Robert Jordan - La corona di spade

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Con passo malfermo si mosse come un fantasma per le vie scure della città, prestando attenzione a dove metteva i piedi. Faceva comunque rumore, ma ora la notte era colma di suoni. Grida e versi gutturali che risuonavano in lontananza.

Mashadar uccideva con noncuranza qualsiasi cosa trovasse, e quella notte i Trolloc stavano morendo a Shadar Logoth com’era già successo molto, molto tempo addietro. Talvolta vedeva dei Trolloc passare davanti agli incroci, due, cinque o dieci, in alcuni casi con un Mezzo Uomo, ma il più delle volte da soli. Nessuno invece si accorgeva di lui, e Rand non li disturbava. Non solo perché Sammael lo avrebbe percepito mentre incanalava. Quei Trolloc e i Myrddraal che Mashadar non uccideva erano comunque morti. Sammael li aveva quasi di sicuro fatti arrivare usando le Porte delle Vie, ma era evidente che non si fosse accorto di come Rand le avesse marchiate in quel particolare posto.

Vicino alla piazza dove si trovava la Porta delle Vie, Rand si fermò e si guardò intorno. Nelle sue vicinanze c’era una torre che sembrava integra. Non era alta come le altre, ma si ergeva comunque almeno cinquanta passi al di sopra del suolo. L’ingresso scuro era vuoto, il legno era marcito da molto tempo e i cardini si erano polverizzati. Immerso nel buio interrotto solamente dalla luce delle stelle che penetrava dalle finestre, Rand risalì lentamente le scale a chiocciola, sollevando con i piedi delle nuvolette di polvere. Ogni due passi sentiva una fitta sotto al tallone risalirgli su per la gamba. Un dolore distante. Raggiunta la cima della torre, si appoggiò contro il parapetto per riprendere fiato. Gli venne in mente un pensiero frivolo: non avrebbe mai sentito la fine se Min avesse scoperto quanto stava accadendo. Min, Amys o anche Cadsuane.

Fra le parti mancanti di tetto Rand riusciva a vedere la grande piazza che era stata una delle più importanti di Aridhol. Una volta quella parte del territorio era stata occupata da un boschetto ogier, ma circa trent’anni dopo che gli Ogier che avevano costruito la parte più antica della città si erano allontanati i residenti avevano abbattuto gli alberi per far posto a una Aridhol in espansione. Palazzi e quanto ne restava circondavano la grande piazza; il bagliore di Mashadar risplendeva da dentro alcune finestre e un enorme catasta di detriti ne copriva un lato, ma al centro svettava la Porta delle Vie, che pareva nient’altro che un blocco di pietra. Rand non era abbastanza vicino per distinguere le delicate foghe intagliate che la coprivano, ma poteva vedere i pezzi di recinto che una volta la circondavano. Il metallo lavorato con il Potere, ora accatastato da un lato, risplendeva immacolato alla luce notturna. Notò anche le trappole che aveva piazzato intorno alla Porta delle Vie, invertite affinché fossero visibili solo per lui. A una semplice occhiata non c’era modo di capire se i Trolloc e i Mezzi Uomini vi erano passati attraverso, ma se l’avevano fatto, sarebbero morti in poco tempo. Era una trappola disgustosa. Qualsiasi congegno avesse piazzato Sammael lì vicino, per lui era invisibile, ma se l’era aspettato. Con ogni probabilità, nemmeno quel tipo di trappole erano molto gradevole.

All’inizio non riuscì a vedere Sammael, ma poi ci fu del movimento fra le colonne scanalate e splendenti di un palazzo. Rand attese. Voleva essere sicuro: avrebbe avuto una sola possibilità. La figura avanzò, fece un passo fuori dalla linea delle colonne in direzione della piazza, mentre girava il capo da un lato e dall’altro. Sammael, con il merletto candido che risplendeva attorno alla gola mentre aspettava di vedere Rand apparire e cadere nei suoi tranelli. Alle sue spalle il bagliore nelle finestre del palazzo aumentò. Il Reietto scrutò nella piazza protendendosi in avanti, e Mashadar filtrò dalle finestre, onde dense di nebbia grigio-argento che si univano una all’altra, incombendo al di sopra della testa di Sammael, che si mosse leggermente da un lato mentre il flusso cominciava a discendere, aumentando man mano di velocità.

