Robert Silverberg - Brivido crudele

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Una giovane orfana diciassettenne, vergine, e madre di cento figli. Un astronauta che, su un lontano pianeta, è stato vivisezionato e rimesso insieme, ma con criteri extraterrestri, da dei superchirurghi. Unite queste due vittime di un oltraggio insanabile. Dall’orrore che striscia sotto la loro pelle, pronto a prorompere, scaturiranno torrenti di paura, ira, odio, gelosia, tormento, terrore: le emozioni umane delle quali si nutre e si abbevera, e grazie alle quali ingrassa e si arricchisce, il “mercante di dolore”. L’astronauta, l’orfana e l’avvoltoio: il più strano “triangolo” coniugale che i mondi interplanetari abbiano mai veduto.

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Lona gliela disse.

— Mercoledì — disse Melangio istantaneamente.

— Come fa?

— È un dono. Pronuncia di seguito, ma chiaramente, tutta una serie di cifre, più presto che puoi.

Lona disse una quindicina di numeri. Melangio li ripeté.

— Giusto? — chiese d’Amore, raggiante.

— Non ne sono sicura — disse lei. — Li ho dimenticati.

Si avvicinò al sapiente idiota, che la osservò senza interesse. Guardandolo negli occhi, Lona capì che Melangio era un altro fenomeno, tutto stranezza, niente anima. Si chiese, agghiacciata, se stessero cucinandole un’altra tresca amorosa.

Nikolaides disse: — Perché l’hai riportato? Credevo che Chalk avesse rinunciato all’opzione.

— Chalk ha pensato che alla signorina Kelvin avrebbe fatto piacere di parlargli — rispose d’Amore. — Mi ha chiesto di portar qui Melangio.

— Che cosa gli dovrei dire? — chiese Lona. D’Amore sorrise. — E che ne so?

Lei trasse in disparte l’uomo dalle labbra sottili e bisbigliò: — È un po’ picchiato in testa, vero?

— Sì, direi che gli manca qualche rotella.

— Dunque Chalk ha un altro progetto sul mio conto. Dovrei tener per mano lui, adesso?

Fu come parlare al muro. D’Amore disse soltanto: — Lo porti di là, sedetevi, chiacchierate. Probabilmente ci vorrà un’ora prima che Chalk arrivi.

C’era una saletta adiacente, con un tavolo di vetro galleggiante nell’aria, e alcune poltrone. Entrarono, lei e Melangio, e la porta si richiuse dietro di loro come quella di una prigione.

Silenzio. Scambio di sguardi.

Egli disse: — Mi chieda quel che le pare, sulle date. Quel che le pare.

Si dondolava ritmicamente avanti e indietro. Il suo sorriso non svaniva mai. Lona pensò che aveva la mente di un bambino di sette anni.

— Mi chieda quando è morto George Washington. O chiunque altro. Chiunque. Qualsiasi persona importante.

— Abraham Lincoln — sospirò lei.

— 15 aprile 1865. Sa quanti anni avrebbe, se fosse ancora vivo oggi? — Glielo disse di colpo, precisando persino i giorni. La risposta le pareva giusta. Egli sembrò contento di sé.

— Come fa?

— Non lo so. So farlo, ecco tutto. L’ho sempre saputo fare. Ricordo le condizioni del tempo e tutte le date. — Ridacchiò. — Lei mi invidia?

— Non molto.

— Certuni sì, invece. Vorrebbero imparare come si fa. Il signor Chalk vorrebbe imparare come si fa. Vuole che lei mi sposi, lo sa?

Lona ebbe un fremito. Cercando di non essere crudele, gli chiese: — Glielo ha detto lui?

— Oh, no! Non in chiare parole! Ma io lo so. Vuole che stiamo insieme. Come lei stava con quell’uomo dalla faccia buffa. Questo piaceva a Chalk. Specialmente quando bisticciavate. Una volta mi trovavo col signor Chalk, e lui diventò tutto rosso in faccia e mi scacciò dalla camera. Mi fece richiamare poi. In quel momento lei e l’altro dovevate litigare.

Lona brancolava nel buio, cercando di capire. — Lei legge il pensiero, David?

— No.

— E Chalk?

— No. Non lo legge. Non è questione di parole. È questione di sentimenti. Lui legge i sentimenti. Ne sono certo. E gli piace quando sono sentimenti di infelicità. Vuole che non si sia felici insieme, perché questo lo renderebbe felice.

Lona, perplessa, si chinò verso Melangio e disse: — Vuoi bene alle donne, David?

— Voglio bene a mia madre. Qualche volta voglio bene a mia sorella. Anche se mi hanno fatto male da bambino.

— Hai mai avuto voglia di sposarti?

