Robert Silverberg - Il figlio dell'uomo

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Il figlio dell'uomo: краткое содержание, описание и аннотация

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Un uomo del nostro tempo viaggia a miliardi d’anni nel futuro ed incontra le formi diversi dell’umanità del futuro.

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Ridiscende. Vede la gabbia metallica luminosa dello sferoide, che contiene tuttora lo sferoide senza vita, raggrinzito. Ci si avvicina, e appoggia le mani sulle sbarre luminose.

— Nessuno dovrebbe essere morto nella notte dell’Apertura della Terra — dice. — Ritrova di nuovo la tua forza! Vieni! Vieni! — Appoggia le mani sul corpo rugoso dello sferoide. — Riesci a sentirmi? Io ti richiamo alla vita, figlio, figlia, nipote, pronipote. — Dalle profondità della Terra aperta richiama nuova vita e maestà nello sferoide, che riacquista pienezza, riprende la sua levigatezza, torna simmetrico e sodo ancora una volta, purpureo, rosso, e quindi rosa. Vive di nuovo. Ne capta le emanazioni non-verbali di riconoscenza. — Noi umani siamo molto legati — dice allo sferoide. — Io sono Clay. La mia era è un po’ precedente alla tua, prima che la razza cambiasse forma. Tu hai visto, però, come le epoche successive abbiano portato a un ritorno alla disposizione originaria. Quegli addormentati lì… i nostri ospiti…

Hanmer, Bril, Serifice, Angelon, Ti e Ninameen diventano alternativamente nitidi e confusi, oscillano dalla condizione maschile a quella femminile e da quella femminile a quella maschile, diventano nitidi, si affievoliscono. Sono ancora immersi nella cerimonia dell’Apertura della Terra. Si chiede se avrebbe dovuto rimanere con loro, ma decide che se l’avesse fatto, non avrebbe provato il piacere della camminata nell’aria né avrebbe fatto risuscitare lo sferoide. È stato un giorno di meraviglie. Non aveva mai conosciuto una felicità analoga, in precedenza.

Anche quando gli obbrobriosi uomini-capra compaiono in lontananza, il delirio di felicità di Clay rimane immutato. Si inchina loro. — Io sono Clay — spiega. — Tra tutti quelli colti dal flusso del tempo, sembra che io sia il più antico. Lo sferoide appartiene a un’epoca successiva alla mia. Questi, naturalmente, sono gli esemplari umani dominanti attualmente. E voi tre, suppongo, provenite da qualche periodo intermedio, quando…

Mormorando oscenamente, gli uomini-capra avanzano verso di lui.

Si parlano l’un l’altro con un linguaggio gutturale e monotono, e avanzano lentamente come granchi, disponendosi ad angolazioni diverse. Pervadono l’aria con l’odore della putrefazione. Clay combatte il ribrezzo, ripetendosi di evitare i giudizi esteriori; anche quésti sono figli dell’uomo, e in una qualche era ormai scomparsa devono aver rappresentato l’apice dell’evoluzione umana. Sarà comprensivo; sarà caritatevole, sarà amoroso. Adesso gli sono abbastanza vicini, i loro volti sono rivolti a lui, esalano vapori folli, e lo insozzano coi loro nauseanti gorgoglii. Lui annaspa e tossisce. Tengono le corte braccia massicce strette contro i petti bianchi e glabri; le dita, lunghe e nodose, finiscono in cuscinetti di carne viva, e non ci sono unghie. Oscillano ritmicamente sulle loro cosce enormi. Clay vede lampeggiare nei loro occhi un’indiscutibile malevolenza. I semi che gettano ai loro piedi stanno contaminando l’anfiteatro con la loro rapida fioritura. — Possiamo discuterne? — chiede. — Questa è la notte dell’Apertura della Terra. Siamo comprensivi. Siamo ricettivi. Come posso aiutarvi? — Le creature gli si avvicinano sempre più. Da loro emanano onde di genuina minaccia. Preoccupato, tenta di sollevarsi dal suolo, ma le loro braccia si allungano per afferrarlo e tenerlo a terra. Cominciano a scrollarlo avanti e indietro, passandoselo come se fosse un pallone, e da loro proviene un suono sottile di risata gracchiante. Un gioco! Trattato come un giocattolo! — Non avete capito — dice Clay. — Io sono un essere umano, una forma primitiva, ma lo stesso… meritevole… di… rispetto… — Il gioco diventa violento. Sono molto più alti di lui; la sua testa raggiunge a malapena il loro petto. Saltano fieramente sui piedi, facendo tremare il terreno. I loro denti adesso brillano.

Hanmer, Ninameen, Ti, Serifice, Bril e Angelon si siedono e guardano la scena. Non fanno nulla per interferire nella situazione.

