Il gruppetto avanzò. Corridoi come quello avrebbero potuto ospitare una coppia di elefanti a braccetto.
«Che ne dite di tornare indietro?» disse Doreen.
«E a che servirebbe?» chiese Windle.
«Ad andarcene da qui».
Windle si voltò, contando. Cinque corridoi equidistanti partivano dalla zona a volta.
«E presumibilmente è lo stesso, sopra e sotto» disse a voce alta.
«È tutto molto pulito, qui» disse nervosamente Doreen. «Vero Arthur?»
«È molto pulito».
«Cos’è questo rumore?» chiese Ludmilla.
«Che rumore?»
«Questo. Come di qualcuno che succhia qualcosa».
Arthur si guardò intorno con un certo interesse.
«Io non sono».
«Sono le scale» disse Windle.
«Non dica sciocchezze, signor Poons. Le scale non succhiano».
Windle guardò in basso.
«Queste sì».
Erano nere, come un fiume in salita. Uscendo da sotto il pavimento, la sostanza nera prendeva una forma a gradini, che salivano su per la pendenza prima di sparire sotto il pavimento, da qualche parte lassù. Quando emergevano, i gradini facevano un rumore ritmico, tipo shlup-shlup, come qualcuno che esplori una carie dentale particolarmente molesta.
«Sapete» disse Ludmilla, «forse è la cosa più sgradevole che abbia mai visto».
«Io ho visto di peggio» disse Windle. «Ma questa è parecchio brutta. Andiamo su o giù?»
«Ci vuole salire sopra?»
«No. Ma i maghi non sono su questo piano, quindi o ci saliamo o scivoliamo sul corrimano. Avete guardato bene il corrimano?»
Guardarono il corrimano.
«Credo» disse nervosamente Doreen, «che ‘giù’ per noi sia meglio».
Scesero in silenzio. Arthur cadde nel punto in cui le scale viaggianti venivano risucchiate dal pavimento.
«Ho avuto la sensazione orribile che volesse tirarmi giù» disse in tono di scusa, guardandosi intorno.
«È grande» disse. «Spazioso. Potrei fare miracoli qua sotto con un po’ di carta da parati effetto-pietra».
Ludmilla si avvicinò a una parete.
«Sapete» disse, «c’è più vetro di quanto ne abbia mai visto in vita mia, ma queste pareti trasparenti sembrano un po’ dei negozi. Ma che senso ha? Un enorme negozio pieno di negozi?»
«E non ancora maturo» disse Windle.
«Come?»
«Pensavo ad alta voce. Riesce a vedere la merce?»
Ludmilla si fece ombra agli occhi.
«Si vedono solo molti colori e luci».
«Mi dica se vede un mago».
Qualcuno urlò.
«O se ne sente uno, per esempio» aggiunse Windle. Lupine si avviò di corsa per uno dei corridoi. Windle gli barcollò subito dietro.
C’era un individuo steso sulla schiena, che cercava disperatamente di allontanare due carrelli. Erano più grossi di quelli che Windle aveva visto finora, e avevano una lucentezza dorata.
«Ehi!» gridò.
I carrelli smisero di tentare di incornare la figura a terra e si voltarono verso di lui.
«Oh» disse Windle, mentre prendevano velocità.
Il primo schivò le fauci di Lupine e prese in pieno le ginocchia di Windle, abbattendolo. Quando il secondo gli passò sopra lui allungò le mani, afferrò il metallo a casaccio e tirò forte. Una rotella ruzzolò via e il carrello si accartocciò contro il muro.
Windle si rialzò in tempo per vedere Arthur aggrappato con determinazione al manico dell’altro carrello, e i due che turbinavano insieme in una specie di folle valzer centrifugo.
«Molla! Molla!» strillò Doreen.
«Non posso! Non posso!»
«Be’, fai qualcosa!»
Ci fu un pop. All’improvviso il carrello non lottava più contro il peso di un grossista di frutta e verdura di mezza età, ma solo contro un piccolo pipistrello terrorizzato. Si lanciò a razzo contro una colonna di marmo, rimbalzò, colpì una parete e atterrò sul dorso, con le ruote impazzite.