— Oh, no! Il matrimonio è una cosa da grandi!

— E tu quanti anni hai?

— Quarant’anni, otto mesi, tre settimane, due giorni. Non so quante ore. Non hanno mai voluto dirmi l’ora in cui sono nato.

— Povero diavolo.

— Mi compiangi perché non mi dicono a che ora sono nato?

— Ti compiango e basta — disse lei. — Ma non posso fare niente per te, David. Ho consumato tutta la gentilezza che avevo a disposizione. Adesso sono gli altri che devono cominciare a essere gentili con me.

— Io sono gentile con te.

— Sì, è vero. Sei molto gentile. — Impulsivamente, gli prese una mano. La pelle era liscia e fresca. Non liscia come quella di Burris, però, né altrettanto fredda. Melangio rabbrividì a quel contatto, ma lasciò che lei gli stringesse la mano. Dopo un po’, Lona la lasciò andare, si avvicinò alla parete e continuò a farvi scorrere le mani fino a quando la porta non si aprì. Lei passò attraverso e vide Nikolaides e d’Amore che confabulavano.

— Adesso Chalk la riceve — disse d’Amore. — Le è piaciuta la chiacchieratina con David?

— È molto simpatico. Dov’è Chalk?

Chalk era nella sua sala del trono, appollaiato lassù in alto. Lona si arrampicò su per i piuoli di cristallo. Nell’avvicinarsi al grassone, si sentì ripresa dalla timidezza di un tempo. Ultimamente, aveva imparato a trattare con la gente; ma Chalk poteva essere un osso troppo duro per lei.

Egli si dondolava nella sua poltrona enorme. Il suo faccione si piegò in un probabile sorriso.

— Lieto di rivederti. Ti sono piaciuti i tuoi viaggi?

— Molto interessanti. E ora, i miei bambini…

— Per favore, Lona, non precipitiamo. Hai conosciuto David?

— Sì.

— Che pena fa. Ha tanto bisogno di aiuto. Che te ne pare del suo dono?

— C’è stato un patto — disse Lona. — Abbiamo convenuto che io mi sarei presa cura di Minner e che lei mi avrebbe procurato alcuni dei miei bambini. Di Melangio, non se ne parla.

— Hai rotto i rapporti con Burris prima del previsto — disse Chalk. — Non ho ancora portato a termine tutti gli accordi necessari per quel che riguarda i tuoi bambini.

— Me li procurerà?

— Fra un po’. Ma non subito. La trattativa è difficile persino per me. Lona, vuoi farmi un piacere, mentre aspetti i bambini? Aiuta David, come hai aiutato Burris. Reca un po’ di luce nella sua vita. Mi piacerebbe vedervi insieme. Una persona affettuosa, materna, come te…

— Questo è il gioco, vero? — disse lei a un tratto. — Menarmi per il naso all’infinito! Darmi da cullare uno “zombi” dopo l’altro. Burris, Melangio. Chi sarà il prossimo? No, no. Un patto è un patto. Voglio i miei bambini. Voglio i miei bambini.

Ammortizzatori sonici ronzarono per attutire la forza di penetrazione delle sue grida. Chalk sembrò stupito. Pareva al tempo stesso compiaciuto e arrabbiato per la manifestazione di coraggio di Lona. Il suo corpo sembrò gonfiare ed espandersi.

— Lei mi ha truffata — disse Lona, piano. — Non ha mai avuto l’intenzione di ridarmeli!

E balzò in avanti. Avrebbe strappato brandelli di carne da quella faccia.

Fulmineamente, dal soffitto, calò una rete sottile di fili dorati. Lona urtò contro la rete, rimbalzò, si lanciò ancora. Non poteva raggiungere Chalk. Era come dietro uno scudo.

Nikolaides e d’Amore l’afferrarono per le braccia. Lei scalciò con le scarpe rinforzate.

— È esaurita — disse Chalk. — Bisogna calmarla.

Qualcosa le punse la coscia sinistra. Si afflosciò e rimase immobile.

28

Non sai che pianto

Si stava stancando di Titano. Si era assuefatto a quella luna glaciale come a una droga, dopo la partenza di Lona; ma ora non gli faceva più effetto. Nulla di ciò che Aoudad poteva fare o dirgli… o procurargli… l’avrebbe trattenuto un solo istante.

Elisa era stesa accanto a lui. Molto in alto sul loro capo, la Cascata di Ghiaccio precipitava nella sua immobilità. Avevano noleggiato una motoslitta personale ed erano venuti lì da soli a fermarsi alla bocca del ghiacciaio, per far l’amore, sulla crosta gelata di ammoniaca, sotto il riverbero Saturnino.

— Ti dispiace che io sia venuta qui da te, Minner? — chiese lei.

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