Solo lo sferoide mostra risentimento per il modo in cui gli uomini-capra trattano Clay. Parla loro rabbiosamente. Ma gli uomini-capra non sanno comprendere il linguaggio dello sferoide rosa più di quanto faccia Clay. Continuano a sballottare Clay. La sua pelle duole dove loro lo toccano. Mentre lo spingono, mormorano continuamente rivolti a lui. Che cosa stanno dicendo? Immagina che gli stiano dicendo: Tu diventerai come noi. Tu diventerai come noi. Tu diventerai come noi. E quell’urlo sgraziato è la loro risata? Quale corso sinistro di eventi ha potuto trarre questi orrori dal bagaglio genetico umano? Sono gli scheletri nell’armadio di domani. Sono lo scherzo che il futuro giocherà a tutti i sognatori utopistici. Clay cade a terra sotto i loro colpi. Il viluppo di piantine in rapida crescita lo avvolge e lui annaspa per respirare. Lo prendono a calci e lo colpiscono. Lui vomita. Eppure trae forza dal fatto che queste creature sono solo una fase transitoria della storia. L’umanità passerà attraverso quella fase, purgandosi, e proseguirà fino ad arrivare alla condizione divina di Hanmer. È confortante, anche se il dio Hanmer al momento non offre un grande aiuto. Esasperato, Clay si insinua in un’apertura tra i piedi che lo colpiscono e si precipita lungo il pendio dell’anfiteatro verso Hanmer e i suoi amici. — Voi! Hanmer! — chiama. — Allontanateli da me! Non siete capaci di controllare i vostri antenati?

Hanmer ride. — Sono al servizio dell’Errore in questo momento, mio caro. E così sono liberi dal mio controllo.

Gli uomini-capra si sono accorti della fuga di Clay. Si rivolgono invece allo sferoide, ma sono colpiti dalla scossa difensiva nel momento in cui toccano la gabbia, e, grugnendo, lo abbandonano per dirigersi nuovamente verso Clay.

Come può sfuggire? Può tollerare il mormorio, ma non l’odore, non la bruttezza allucinante. Correndo, scivolando, fugge nella profonda oscurità, girando intorno ai macigni e lanciandosi nel folto della fitta foresta. Può sentire i versi immondi dei capri che lo seguono: hhruhf, hhruhf, hhruhf. Un passo frettoloso lo fa scivolare in una massa d’acqua nascosta: sente che gli manca la presa sotto i piedi, cerca di riconquistare l’equilibrio, inciampa su un ostacolo invisibile, cade in avanti a testa in giù. C’è un grande tuffo. Qualcosa gli afferra il corpo da sotto. Scende.

5

Respirare acqua non è difficile come pensa. Ne riempie i polmoni, trattenendola fino a saturare ogni cellula respiratoria; poi ne trae tutta l’energia contenuta. Il panico cessa improvvisamente. Si adatta. Si trova in una fossa scura cinque volte più profonda della sua ampiezza, e l’acqua è gelida. Nuota pigramente con piccoli movimenti di spinta dei piedi, mentre espelle gli ultimi rimasugli d’aria presenti nel corpo. L’altro occupante della polla attende paziente, lasciandogli il tempo di acclimatarsi. Sono Quoi , gli dice dopo un po’, inviandogli l’informazione in un torrente di bolle blu, verdi e rosse che attraversano il fondo della polla come fossero punti fosforescenti. Sono un nemico dell’Errore. Qui sei al sicuro.

Io sono Clay.

Ti proteggerò, Clay.

Percepisce l’ambiente con una chiarezza crescente. Le acque della polla sono nettamente divise in nove zone ognuna delle quali è caratterizzata da una temperatura diversa, da una salinità, densità e forma molecolare prevalente specifica. Il punto d’incontro tra zona e zona è segnato chiaramente da una membrana energetica di risonanza inconfondibile e nettamente definita. Sulla tensione metallica presente alla superficie della polla torreggiano tre strati di nebbia rossa vorticosa striati di giallo ruggine: i capri ingannati cercano inutilmente di scrutare in basso. Clay occupa la quarta zona partendo dalla superficie. Tre zone sotto di lui c’è Quoi, che si manifesta sotto la forma di un bagliore tubolare smeraldino. Clay raffina le sue percezioni e scopre che Quoi è una creatura massiccia e affusolata, allungata, che da una parte termina in cinque magri tentacoli e dall’altra in una coda appiattita e allargata. In quella creatura è evidente un’intelligenza placida, ma possente; l’emanazione della sua sensibilità è un alone turchese che avvolge la sua pelle nera e splendente, e i pensieri di Quoi ribollono dalle profondità come fiocchi di neve multicolore, vorticando, fondendosi, scontrandosi. Clay si avvicina maggiormente. Il flusso del tempo mi ha portato qui, dice. È successo lo stesso anche a te?

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