Patricia McKillip - L'erede del mare e del fuoco

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L'erede del mare e del fuoco: краткое содержание, описание и аннотация

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La terra di Hed, è risaputo, non è mai stata una fucina di eroi. Tutti i suoi abitanti — compresi i principi che la reggono — sono contadini, ed anche Morgon, Signore di Hed, è un contadino. Ma non solo questo. Perché in un mondo da cui la magia è misteriosamente scomparsa in un remoto passato, e nel quale il sapere esoterico è affidato ai Signori degli indovinelli, Morgon può essere considerato un adepto, il miglior allievo della scuola di Caithnard, unico risolutore di un indovinello rimasto inspiegabile per oltre settecento anni. E poi Morgon ha tre stelle in fronte, identiche a quelle incise su un’arpa che solo lui può suonare e sull’elsa di una spada che solo lui può impugnare. Così, senza volerlo, il principe di Hed viene coinvolto in un viaggio fantastico e in un’avventura misteriosa, nel viaggio verso la montagna di Erlenstar assieme all’arpista del Supremo, per cercare risposta a una domanda che neppure lui ancora conosce. Con l’aiuto di Raederle, la donna che ama e per la quale ha vinto una sfida, Morgon affronterà un difficile cammino esistenziale e avventuroso, cercando la soluzione dell’enigma che lega passato e futuro, e combattendo Ohm, il mago corrotto che vuole alterare gli equilibri del mondo.

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— Stavo per venire da te ad Anuin, ma ho saputo che eri qui. — La voce di lui aveva un tono rauco e profondo, come se avesse parlato fino a consumarsela. Sedette sul letto accanto alla sacca, mentre lei lo guardava senza riuscire ad aprir bocca. Nel ricambiare lo sguardo di lei il suo volto, magro, indurito fino ad apparire quello di uno sconosciuto e imperscrutabile, si rilassò in un’espressione gentile che sembrava aver dimenticato. — Ti ho spaventata. Mi spiace, non volevo.

— Non mi hai spaventata. — La voce suonò remota ai suoi stessi orecchi, quasi che a parlare fosse il vento che entrava dalla finestra. Sedette al fianco di lui. — Ti stavo cercando.

— Lo so. L’ho sentito dire.

— Non credevo… Har ha detto che non saresti venuto qui.

— Ho visto la nave di tuo padre entrare in porto. E sapendo che Tristan era con te ho pensato di fermarmi in città.

— Potrebbe essere ancora qui. È venuto Mastro Cannon a prenderla, ma…

— No. Sono già partiti per Hed.

Il tono secco di quell’osservazione la indusse a scrutarlo pensosamente. — Tu non hai voluto rivederla.

— Non ancora.

— Mi ha chiesto, se ti avessi visto, di dirti questo: sii cauto.

Pur continuando a fissarla egli non disse nulla. La giovane donna fu costretta a riflettere che sembrava avere una specie di talento per il silenzio. Sembrava irradiare da lui come un fluido allorché decideva di tacere, simile al silenzio dei vecchi alberi e delle pietre rimaste immobili per anni. Era ritmato dal suo respiro lento, sembrava adagiarsi sulle cicatrici che gli segnavano le palme delle mani. Ma quando si alzò bruscamente, andando accanto al davanzale della finestra per guardare fuori, scivolò via da lui come un mantello. Raederle si domandò se avesse il dono di vedere lontano, nella notte, fino a Hed.

— Si parla molto del viaggio che avete fatto — disse. — Tu, Lyra e Tristan su una nave di Mathom, rubata di notte nel porto di Caithnard. Ho sentito raccontare di come siete sfuggite alle navi da guerra di Ymris abbagliandole con una luce simile a un piccolo sole, e di come avete risalito il Fiume Inverno su una chiatta, decise ad arrivare alla dimora del Supremo per fargli una domanda… e dici a me di essere cauto! Cos’era quella luce che ha giocato perfino Astrin? Fra i mercanti ha fatto nascere le più fantasiose speculazioni. Anch’io ero incuriosito.

Lei fece per rispondergli, poi ci ripensò. — E quali sono le speculazioni che hai fatto tu?

Tornò a sedersi accanto a lei. — Ho pensato che probabilmente era opera tua. Ricordavo che tu potevi fare certe cosette…

— Morgon…

— Aspetta. Vorrei dirti che… non importa quel che è accaduto o che accadrà… mentre lasciavo Isig sapevo già che voi vi eravate messe in viaggio per il nord. Io sentivo i vostri nomi, durante il cammino. Li avvertii all’improvviso, come luci piccolissime e lontane. Posso sentirli anche adesso.

— Tristan desiderava disperatamente vederti. Non potresti…

— Non ancora.

— Allora quando? — chiese lei, sconfortata. — Dopo che avrai ucciso Deth? Morgon, quello potrebbe essere un arpista di troppo.

Il volto di lui non mutò espressione, ma i suoi occhi scivolarono via di lato, come verso un ricordo. — Corrig? — Poi aggiunse: — Me n’ero dimenticato.