«Le ruote!» gridò Ludmilla. «Strappategli le ruote!»
«Ci penso io» disse Windle. «Voi aiutate Reg».
«È Reg quello laggiù?» disse Doreen.
Windle fece cenno col pollice verso la parete più lontana. Le parole ‘Meglio tardi che Ma’ finivano in un disperato sbaffo di vernice.
«Dategli una parete e un po’ di vernice e non sa più in che mondo è» disse Doreen.
«Non che abbia molta scelta» osservò Windle, gettando a terra le ruote del carrello. «Lupine, stai di guardia nel caso ce ne siano altri».
Le ruote erano affilate come pattini da ghiaccio. Si sentiva le gambe a pezzi. Chissà come funzionava la guarigione?
Aiutarono Reg Scarpa a sedersi.
«Che succede?» disse. «Nessun altro stava entrando, così sono venuto a vedere da dove veniva la musica, e mi sono ritrovato quelle ruote…»
Il Conte Arthur tornò alla sua forma approssimativamente umana, si guardò intorno con orgoglio, si rese conto che nessuno gli prestava attenzione e si abbatté un poco.
«Sembravano molto più tosti degli altri» disse Ludmilla. «Più grossi, più cattivi e pieni di spigoli taglienti».
«Soldati» disse Windle. «Abbiamo visto gli operai, e questi sono i soldati. Proprio come le formiche».
«Avevo un formicaio, da piccolo» disse Arthur, che era atterrato piuttosto rudemente e aveva qualche problema temporaneo con la natura della realtà.
«Aspetta» disse Ludmilla. «So come funziona. In giardino abbiamo le formiche. Se ci sono operai e soldati, dev’esserci anche una…»
«Esatto. Esatto» disse Windle.
«… cioè, dicono che sono tanto operose ma io…»
Ludmilla si appoggiò alla parete.
«Dev’essere qui vicino» disse.
«Credo di sì» fece Windle.
«Secondo lei che aspetto ha?»
«… allora, si prendono due pezzi di vetro e delle formiche…»
«Non lo so. Come faccio a saperlo? Ma i maghi saranno da quelle parti».
«Non capisco pevché si pveoccupa tanto pev lovo» disse Doreen. «L’hanno sepolto vivo solo pevché eva movto».
Windle sentì un rumore di ruote e alzò la testa. Una dozzina di carrelli guerrieri girò l’angolo e si dispose in formazione.
«Credevano di agire per il meglio» disse Windle. «Capita spesso. È incredibile quante cose sembrano una buona idea al momento».
La nuova Morte raddrizzò la schiena.
Altrimenti?
AH.
EHM.
Bill Porta fece un passo indietro, si voltò e se la dette a gambe.
Nessuno sapeva bene quanto lui che stava solo rimandando l’inevitabile. Ma non era quello che si faceva vivendo?
Nessuno era mai fuggito da lui dopo morto. Molti ci avevano provato prima, spesso con grande ingenuità. Ma la reazione normale di uno spirito, scagliato improvvisamente da un mondo all’altro, era di aspettare speranzosamente. Perché fuggire, dopotutto? Non sapevi nemmeno dove stavi andando.
Il fantasma Bill Porta sapeva dove stava correndo.
L’officina di Ned Simnel era chiusa a chiave di notte, ma quello non era un problema. Né vivo né morto, lo spirito di Bill Porta attraversò la parete.
Il fuoco era un brillio visibile a malapena, nella fucina L’officina era piena di una calda oscurità.
Quello che mancava però era lo spettro di una falce.
Bill Porta si guardò disperatamente intorno.
SQUITT?
C’era una piccola figura ammantata di scuro seduta su una trave del soffitto. Indicò freneticamente l’angolo.
Bill vide un manico scuro che spuntava dalla catasta di legna. Cercò di afferrarlo con dita che ormai avevano la consistenza dell’ombra.
HA DETTO CHE L’AVREBBE DISTRUTTA!
La Morte dei Ratti fece un gesto di solidarietà.
La nuova Morte attraversò la parete, reggendo la falce con entrambe le mani.
Avanzò verso Bill Porta.
Ci fu un fruscio. Le vesti grigie si stavano riversando nell’officina.
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