Robert Jordan - La grande caccia

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49

Ciò che era destinato

Rand aprì gli occhi e si ritrovò a fissare la luce del sole che passava di sbieco fra i rami d’un albero le cui foglie larghe e coriacee erano ancora verdi malgrado il periodo dell’anno. Il vento agitava le foglie e portava con sé un accenno di neve. Rand giaceva supino; sotto le dita sentiva le coperte che lo avvolgevano. Non aveva più giubba e camicia, ma gli avevano fasciato il petto e il fianco sinistro gli doleva. Girò la testa: Min, seduta per terra lì vicino, lo guardava. Quasi non la riconobbe, in abiti femminili. Lei sorrise, incerta.

«Min. Sei proprio tu. Da dove spunti? Dove siamo?» I ricordi gli tornavano a spizzichi. Ricordava gli avvenimenti più lontani, ma quelli degli ultimi giorni gli parevano frammenti d’uno specchio rotto, gli turbinavano nella mente, gli mostravano fugaci visioni che sparivano prima che potesse inquadrarle con chiarezza.

«Spunto da Falme» rispose Min. «Ormai siamo a cinque giorni di marcia dalla città, verso levante; hai dormito per tutto il tempo.»

«Falme.» Altri ricordi. Mat aveva suonato il Corno di Valere. «Egwene! È ancora... L’hanno liberata?» Trattenne il fiato.

«Non so a chi ti riferisci, con ‘loro’; comunque, Egwene è libera. L’abbiamo liberata noi.»

«Noi? Non capisco.» Era libera. Almeno era...

«Nynaeve, Elayne e io.»

«Nynaeve? Elayne? Come? Eravate tutte a Falme?» Si sforzò di alzarsi a sedere, ma lei lo costrinse facilmente a restare disteso e gli tenne le mani sulle spalle, guardandolo con attenzione.

«Dov’è Egwene?» domandò ancora Rand.

«Se n’è andata.» Min arrossì. «Se ne sono andati tutti. Egwene, Nynaeve, Mat, Hurin, Verin. A dire il vero, Hurin non voleva lasciarti. Sono in viaggio per Tar Valon. Egwene e Nynaeve tornano al loro addestramento nella Torre Bianca; Mat va a farsi curare per quel pugnale. Hanno portato con loro il Corno di Valere. Ancora non riesco a convincermi d’averlo visto davvero.»

«Andata via» brontolò Rand. «Non ha nemmeno aspettato che mi svegliassi.»

Il rossore sulle guance di Min divenne più marcato: la ragazza si rimise a sedere e tenne gli occhi bassi.

Rand alzò le mani per passarsele sul viso e si bloccò, sconvolto. Ora anche sul palmo sinistro aveva un marchio a fuoco a forma d’airone, netto e preciso, identico all’altro. “Prima l’airone per marcar la strada. Quindi l’airone per nomarlo vero." «No!» esclamò.

«Se ne sono andati tutti» disse Min, fraintendendolo. «E dire ‘no’ non cambia la situazione.»

Rand scosse la testa. Qualcosa gli diceva che il dolore al fianco era importante. Ma non ricordava d’essere stato ferito. Cercò di alzare le coperte per guardarsi. Min gli scostò le mani.

«Non puoi farci niente» disse. «La ferita non si è ancora rimarginata. Verin ha provato a usare la Guarigione, ma ha detto che non funzionava come avrebbe dovuto.» Esitò, mordicchiandosi il labbro. «Moiraine dice che Nynaeve ti ha fatto qualcosa, altrimenti non sopravvivevi fino da Verin; ma Nynaeve replica che era troppo spaventata anche solo per accendere una candela. C’è... qualcosa di sbagliato, nella ferita. Devi aspettare che guarisca naturalmente.» Parve turbata.

«Moiraine è qui?» domandò Rand. Ringhiò una risata. «Quando hai detto che Verin se n’è andata, pensavo d’essere di nuovo libero delle Aes Sedai.»

«Sono qui» intervenne Moiraine. Comparve, vestita d’azzurro, serena come se si trovasse nella Torre Bianca; si accostò a Rand. Min la guardò, accigliata. Rand provò la bizzarra impressione che volesse proteggerlo da Moiraine.

«Vorrei che tu non fossi qui» disse all’Aes Sedai. «Per quel che mi riguarda, puoi tornare dove ti nascondevi e restarci.»

«Non mi nascondevo» replicò Moiraine, calma. «Ho fatto del mio meglio, qui a Capo Toman e a Falme. Poca roba, anche se ho imparato molto. Non sono riuscita a salvare due Sorelle che i Seanchan hanno imbarcato insieme con le Incatenate, ma ho fatto il possibile.»

