Robert Jordan - La grande caccia
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«Tu sei ciò che sei» disse Moiraine. «Già agiti il mondo. Per la prima volta in duemila anni l’Ajah Nera ha rivelato la propria esistenza. Arad Doman e Tarabon sono sull’orlo della guerra; e sarà ancora peggio, quando giungeranno le notizie di Falme. Nel Cairhien è scoppiata la guerra civile.»
«Nel Cairhien non ho fatto niente» protestò Rand. «Non puoi darmene la colpa.»
«Fare niente è sempre stata una tattica del Grande Gioco» sospirò Moiraine. «In particolare, come lo giocano adesso. Sei stato la scintilla e Cairhien è esplosa come fuoco d’artificio degli Illuminatori. Cosa accadrà, secondo te, quando le notizie di Falme arriveranno nell’Arad Doman e nel Tarabon? Sono sempre esistiti uomini disposti a proclamarsi in favore di chiunque si dichiari il Drago, ma non hanno mai avuto segni portentosi come questo. C’è dell’altro. Ecco.» Gli gettò addosso una borsa.
Rand esitò un attimo, prima d’aprirla. La borsa conteneva schegge che parevano di ceramica smaltata in bianco e in nero. Rand ne aveva già viste di simili. «Un altro sigillo della prigione del Tenebroso» borbottò. Min ansimò e gli strinse la mano: ora cercava conforto, anziché offrirlo.
«Due» precisò Moiraine. «Tre sigilli su sette ormai sono infranti: quello che avevo io e i due da me trovati nella dimora del Sommo Signore, a Falme. Quando tutti e sette saranno infranti, forse anche prima, il rappezzo che gli uomini misero sopra il buco scavato nella prigione fatta dal Creatore sarà fatto a pezzi e il Tenebroso sarà di nuovo in grado d’infilare la mano in quel buco e toccare il mondo. E l’unica speranza del mondo è che il Drago Rinato sia lì ad affrontarlo.»
Min cercò d’impedire che Rand gettasse via le coperte, ma lui la scostò con gentilezza. «Ho bisogno di camminare» disse. Min lo aiutò ad alzarsi, ma con molti sospiri e proteste. Rand scoprì d’avere il petto tutto fasciato. Min gli mise sulle spalle una coperta, a mo’ di mantello.
Per un momento Rand rimase a fissare per terra i resti della spada col marchio dell’airone. La spada di Tarn, la spada di suo padre. Rinunciò malvolentieri alla speranza di scoprire se Tarn era realmente suo padre. Si sentì spezzare il cuore. Ma l’affetto per Tarn rimase immutato; e Emond’s Field era l’unica casa che avesse mai conosciuto. Fain era la cosa importante. Gli rimaneva ancora un dovere: fermarlo.
Le due donne lo sostennero, una per parte, e lo accompagnarono accanto ai fuochi da campo, già accesi, non lontano dalla strada di terra battuta. Lì c’erano Loial, che leggeva un libro, Far vela oltre il tramonto , e Perrin, che fissava il fuoco. Gli shienaresi preparavano il pasto serale. Lan, seduto sotto un albero, affilava la spada; guardò attentamente Rand e gli rivolse un cenno di saluto.
C’era anche un’altra cosa: lo stendardo del Drago garriva al centro del campo. Da qualche parte avevano trovato un’asta vera e propria per sostituire quella di fortuna.
«Cosa ci fa lì lo stendardo?» domandò Rand. «Chiunque passi può vederlo.»
«Troppo tardi per nascondersi, Rand» rispose Moiraine. «Per te è stato sempre troppo tardi.»
«Però non occorre neppure mettere un cartello che dica: ‘Sono qui’. Non troverò mai Fain, se qualcuno mi uccide a causa di quella bandiera.» Si rivolse a Loial e a Perrin. «Sono contento che siate rimasti. Ma avrei capito, se ve ne foste andati anche voi.»
«Perché non dovevo restare?» disse Loial. «Sei più ta’veren di quanto non credessi, è vero, ma sei sempre mio amico. Spero.» Agitò le orecchie, incerto.
«E lo sono» replicò Rand. «Fin quando per voi sarà sicuro starmi intorno, e anche dopo.»
L’Ogier sorrise.
«Resto anch’io» disse Perrin, con una nota di rassegnazione nella voce. «La Ruota ci intesse strettamente nel Disegno, Rand. Chi l’avrebbe mai pensato, a Emond’s Field?»
Intanto gli shienaresi si erano raccolti intorno a loro. Con sorpresa di Rand, si misero tutti in ginocchio. E tutti lo fissarono.
«Vorremmo giurare lealtà a te» disse Huno. Gli altri annuirono.
