Mentre attraversava a cavallo i pascoli più alti di Hallard vide un gruppo di cavalieri uscire dalla boscaglia, portandosi sulla stradicciola che lei seguiva. Col batticuore tirò le redini, e poi riconobbe la bruna e muscolosa figura di Hallard Albanera, che torreggiava sui suoi uomini. Erano armati, ma privi d’armatura, e le loro teste nude e le leggere spade che portavano al fianco davano un’impressione di provvisorietà. La ragazza poté avvertire la loro esasperazione e la loro scarsa sicurezza di sé. Quando Hallard girò la testa e la vide, da lontano, riuscì a sentire il sobbalzo che ci fu nei suoi pensieri, e fra essi balenare il nome di lei.
Strinse le redini senza saper che fare, benché l’uomo avesse messo il cavallo al galoppo su per il pendio verso di lei. Non aveva il minimo desiderio di mettersi a discutere con lui; e tuttavia, rifletté, aveva bisogno di notizie. Restò immobile, e da lì a poco l’uomo arrestò bruscamente il cavallo dinnanzi a lei; era massiccio, abbronzato, e grondava di sudore nell’afa di quel pomeriggio silenzioso. Per un attimo parve stentare a trovare le parole, quindi esclamò: — Qualcuno dovrebbe scorticare quel comandante di nave. Dopo averti portata fino a Isig, adesso ti lascia partire da Caithnard senza scorta, da sola in questa terra, con quello che sta succedendo! Hai avuto notizie di tuo padre?
Lei scosse la testa. — Niente. Va tanto male?
— Va malissimo. — L’uomo socchiuse le palpebre. — I miei segugi stanno seguendo non so che pista da due giorni interi. Metà del mio bestiame è sparito; i miei campi di grano sembra che siano stati arati con macine da mulino; e gli antichi sepolcri nei campi meridionali sono stati appiattiti sul terreno da qualcosa che non è umano. — La fissò con occhi arrossati dalla mancanza di sonno. — Io non so cosa stia succedendo nel resto di An. Ieri ho mandato un messaggero nell’est di Aum, da Cyn Croeg. Non è riuscito neanche ad attraversare il confine; è tornato balbettando qualcosa su alberi che sussurrano. Ne ho mandato un altro ad Anuin; non so se ci sia arrivato. Ma anche se fosse così, che può fare Duac? Che si può fare contro la morte? — Alzò gli occhi al cielo, come aspettandosi una risposta, poi scosse il capo. — Maledizione a tuo padre! — sbottò, rudemente. — Dovrà combattere le guerre di Aum un’altra volta, se non torna coi piedi sulla terra. La sua autorità regale, il suo governo della terra… lo strapperei via da queste zolle con le mie mani, se sapessi come fare!
— Ebbene — disse lei. — Forse questo è proprio ciò che loro vogliono. I Re morti. Hai già visto qualcuno di loro?
— No. Ma so che sono qua fuori, da qualche parte. E meditano qualcosa. — Accennò alla striscia di boscaglia oltre i pascoli. — In nome di Hel, cosa vogliono fare col mio bestiame? I denti di quei Re sono sparsi per tutti i miei campi. Il teschio di Re Farr ha sogghignato sopra il caminetto del mio salone per dei secoli; dovrà scrostare parecchia fuliggine da quelle mandibole, se vorrà mangiare la carne dei miei vitelli!
Gli occhi di lei abbandonarono i boschi per fissarsi di colpo sul viso di Hallard. — Il suo teschio? — Nella mente le si accese il barlume di un’idea. Hallard annuì stancamente.
— Così si suppone. Un ribelle sfegatato rubò la sua testa dalla dimora di Oen, secondo quella vecchia storia, dopo che Oen l’aveva incoronata e conficcata sulla cima di una picca, che teneva nel salone da pranzo. Anni dopo in qualche modo la testa arrivò da queste parti, con ancora la corona incastrata sul nudo osso del teschio. Mag Albanera, il cui padre era morto in quella guerra, era ancora abbastanza incarognito per vedere in essa un emblema di battaglia, così la fissò, corona e tutto, sopra il grande caminetto. Nessuno l’ha toccata per secoli, tanto che l’oro e l’osso sembrano diventati una cosa sola, inseparabili. Ma io non l’ho levata da lì. Ed è per questo che non capisco — aggiunse, acremente, — perché loro stanno tormentando la mia terra. Sono i miei antenati!
— Qui vennero ammazzati anche molti nobili di An — gli ricordò lei. — Forse c’erano solo loro nei tuoi campi di grano. Hallard, io voglio quel teschio.