Rand scosse il capo. Sammael era suo. I flussi necessari per creare il fuoco malefico sembrarono raggrupparsi da soli, nonostante l’eco lontana della voce di Cadsuane. Sollevò le mani.

Nel buio echeggiò il grido di una donna, che urlava in un’agonia oltre ogni limite. Rand vide Sammael voltarsi a guardare in direzione del grosso cumulo di detriti mentre lui faceva lo stesso. In cima al mucchio vide una sagoma, che si stagliava nella luce delle stelle, con indosso una giubba e delle brache, e aveva un singolo filamento di Mashadar che le toccava una gamba. Tremava in modo incontrollato ed era a braccia distese, incapace di allontanarsi da dove si trovava, e il suo grido inarticolato sembrava chiamare il nome di Rand.

«Liah» sussurrò. Inconsciamente si protese verso di lei, come se avesse potuto raggiungerla per liberarla da quella situazione. Nulla poteva salvare le creature toccate da Mashadar, come nulla avrebbe potuto salvarlo dalla lama di Farri se gliel’avesse affondata nel cuore. «Liah» sussurrò di nuovo, mentre il fuoco malefico scaturiva dalle sue mani.

Per meno di un attimo, la sagoma della donna sembrò restare dove si trovava, nera e bianca, e un attimo dopo era scomparsa, morta prima ancora che la sua agonia avesse inizio.

Rand gridò e scagliò il fuco malefico verso la piazza, mentre i detriti cadevano uno sull’altro, spazzati da una morte senza tempo, e rilasciò saidin prima che la barra bianca toccasse il lago di Mashadar, che adesso ondeggiava attraverso la piazza, oltrepassando la Porta delle Vie per dirigersi verso i fiumi grigio-argento che fuoriuscivano da un altro palazzo dal lato opposto. Sammael doveva essere morto. Doveva. Non aveva avuto il tempo di scappare e, se l’avesse avuto, Rand avrebbe percepito saidin. Sammael era morto, ucciso da un male grande quasi quanto lui. Le emozioni si rincorsero al di fuori del Vuoto. Rand non sapeva se ridere o piangere. Era venuto laggiù per uccidere uno dei Reietti, e invece aveva fatto morire una donna che aveva abbandonato al proprio fato proprio lì, molto tempo prima.

Rand rimase a lungo sulla cima della torre, mentre la luna calante attraversava il cielo; rimase a guardare Mashadar che riempiva tutta la piazza, fin quando fu visibile solo la sommità della Porta delle Vie al di sopra della nebbia, che poi iniziò lentamente a defluire, per andare a minacciare un altro luogo. Se Sammael fosse stato vivo, a quel punto avrebbe potuto facilmente uccidere il Drago Rinato, e Rand non era certo che gli sarebbe importato. Alla fine si decise ad aprire un passaggio per un volo aleggiato; preparò la piattaforma, un disco senza ringhiere, mezzo bianco e mezzo nero. Il volo aleggiato era più lento del viaggiare; impiegò almeno mezz’ora per raggiungere Illian, e per tutto il tragitto, il nome di Liah gli bruciò nella mente, all’infinito, come a volerlo punire. Desiderò di essere capace di piangere, ma forse aveva dimenticato come si faceva.

Rand era atteso nel palazzo del re, nella sala del trono, da Bashere, Dashiva e gli Asha’man. Era esattamente come la stanza che aveva visto dall’altro lato della piazza, perfino le lampade da terra, le scene scolpite sulle pareti di marmo e il palco bianco corrispondevano. Era identica, ma leggermente più ampia, e invece di nove sedie, vi era solo un grande trono dorato con dei leopardi come braccioli e nove api d’oro delle dimensioni di un pugno che si sarebbero trovate sopra la testa di chiunque si fosse seduto sul trono. Rand si accasciò sfinito sugli scalini davanti al palco.

«Suppongo che Sammael sia morto» disse Bashere, guardandolo dall’alto in basso con la giubba stracciata e impolverata.

«È così» rispose Rand. Dashiva sospirò di sollievo.

«La città è nostra» proseguì Bashere. «O dovrei dire tua.» A un tratto scoppiò a ridere. «I combattimenti sono finiti in fretta quando la gente giusta ha scoperto che si trattava di te. Alla fine non ci abbiamo messo molto.» Una manica della giubba di Bashere era macchiata di sangue rappreso. «Il Consiglio era impaziente di vederti tornare. Direi che era addirittura ansioso» aggiunse con un sorriso sarcastico.

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