«I vostri giuramenti erano per Ingtar e per lord Agelmar» protestò Rand. «Ingtar è morto eroicamente, Huno. È morto per consentire a noi di metterci in salvo con il Corno.» Non occorreva dire, né a loro né ad altri, il resto. Rand si augurò che Ingtar avesse ritrovato la Luce. «Riferitelo a lord Agelmar, quando sarete a Fal Dara.»
«È detto» replicò Huno, scegliendo con cura le parole «che il Drago Rinato annullerà tutti i giuramenti, spezzerà tutti i legami. Ormai niente ci lega. Vorremmo fare a te il nostro giuramento.» Sguainò la spada e la dispose davanti a sé, con l’elsa verso Rand; gli altri shienaresi lo imitarono.
«Hai affrontato il Tenebroso» disse Masema. Masema, che lo odiava. Masema, che lo guardava come se avesse una visione della Luce. «Ti ho visto, lord Drago. Ho visto. Sono tuo fino alla morte.» Gli occhi gli brillavano di fervore.
«Devi scegliere, Rand» disse Moiraine. «Il mondo sarà distrutto in ogni caso. La Tarmon Gai’don giungerà e basterà a frantumare il mondo. Vuoi ancora nasconderti e lasciare che il mondo affronti senza difesa l’Ultima Battaglia? Scegli.»
Tutti guardavano lui, in attesa. “La morte è più leggera d’una piuma; il dovere, più pesante d’una montagna." Rand prese la decisione.
50
Dopo
Per nave e per cavallo, per carri di mercante e per viandanti, le storie si diffusero, raccontate e raccontate di nuovo, diverse eppure sempre uguali nel nocciolo; giunsero fino all’Arad Doman e al Tarabon e oltre; parlavano di segni e di portenti nel cielo sopra Falme. E gli uomini si proclamarono a favore del Drago e altri uomini li uccisero e furono uccisi a loro volta.
Altri racconti si diffusero: riguardavano una colonna che cavalcò dal sole morente nella Piana di Almoth. Cento uomini delle Marche, si disse. No, mille. No, mille eroi tornati dalla tomba per rispondere alla chiamata del Corno di Valere. Diecimila.
Avevano distrutto una legione intera di Figli della Luce. Avevano gettato di nuovo in mare gli eserciti di Artur Hawkwing appena tornati dall’altra parte dell’oceano Aryth. Era quella colonna, l’esercito di Artur Hawkwing. Verso le montagne cavalcò, verso il sole nascente.
Eppure una sola cosa era identica in tutti i racconti. Alla testa della colonna cavalcava un uomo il cui viso era stato visto nel cielo di Falme e aveva con sé lo stendardo del Drago Rinato.
E gli uomini implorarono il Creatore, dicendo:
O Luce dei Cieli, Luce del Mondo,
fa’ che il Promesso nasca dalla montagna, secondo le Profezie,
come fu nelle Epoche passate e come sarà
nelle Epoche future.
Fa’ che il Principe del Mattino canti alla terra
in modo che le piante crescano e le valli generino agnelli,
Fa’ che il braccio del Signore dell’Alba
ci protegga dalle Tenebre
e che la grande spada della giustizia ci difenda.
Fa’ che il Drago cavalchi di nuovo sul vento del tempo.
del Secondo Libro
di La Ruota del Tempo
GLOSSARIO
Il Calendario Tornano (ideato da Toma dur Ahmid) fu adottato circa due secoli dopo la morte dell’ultimo Aes Sedai e registrò gli anni Dopo la Frattura del Mondo (d.F.). Molte registrazioni andarono distrutte durante le Guerre Trolloc, al punto che al termine c’erano discussioni a proposito dell’anno esatto secondo l’antico sistema. Tiam di Gazar propose un nuovo calendario, per celebrare la presunta liberazione dalla minaccia dei Trolloc, nel quale ogni anno era registrato come Anno Libero (A.L.). Nel giro di vent’anni dalla conclusione delle Guerre, il calendario gazarano fu ampiamente accettato. Artur Hawkwing tentò di istituire un nuovo calendario basato sulla fondazione del proprio impero (F.I., dalla fondazione dell’impero), ma al giorno d’oggi esso è noto solo agli storici, gli unici a farvi riferimento. Dopo l’estesa distruzione, la morte e il disgregamento provocati dalla Guerra dei Cento Anni, un quarto calendario fu ideato da Uren din Jubai, ‘il Gabbiano che si leva in alto’, uno studioso del Popolo del Mare, e promulgato dal panarca Farede di Tarabon. Il calendario faredese, che partiva dalla data, arbitrariamente stabilita, della conclusione della Guerra dei Cento Anni e registrava gli anni della Nuova Era (N.E.), è quello d’uso corrente.
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