«Il possibile per te. Hai messo Verin a farmi da pastore, ma non sono una pecora, Moiraine. Avevi detto che potevo andare dove volevo e intendo andare dove voglio.»

«Non ho mandato io Verin» rispose Moiraine, perplessa, «Ha agito di sua volontà. Sei interessante per moltissime persone, Rand. Fain ti ha trovato? O tu hai trovato lui?»

Rand fu preso alla sprovvista dall’improvviso cambio d’argomento. «Fain? No. Sono proprio un bell’eroe. Ho cercato di salvare Egwene, e Min mi ha preceduto. Fain disse che avrebbe distrutto Emond’s Field, se non l’avessi affrontato, e non l’ho neppure visto. Anche lui è andato con i Seanchan?»

«Non so. Vorrei che fosse andato con loro. Ma è un bene che tu non l’abbia trovato, almeno finché non sai chi è.»

«Un Amico delle Tenebre.»

«Non solo, È molto peggio. Padan Fain era creatura del Tenebroso fin nell’intimo dell’anima, ma secondo me a Shadar Logoth è rimasto vittima di Mordeth, che nel combattere l’Ombra era abietto quanto l’Ombra stessa. Mordeth ha cercato di consumare l’anima di Fain per riprendere corpo umano, ma ha trovato un’anima toccata direttamente dal Tenebroso; e il risultato... Il risultato non è Padan Fain né Mordeth, ma qualcosa di più malefico, una mistura dei due. Fain, chiamiamolo pure così, è più pericoloso di quanto tu non creda. Potevi anche non sopravvivere a un incontro con lui; e se sopravvivevi, potevi diventare peggio che transfuga all’Ombra.»

«Se è vivo, se non è andato con i Seanchan, devo...» S’interruppe, perché lei aveva preso da sotto il mantello la spada col marchio dell’airone. La lama terminava bruscamente a due spanne dall’elsa e pareva fusa. Il ricordo tornò con la violenza d’un urto.

«L’ho ucciso» disse Rand. «Stavolta l’ho ucciso.»

Moiraine gettò da parte la spada rovinata, come l’oggetto inutile che era diventato, e si strofinò le mani. «Non è così facile uccidere il Tenebroso. Il semplice fatto che sia comparso nel cielo sopra Falme è più che inquietante. Non poteva farlo, se era legato come crediamo. E se non è legato, perché non ci ha distrutti fino all’ultimo?» Min si agitò a disagio.

«Nel cielo?» disse Rand, stupito.

«Tu e lui» rispose Moiraine. «Il vostro scontro è avvenuto nel cielo, in piena vista d’ogni anima di Falme. E forse anche di altre città di Capo Toman, se presto fede solo a metà di quel che si dice.»

«L’abbiamo... l’abbiamo visto tutti» intervenne Min, con voce flebile. Accarezzò la mano di Rand, per confortarlo.

Moiraine infilò di nuovo la mano sotto il mantello e ne tolse una pergamena arrotolata, un foglio largo, del tipo usato dagli artisti per le vie di Falme. Quando la srotolò, i gessetti erano un po’ sbavati, ma il disegno era abbastanza chiaro. Un uomo dal viso di fiamma lottava con il bastone contro un avversario armato di spada, fra nuvole dove danzava il fulmine; e dietro ai due sventolava lo stendardo del Drago. Il viso di Rand era ben riconoscibile.

«Quanti l’hanno visto?» domandò Rand. «Strappa quel foglio. Brucialo.»

Moiraine arrotolò la pergamena. «Non servirebbe a niente, Rand. L’ho comprato due giorni fa, in un villaggio. Ce ne sono centinaia, forse migliaia, e dappertutto si racconta come nei cieli di Falme il Drago abbia combattuto contro il Tenebroso.»

Rand guardò Min. Lei annuì con riluttanza e gli strinse la mano. Pareva spaventata, ma non si ritrasse. Rand si chiese se Egwene era andata via per questo: se sì, aveva fatto bene ad andarsene.

«Il Disegno si avvolge sempre più strettamente intorno a te» disse Moiraine. «Ora più che mai hai bisogno di me.»

«Non ho bisogno di te» replicò Rand, brusco «e non ti voglio. Non voglio avere niente a che fare con questa storia.» Ricordò che l’avevano chiamato Lews Therin... non solo Ba’alzamon, ma anche Artur Hawkwing. «Non voglio. Luce santa, si suppone che il Drago causi di nuovo la Frattura del Mondo, che faccia a pezzi ogni cosa. Non sarò io il Drago.»

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