— Tu vuoi cosa?
— Il teschio di Farr. Lo voglio.
L’uomo la fissò, e nella durezza del suo sguardo lesse lo sforzo che stava facendo per cercare parole adatte a rimetterla al suo posto. — E perché?
— Tu dammelo.
— In nome di Hel, e per farne cosa? — sbottò lui. Poi cercò di calmarsi. — Scusa, ma… il fatto è che stai cominciando a parlare proprio come tuo padre. E lui ha il dono di farmi uscire dai gangheri. Adesso guardiamo di comportarci da persone razionali e…
— In vita mia non ho mai avuto tanta poca voglia di essere razionale. Voglio quel teschio. Voglio che tu vada a casa tua, e che lo stacchi dal muro senza danneggiarlo, e che poi lo avvolga in un panno di velluto, e che poi me lo…
— Velluto! — esplose lui. — Sei impazzita?
Lei si girò quell’ipotesi nella mente per una frazione di secondo, poi urlò di rimando: — Forse! Ma non me ne importa niente! Sì, velluto! A te piacerebbe vedere il tuo teschio avvolto in lurida tela da sacchi?
Il cavallo di lui s’impennò, come se per il nervosismo gli avesse dato un inutile colpo di sprone. La ragazza lo sentì imprecare sordamente. Quando Hallard ebbe placato l’animale le si fece accanto, allungò una mano e la afferrò per un polso. — Raederle! — quasi per rammentare a entrambi il suo nome. — Si può sapere cosa intendi fartene!
La ragazza deglutì. Nel ripensare a quel che s’era proposta aveva avuto un groppo in gola. — Hallard, il Portatore di Stelle sta attraversando le tue terre…
L’altro ebbe un ansito incredulo. — Adesso?
Lei annuì. — E dietro di lui… o dietro di me, c’è qualcosa che lo sta seguendo… forse il Fondatore di Lungold. Io non posso proteggere Morgon da lui. Però c’è la possibilità che io riesca a trattenere coloro che vogliono la distruzione di An.
— Con un teschio?
— Vuoi smetterla di gridare a questo modo?
L’uomo si passò le mani sulla faccia. — Per le ossa di Madir! Il Portatore di Stelle può benissimo badare a se stesso.
— Perfino lui potrebbe esser messo in difficoltà dalla presenza contemporanea del Fondatore e delle forze di An che si sono scatenate. — La voce di lei ritrovò sicurezza. — Lui sta andando ad Anuin. Io desidero che ci arrivi salvo. E se…
— No!
— E se tu non…
— No, ho detto. — La testa di lui continuava a muoversi a destra e a sinistra. — No.
— Hallard! — Lei lo fissò intensamente. — Se tu non mi consegni subito quel teschio, io getterò sulla soglia della tua casa una maledizione, a causa della quale nessun tuo amico potrà oltrepassarla mai più. Maledirò i cancelli dei recinti e le porte delle stalle, affinché nessuno possa mai più chiuderle. Maledirò le torce della tua casa, ed esse non si accenderanno più. E maledirò il tuo focolare, cosicché nessuno che si trovi sotto le orbite cave del teschio di Farr possa mai sentire il suo calore. Questo te lo giuro sul mio nome. Se non mi dai quel teschio io stessa solleverò le forze che vogliono distruggere An, le scatenerò qui sulla tua terra, e i Re morti di An dichiareranno guerra ai Re morti di Hel affrontandoli qui sopra i tuoi campi. Te lo giuro. Se tu non…
— E va bene!
Il grido di lui echeggiò, furibondo e disperato, sull’intero vastissimo pendio erboso. Sotto l’abbronzatura la pelle gli si era sbiancata. La fissò ansando, mentre gli uccelli spaventati si levavano in volo dalla vicina boscaglia ed i suoi uomini si agitavano nervosamente in fondo al pascolo. — Va bene! — ripeté in un sussurro. — Perché no? La terra di An è immersa nel caos, perché tu non dovresti dunque cavalcare qua e là col teschio di un Re morto fra le mani? Ma, donna, io spero che tu sappia cosa stai facendo, perché se ti dovessero uccidere la tua morte getterebbe davvero una maledizione di colpa e di dolore sulla soglia della mia casa, e non ci sarebbe focolare dentro di essa che potrebbe scaldare le mie ossa finché vivrò. — Fece girare il cavallo senza attendere la sua risposta. Lei lo seguì lungo i campi, e poi attraverso il fiume fino al portone della sua grande dimora, conscia che le pulsazioni del suo cuore, fredde e rapide, erano come i passi di un animale spaventato.
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