala delle matrici. Sulla porta lei esitò e girò la testa, ma Morreion si era già voltato. Seguì Vermoulian nella sala. La porta si chiuse dietro di loro.

Morreion andò nel padiglione, oltre gli scuri cedri dai frutti argentei, e si appoggiò alla balaustrata. Il cielo era ancora buio, sebbene avanti e in basso si potesse scorgere alcune galassie vagabonde. Morreion si portò la mano alla testa; tutte le pietre incarnatine e alcune pietre rosse persero colore.

Morreion si girò di scatto verso Ildefonse e gli altri maghi che, in silenzio, erano giunti nel padiglione. Avanzò, mentre le pietre IOUN si precipitavano una dietro l’altra nella fretta di seguirlo. Alcune erano ancora rosse, altre mostravano scintillii mutevoli azzurri e rossi, altre ardevano di un freddo blu incandescente. Tutte le altre erano divenute color perla. Una era andata a fluttuare davanti agli occhi di Morreion; egli l’afferrò, l’esaminò un attimo aggrottando la fronte, poi la gettò in aria. Roteando e sobbalzando, riacquistato momentaneamente il colore, la pietra si affrettò a raggiungere le altre, come un bimbo imbarazzato.

«La memoria viene e va», fece pensieroso Morreion. «Sono sconvolto, nella mente e nel cuore. Molti visi fluttuano davanti ai miei occhi, e poi svaniscono; altri eventi si spostano in una regione di chiarezza. Gli archveult, le pietre IOUN… ne so qualcosa, sebbene sia quasi tutto vago e confuso, quindi è meglio che io tenga la lingua a freno…».

«Ma no, ma no!» dichiarò Ao degli Opali. «Ci interessano le tue esperienze».

«Certo!» disse Gilgad.

La bocca di Morreion si contorse in un sorriso che era nel contempo sardonico ed aspro, e leggermente malinconico. «Benissimo. Racconterò questa storia, dunque, come se narrassi un sogno.

«Mi sembra di essere stato inviato a Jangk in missione… forse per scoprire la provenienza delle pietre IOUN? Forse. Odo mormoni che me lo dicono; potrebbe essere vero… Arrivai a Jangk; ricordo bene il paesaggio. Ricordo uno straordinario castello ricavato da un’enorme perla rosea. In quel castello, io affrontai gli archveult. Mi temevano e arretravano, e quando esposi i miei desideri non vi fu opposizione. Mi avrebbero condotto a raccogliere le pietre, e perciò partimmo, volando nello spazio con un velivolo di cui non ricordo la natura. Gli archveult tacevano e mi guardavano con la coda dell’occhio; poi divennero affabili e io mi sorpresi della loro gaiezza. Ma non avevo paura. Sapevo tutto della loro magia; portavo controincantesimi nelle unghie, ed in caso di necessità avrei potuto lanciarli immediatamente. Così attraversammo lo spazio, con gli archveult che ridevano e scherzavano in modo che mi sembrava demenziale. Ordinai loro di finirla. Smisero subito e sedettero, fissandomi.

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