Orson Card - I giorni del cervo

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I giorni del cervo: краткое содержание, описание и аннотация

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Sinistri presagi indicano che da Antiqua è salpata una flotta di navi: navi nere, cariche di neri guerrieri, di strani animali capelluti e di armi che portano una morte senza volto. La guerra è imminente. Il Bene e il Male, come nel più epico dei racconti, esploderanno in una battaglia cruenta alla quale parteciperanno anche forze soprannaturali e magiche. Tutti i popoli del continente, superate le antiche divisioni, si uniranno a combattere con l’esercito del Cervo, guidato dal valoroso Dulkancellin. Gli uomini di pace si trasformeranno in guerrieri, e i guerrieri in eroi. La salvezza del continente dipende dal loro coraggio

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Orem andò alla finestra e guardò quanto della sua opera di distruzione della sera precedente Bella era stata capace di riparare. Vide compiaciuto che aveva fatto ben poco. Palicrovol era ancora invisibile alla sua Vista. E cosa forse ancora più importante, la stessa Inwit non era ancora tornata alle condizioni precedenti. Ciascuno dei membri del suo corpo di guardia era stato legato a lei da un incantesimo di lealtà e ai suoi commilitoni da uno di amicizia. Molte delle guardie in città erano state riportate sotto controllo, ma non tutte. Non avevano cominciato immediatamente a litigare fra di loro o a tradirla, naturalmente. La cosa importante era che Orem, in una singola notte, poteva disfare più di quanto lei riuscisse a rifare mentre lui dormiva.

Era troppo esultante, quella mattina, per starsene chiuso. Benché il cielo avesse appena cominciato a schiarire, si vestì e attraversò le innumerevoli stanze del palazzo diretto alla porta più vicina sul Parco. Aveva bisogno di alberi, della parte selvaggia e non curata dai giardinieri, dove era una calda mattina d’estate, malgrado il pesante mantello di neve che copriva la città fuori dalle mura del castello.

I servitori che incontrò si muovevano in fretta, agitati e talvolta anche impauriti. Questo era un segno certo che la Regina non era normale. I servitori in questi casi correvano sempre. In silenzio Orem si scusò per aver reso loro la giornata un po’ più difficile del solito. La Regina Bella, la sua povera moglie, aveva forse dormito poco.

Rapidamente si perse nel bosco, vagando senza meta finché non si trovò nei pressi del muro occidentale del castello. Lo seguì verso nord, fino all’Angolo del Castello, dove si alzava il Piccolo Mastio, la prigione dei grandi, più pericolosa a suo modo delle gabbie. Sentì giungere, dall’interno, un grido lontano; forse, pensò, viene dalla città, da dietro le mura. Non era così. Orem appoggiò l’orecchio alle pietre della torre, e il grido gli giunse chiaro. Era il grido di un uomo; era il grido che nasceva dal terrore peggiore che un uomo potesse conoscere. Non la paura della morte, ma la paura che la morte tardasse a venire.

Orem non riusciva a immaginare quale tortura potesse strappare un simile grido da una gola umana. La pietra a cui era appoggiato era fredda, ed ebbe un brivido. Il sole era ancora seminascosto dietro il muro orientale, e l’aria era fredda. Abbandonò la torre, e l’uomo che soffriva dentro di essa. Si chiese se la sua gola sarebbe mai riuscita a produrre un suono come quello. In questo caso, non l’avrebbe mai sentito: quando un suono simile viene prodotto, il suo autore non può più sentirlo.

Tornò per una strada diversa, nel bosco, ma questa volta passando fra i rovi, scostando i rami e lasciando che gli sferzassero la faccia. La camicia si strappò, il viso cominciò a sanguinargli; il dolore era un linguaggio delizioso, che poteva comprendere. E giunse d’improvviso alla Piscina della Regina.

Era l’acqua proveniente dalla Casa dell’Acqua, la pura sorgente che scorreva perpetua, come se Dio stesso la pompasse, proprio nel cuore del castello. I bagni della Casa dell’Acqua erano pubblici, e l’acqua buona; ma la maggior parte dell’acqua andava da altre parti: ai templi, alle grandi case, alle ambasciate lungo la Strada del Re e l’ancor più esclusivo Viale degli Scavi, e attraverso condutture di bronzo raggiungeva il Parco degli Stagni, dove gli artisti abitavano fuori dal palazzo, e giungeva lì, nella Piscina, dove pochi si bagnavano, e l’acqua era pura come le lacrime di un bambino. Orem rimase fra gli alberi guardando l’acqua increspata dalla brezza, trasparente, verde e profonda, perché il sole non si era ancora levato abbastanza da riflettersi sulla superficie.