Lei deglutì, sentendo che quella semplice frase aveva richiuso una barriera fra di loro. Pensò che lui usava l’impassibilità e il silenzio come uno scudo, una difesa impenetrabile, e si chiese se dietro di esso si celasse l’uomo che conosceva o uno straniero. Osservandola lui parve leggere i suoi pensieri; allungò una mano e le toccò un braccio. Ma d’un tratto lo scudo che aveva negli occhi s’infranse come al ricordo di qualcosa d’informe e terribile, e indifeso girò la testa finché quell’emozione svanì. Sottovoce disse: — Avrei dovuto aspettare prima di rivedere anche te. Ma dovevo… dovevo guardare ciò che per me vi è di più bello, la leggenda di An, il tesoro della sua corte. Dovevo sapere che tu esisti ancora. Ne avevo bisogno.

Le dita di lui le sfiorarono il viso come se la sua pelle fosse fragile quanto l’ala di una farfalla. Ella chiuse gli occhi, premette le mani su quelle di lui e sussurrò: — Oh, Morgon! Cosa, in nome di Hel, pensi che io stia facendo in questa Scuola? — Lasciò ricadere le braccia e si domandò se fosse almeno riuscita a ottenere l’attenzione di lui, oltre quell’armatura fatta di solitudine irteriore. — Io vorrei essere davvero questo per te, se potessi — gemette. — Vorrei essere muta, bella, eterna come la terra di An per te. Vorrei essere come mi ricordavi, senza età, innocente, sempre in attesa nella bianca dimora dei Re di Anuin. Vorrei essere questo per te, e per nessun altro uomo del reame. Ma questa sarebbe una menzogna, e io farei qualunque cosa pur di non mentire a te… te lo giuro. Un enigma può essere una storia così familiare che i tuoi occhi smettono di vederlo: è lì, semplicemente, come l’aria che respiri, come i nomi degli antichi Re che echeggiano nei corridoi della tua dimora, come il sole che ristagna pigro sui pavimenti dove cammini pensando ad altro, finché un giorno ti accade di guardarlo. E allora qualcosa senza forma e senza voce dentro di te ti apre un terzo occhio, e tu lo vedi come mai lo avevi visto prima. Allora non ti resta che la consapevolezza di una domanda senza nome dentro di te, e quella storia non è più priva di significato, ma è la sola cosa al mondo che da quel momento in poi significa qualcosa. — Tacque per riprendere fiato. Lui le aveva passato un braccio attorno alla vita e la sua stretta non era leggera. Il suo volto tornò finalmente a essere familiare, incerto, interrogativo.

— Quale enigma? Tu sei venuta qui, in questo posto, con un enigma?

— In che altro luogo avrei potuto andare? Mio padre era partito. Ho cercato di trovare te e non ci sono riuscita. Tu avresti dovuto sapere che al mondo non c’è niente che non cambi…

— Quale enigma?

— Tu sei il Maestro qui. Davvero c’è bisogno che te lo dica?

La sua stretta si fece più forte. — No — disse, e stavolta il suo silenzio, fra quelle mura impregnate di enigmi, fu quello di chi riflette su ancora un altro di essi. Lei attese, lavorando su quell’enigma con lui, sentendo che la sua identità era in gioco contro il suo passato e contro la storia di An, seguendo stanche tracce di pensiero che non portavano da nessuna parte. Ad un tratto avvertì un tremito nella dita di lui, e capì che stava esaminando un’ipotesi che conduceva ad altre possibilità e poi ad altre ancora. E quando lui alzò lentamente la testa e la guardò negli occhi, desiderò che la Scuola e tutti i suoi enigmi sprofondassero nel mare.

— Ylon! — Morgon lasciò che quel nome aleggiasse in un’altra pausa di silenzio. — È vero, non lo avevo mai visto. Ed era lì. — Bruscamente si alzò, ringhiando fra i denti una vecchia imprecazione di Hed. E nel suo tono ci fu una nota che vibrò nei vetri della finestra irretendoli di una ragnatela di crepe. — Hanno raggiunto anche te!

Come stordita dal vuoto che le era piombato dentro la fanciulla fissò ottusamente le sue mani. Si alzò in piedi per andarsene da lì, senza sapere se al mondo esisteva un posto dove avrebbe potuto andare. Lui la raggiunse con un passo e la afferrò, facendola girare.

— E credi che questo m’importi? — chiese, incredulo. — Pensi una cosa simile di me? Chi sono io per giudicarti? Io sono così accecato dall’odio che se mi mettessero davanti agli occhi la mia terra e la gente che ho amato non li vedrei neppure. Io sto dando la caccia a un uomo che non ha mai impugnato un’arma in vita sua, per poterlo guardare negli occhi mentre lo uccido, malgrado il parere contrario di tutti i sovrani con cui ho parlato finora. E tu cos’hai fatto in vita tua, invece, per meritare di perdere il rispetto di chi ti conosce?

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