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Robert Silverberg: Il sogno del tecnarca

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Robert Silverberg Il sogno del tecnarca

Il sogno del tecnarca: краткое содержание, описание и аннотация

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Il Tecnarca McKenzie ha fretta, perché vuol gli uomini sparsi per tutto l’Universo durante il periodo del suo governo. Per questo lo irritano tanto le notizie portate dall’equipaggio dell’astronave che ha compiuto felicemente un viaggio di prova sperimentando la nuova propulsione. Gli uomini non sono i soli esseri intelligenti. Gli astronauti hanno notato tracce di attività su uno dei pianeti scelti da Tecnarca per la colonizzazione terrestre. Un’altra civiltà vi sta installando una sua colonia. Il Tecnarca McKenzie ha fretta di definire la questione, perciò bisogna mettersi in contatto con gli altri, far loro capire chi sono i terrestri, ed accordarsi perché le sfere di influenza delle due civiltà non vengano mai a conflitto, e si dividano amichevolmente l’Universo. E l’astronave appena tornata dal difficile viaggio deve ripartire subito, con lo stesso equipaggio, che è stanco ma è l’unico di cui il Tecnarca si fidi. Con l’equipaggio viaggeranno i cinque uomini migliori della Terra, ognuno eccellente nel proprio campo, per negoziare con l’altra razza e concludere secondo i desideri del Tecnarca il quale, avendo già rinunciato a una parte del suo sogno, non intende rinunciare anche alla metà dell’universo che gli è rimasta. Ma le cose non vanno come stabilito, e il Tecnarca dovrà mettersi a segnare il passo insieme a tutta la razza umana, perché la spedizione terrestre fa una scoperta che costringerà McKenzie a rinunciare ai suoi sogni.

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«Metteteci… giù!» grugnì Skrinri.

«Benissimo.»

I Norglani tornarono giù di colpo. Colti alla sprovvista, toccarono terra in un mucchio scomposto e poco dignitoso, e rimasero un attimo al suolo, aggrappati al terreno, quasi volessero essere assolutamente certi di non essere più sottoposti al controllo della volontà rosgollana. Quando i due ambasciatori si alzarono, lo fecero lentamente, a capo chino, e senza osare di guardare i Terrestri.

Seguì un lungo istante di silenzio.

Poi il rosgollano riprese: «Vi abbiamo trasportato qui dal vostro pianeta, e vi abbiamo dimostrato fino a che punto può arrivare in effetti la vostra forza. Rispondeteci, ora, uomini dell’imperiale Norgla. Proclamate ancora che l’Universo è vostro?»

I Norglani non risposero.

La voce del rosgollano continuò, pacata eppure carica di monumentale maestà: «E là ci sono i Terrestri, creature meno sicure di se stesse di voi Norglani, ma altrettanto orgogliose, altrettante arroganti. Voi, Terrestri, sappiamo che vorreste dividere l’Universo con quelli di Norgla. Ma siete certi che sia in vostra facoltà, che sia vostro diritto proporre una divisione del genere?»

Per lungo tempo, nessuno dei Terrestri osò dare una risposta. Era inutile tirare in ballo la propria forza, di fronte a esseri dotati di poteri che esulavano dalla comprensione umana. Scuotere il pugno contro un turbine di vento e una dimostrazione di debolezza non di forza.

Eppure, qualcosa bisognava pure rispondere.

Bisognava pure addurre qualche giustificazione.

Non sono io il portavoce della spedizione pensò Martin Bernard. Non sono obbligato a parlare. Chi me lo fa fare di prendermi questa responsabilità ?

Ma quel silenzio, se ne rendeva conto, era intollerabile, e se nessun altro si decideva a parlare doveva farlo lui. Qualcuno doveva pure insorgere in difesa della Terra e delle pretese della Terra, visto che ormai quel raduno si stava trasformando in un vero e proprio processo.

Bernard fece un passo avanti con aria impacciata, mettendosi tra il suo gruppo e i Norglani, e guardando nella direzione in cui gli pareva si trovasse il rosgollano.

«Noi non abbiamo agito per orgoglio» esordì tranquillamente Bernard. «Le nostre azioni sono dettate da motivi che non hanno bisogno di giustificazioni. Siamo una razza in continuo aumento, abbiamo bisogno di spazio per espanderci. I Norglani, come noi, hanno bisogno di nuovo spazio. Noi speravamo solo di raggiungere un accordo per evitare un conflitto d’interessi e quindi una guerra.»

«Avete avanzato pretese su metà dell’Universo» disse la voce accusatrice del rosgollano. «Dove sarebbe la vostra umiltà, il vostro senso della misura?»

Bernard mantenne il suo punto di vista. «Sentiva» il silenzioso incoraggiamento degli altri Terrestri. «Abbiamo avanzato pretese su mezzo Universo, d’accordo» disse. «L’abbiamo fatto credendo in buona fede che l’Universo appartenesse esclusivamente ai Terrestri e ai Norglani. Questo forse il nostro orgoglio e il nostro errore, nato da questa cieca convinzione. Sì, eravamo nell’errore, in un tragico errore. Nell’Universo, nel nostro come negli altri, ci sono altre razze, ora lo sappiamo, e di tutte noi siamo forse la più giovane, e quindi la più avventata, e per questa giovanile avventatezza chiediamo la vostra indulgenza. Tuttavia, avanziamo ancora il diritto di espanderci. Il diritto di colonizzare pianeti ancora disabitati.»