Mentre guardava, due visitatori giunsero alla piscina. Il primo fu un vecchio con un perizoma, e Orem lo conosceva: il servo pazzo che diceva di essere Dio e non aveva pupille. Arrivò e si fermò dall’altra parte della piscina, di fronte a Orem, guardando nell’acqua. Orem non si mosse. Sembrò che aspettassero per sempre, due statue nel giorno che schiariva.

Poi giunse il secondo visitatore, e non vide né Orem né il vecchio. Donnola-Bocca-di-Verità, orribile all’alba come nella luce del giorno pieno. Si fermò vicino all’acqua e si spogliò per bagnarsi. Era una scortesia da parte sua guardare il povero corpo di Donnola, piegato e deforme. Si sarebbe senza dubbio vergognata che un uomo vedesse i suoi seni che pendevano come sacche vuote, le gambe e le ginocchia sgraziati e ossuti. E tuttavia Orem non riuscì a muoversi, mentre lei scendeva i gradini della piscina, in parte perché aveva la sensazione che benché non desse segno di vederlo, sapesse che il vecchio era lì… anzi, che fosse venuta per incontrarlo.

Nuotò lentamente, increspando appena la superficie e senza sollevare spruzzi. Il suo nome è sbagliato , pensò Orem: non la donnola, ma la lontra è il suo io animale. Poi lei si tuffò sotto la superficie.

Ora il servo che diceva di essere Dio si mosse, spalancando le braccia. I suoi occhi mandarono un lampo verde, così luminoso che Orem distolse gli occhi. E quando si voltò a guardare ancora, il vecchio servo era nudo, e pisciava con un getto verde brillante nell’acqua, gli occhi verdi e luminosi che fissavano il bosco. Ancora Donnola non era riemersa. Il verde si sparse luccicando sull’acqua, finché la piscina non fu interamente soffusa di quella luce viva. E ancora Donnola era sotto. Il vecchio si chinò e si inginocchiò accanto alla piscina, e immerse la testa nell’acqua fino al collo. Allora Donnola riemerse, tenendo solo la testa fuori, come se quelle due facce non potessero stare dalla stessa parte della superficie. Parve non notare il colore della piscina.

Il quadro si ruppe. Il vecchio tirò fuori la testa dall’acqua e Donnola si voltò verso di lui, allungò una mano e lo toccò. Forse si parlarono: Orem non poté sentire. Lei gli baciò la fronte, e il servo… pianse? Emise un singhiozzo, e disse una parola che Orem non riuscì a capire. Poi si alzò, prendendo il perizoma, e si avviò con passo incerto lungo il sentiero che l’avrebbe portato al palazzo. Donnola nuotò ancora qualche minuto, finché l’acqua non tornò normale. Ma non Donnola. Orem la guardò e si rese conto che non era un caso che la Regina se la tenesse vicino. Quelli più vicino alla Regina erano quelli più torturati; la donna silenziosa e brutta che era venuta tante volte con lui, con Timias e con Belfeva, era senza dubbio più di quanto sembrasse, o la Regina non l’avrebbe tormentata.

Gettò per lei la sua rete, e contò gli strati di incantesimi, la profondità delle magie che la Regina aveva usato per intrappolarla; e come sospettava, lei era legata e torturata. Chi sei, Donnola? Prigioniera qui come me, e forse altrettanto priva di speranza. Io che sono destinato a morire sono forse più fortunato di te? Perché presto sarò libero da lei, e tu no, legata per sempre a una Regina che ti dà tutto il male che può; e lo sa fare con tanta raffinatezza.

Fu allora che per la prima volta Orem amò Donnola Bocca-di-Verità. Non la sua carne: Orem aveva conosciuto il corpo della Regina. Non per pietà: la conosceva troppo bene per vederla dalla distanza che la pietà richiede. L’amò perché l’ammirava. Per come sopportava senza lamentarsi il fardello che la Regina le aveva posto sulle spalle. Per essere ancora gentile e buona, quando aveva mille ragioni per essere amareggiata e inacidita. E perché mentre nuotava nella piscina e baciava il servitore che si faceva chiamare Dio, era stranamente bella. Ti sorprende, Palicrovol? Che fra tutti proprio tuo figlio potesse guardare Donnola Bocca-di-Verità e trovarla bella?

La regina scopre suo marito

Orem tornò al palazzo molto prima dell’ora a cui di solito si svegliava, e adesso si sentiva stanco per il poco sonno e per l’esercizio a cui non era abituato. Aveva intenzione di riposare un po’, ma un servitore lo aspettava alla porta.

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