Pensava di aver segnato un punto in favore dei Terrestri. Invece, sentì ondate di risa ironiche passare attraverso il cerchio dei Rosgollani. Arrossì fino alle orecchie, e si rese conto che quella sua affermazione di giusti diritti era suonata alle loro orecchie come un piagnisteo supplichevole.

«I Terrestri riducono le loro pretese» commentò il portavoce rosgollano con voce sardonica. «Invece di mezzo Universo, ora si accontenterebbero di una metà dei pianeti disabitati. Hanno fatto una grande concessione a quanto pare. È apprezzabile il loro lodevole desiderio di mostrarsi ragionevoli. Che ne dite voi, orgogliosi rappresentanti dell’imperiale Norgla? Parlate a nome del vostro popolo, date la vostra risposta. Siete disposti voi pure a ridurre le vostre pretese?»

I Norglani presero tempo prima di rispondere. Ormai si erano adeguati alla stranezza della situazione, e perciò conferirono a lungo tra loro prima che Vortakel rispondesse lentamente: «Ci avete dimostrato che, forse, non siamo noi… almeno non ancora, il popolo più potente dell’Universo. Ragione per cui, dobbiamo rassegnarci.»

Bene, bene pensò Bernard. Direi che ti è costato un bello sforzo, vecchio mio. Sei stato grande. Hai confessato che non sai che pesci pigliare. E ti secca molto! È evidente.

Alla dichiarazione norglana seguì un lungo istante di penoso silenzio. Nessuno parlava, nessuno reagiva. I due ambasciatori si tenevano l’uno accanto all’altro, a capo chino, mentre i Terrestri si stringevano in gruppo compatto a qualche metro di distanza e il cerchio di Rosgollani riuniti rimaneva attorno a loro, in una presenza più sensibile che visibile.

Poi quell’immobilità si ruppe.

«Un momento!» disse Laurance all’improvviso.

«Sì? Qualche recriminazione?»

«Dite piuttosto una protesta» replicò il pilota spaziale, facendosi avanti e mettendosi nel punto dove poco prima si era messo Bernard. Con aria di sfida, Laurance gridò: «Ci avete condotti quassù, chissà come, noi e ora anche i Norglani. Per voi è stato un giochetto da poco agguantarci e trascinarci qui. E adesso state tenendo questa piccola corte speciale. Molto bene. Certo voi disponete di poteri misteriosi che nessuno di noi pretende di avere, e li sfoggiate cavandone tutto il vantaggio possibile. Potete spazzare via le nostre astronavi, naturalmente, passare attraverso i muri e tenere la gente sospesa a mezz’aria. Però adesso rispondetemi: che diritto avete voi d’impicciarvi negli affari della nostra galassia? Chi vi ha autorizzati a considerarvi giudici, si può sapere? Rispondete a questo. È solo il diritto della vostra forza che vi autorizza a trattarci come pupazzi?»

«Noi non vi stiamo giudicando» rispose la voce del rosgollano. «Stiamo solo facendo da intermediari in una lite tra due razze. Due giovani razze, sia bene inteso. Per poter riuscire nel nostro intento, noi dobbiamo portare in campo la nostra autorità, dobbiamo dimostrarvi la nostra forza. È l’unico modo di trattare con i bambini» dichiarò il rosgollano.

«Con chi…?»

«Bambini, sì! La vita è nata tardi nella vostra galassia. Finora, solo due razze intelligenti si sono evolute laggiù, razze energiche, vigorose. Per la prima volta il cammino di queste due razze si è incrociato. Senza la nostra mediazione, ben presto i vostri imperi in espansione sarebbero entrati in conflitto. Per questo ci assumiamo il compito di scongiurare questa guerra, agendo nell’interesse di tutte le razze di tutti gli Universi conosciuti. E tra queste razze, lo ripeto, voi siete le più giovani, le meno potenti e ciononostante le più aggressive. Ragione per cui, saranno tracciati dei limiti per l’impero della Terra, e limiti per l’impero di Norgla. Nessuno di voi dovrà varcare questi confini nella ricerca di nuove colonie. In questo modo la vostra galassia potrà vivere in pace, per l’eternità, in una continuità senza fine.»

15

Tutto era deciso.

Grazie a qualche loro misteriosa magia, i Rosgollani avevano evocato, là in mezzo al campo, un modello su scala ridotta della parte dell’Universo che comprendeva la Terra e Norgla.

Il modello fluttuava a mezz’aria, una spirale con due estremità ricurve come serpenti, composta di milioni e milioni di particelle luminose. Il modellino, che nella sua bianca leggiadria era di una bellezza da mozzare il fiato, sembrava autentico mentre stava là sospeso, scintillante di gelidi bagliori.

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