Dopo un po’ la folla si disperse. Il cilindro era rimasto al suo posto, in cima al fungo di pietra. Parecchi corpi gli giacevano accanto, e molte delle persone che si stavano allontanando erano ferite. Burton passò attraverso la folla. Una donna aveva il volto tutto graffiato, specialmente intorno all’occhio destro. Stava singhiozzando, e nessuno le prestava attenzione. Un uomo era seduto per terra e si teneva l’inguine, che portava i segni di unghie affilate.
Dei quattro che giacevano sulla sommità della roccia, tre erano privi di sensi. Furono fatti rinvenire gettando loro in faccia dell’acqua mediante i graal. Il quarto, un uomo piccolo e magro, era morto. Qualcuno gli aveva torto il collo finché si era rotto.
Burton guardò di nuovo il sole e disse: — Non so con esattezza quando sarà l’ora della cena. Direi di non tornare dopo troppo tempo da che il sole sarà sceso dietro le montagne. Metteremo in quelle cavità i nostri graal, o santi recipienti, o secchi da pasto, o come li volete chiamare. Nel frattempo…
Stava per dire di gettare anche quel cadavere nel fiume, ma gli venne in mente che ne poteva ricavare qualcosa di utile. Spiegò agli altri quello che intendeva, e quelli calarono il corpo dalla roccia e lo portarono attraverso la distesa. Frigate e Galeazzi, ex-importatore di Trieste, fecero il primo turno. Era chiaro che Frigate non gradiva molto tale lavoro, ma quando Burton gli chiese se voleva dare una mano rispose di sì. Afferrò il cadavere per i piedi e si avviò, mentre Galeazzi lo reggeva per le ascelle. Alice camminava dietro a Burton, tenendo la bimba per mano. Qualcuno della folla li guardò con curiosità o gridò commenti e domande, ma Burton li ignorò. Dopo circa un chilometro, Kazz e Monat diedero il cambio a Frigate e Galeazzi. La bimba non sembrava turbata dalla vista del morto. Il primo cadavere l’aveva incuriosita, invece di inorridirla per via della carne bruciata.
— Se è vero che viene dall’antica Gallia — disse Frigate — può essere abituata a vedere corpi carbonizzati. Se ricordo bene, durante certi riti religiosi i Galli bruciavano delle vittime, vive, in grossi cesti di vimini. Non rammento in onore di quale dio o dea fossero quei riti. Vorrei avere una biblioteca per cercarlo. Pensate che potremo avere dei libri, qui? Io credo che diventerei matto se non potessi più leggere.
— Rimane da vedere — disse Burton. — Se non ci sarà fornita una biblioteca ce la faremo da noi. Sempre che sia possibile.
Burton pensò che la domanda di Frigate era un po’ sciocca, ma poi rifletté che quel giorno nessuno aveva la mente del tutto equilibrata.
Alla base delle colline altri due uomini, Rocco e Brontich, diedero il cambio a Kazz e Monat. Burton li condusse oltre gli alberi, attraverso l’erba alta fino alla cintola. L’erba, che aveva il bordo seghettato, graffiava loro le gambe. Burton tagliò uno stelo col suo coltello e ne saggiò la resistenza e la flessibilità. Frigate gli si teneva vicino al gomito, e sembrava incapace di smettere di chiacchierare. Burton pensò che probabilmente discorreva per impedirsi di pensare ai due morti.
— Se ogni uomo vissuto sulla Terra è risorto qui, pensi quante ricerche si possono fare! Pensi quanti enigmi della storia e quanti problemi si potrebbero risolvere! Potremmo parlare a John Wilkes Booth e scoprire se dietro l’assassinio di Lincoln c’era davvero il Ministro della Guerra Stanton. E scoprire anche l’identità di Jack lo Squartatore. E appurare se Giovanna d’Arco faceva realmente parte di una setta di streghe. E parlare al Maresciallo Ney e farci dire se è vero che scampò al plotone d’esecuzione e divenne insegnante, in America. E sapere come si svolsero i fatti a Pearl Harbor. E vedere la faccia dell’Uomo dalla Maschera di Ferro, se pure è mai esistito. E intervistare Lucrezia Borgia e quelli che la conoscevano e appurare se era quella cagna avvelenatrice che la maggior parte delle persone pensa che fosse. E scoprire l’identità dell’assassino dei due principini nella Torre. Forse li uccise proprio Riccardo III.
— E anche riguardo a lei e alla sua stessa vita, Richard Francis Burton, ci sono molti interrogativi ai quali i suoi biografi vorrebbero che si fosse data risposta. È vero che amò una donna persiana, e che la voleva sposare, e che per amor suo era disposto a rinunciare al proprio nome e farsi anche lei persiano? È vero che la donna morì prima che lei potesse sposarla, e che lei fu amareggiato da questa morte e rimase innamorato di quella donna per il resto della sua vita?
Burton guardò Frigate con occhio torvo. Si erano appena conosciuti ed ecco che costui gli rivolgeva le domande più personali e intime. Nulla poteva scusare tale comportamento.
Frigate fece marcia indietro. — Capisco, capisco: ogni cosa a suo tempo. Ma lei sapeva che sua moglie le fece amministrare l’estrema unzione poco dopo che lei morì, e che fu sepolto in un cimitero cattolico? Lei, l’infedele!
Lev Ruach, i cui occhi si erano andati spalancando a mano a mano che Frigate continuava a cicalare, disse: — Lei è Burton, l’esploratore e glottologo? Lo scopritore del Lago Tanganica? Colui che fece un pellegrinaggio alla Mecca camuffato da mussulmano? Il traduttore delle Mille e una notte ?
— Non ho alcun desiderio o bisogno di mentire. Lo sono.
Lev Ruach sputò in faccia a Burton, ma il vento portò via la saliva. — Figlio di una cagna! — gridò. — Pazzo bastardo nazista! Ho letto di te! Sotto molti aspetti eri un uomo ammirevole, suppongo. Ma eri un antisemita!
Burton era esterrefatto. — Sono stati i miei amici — disse — a spargere queste dicerie errate e prive di fondamento. Ma chi conosce i fatti e me, dovrebbe sapere come sono andate le cose. E adesso io penso che…
— Vuoi forse negare di aver scritto Ebrei, zingari, maomettani ? — interruppe Ruach sghignazzando.
— L’ho scritto — rispose Burton. Aveva il volto paonazzo, e abbassando lo sguardo vide che tutto il suo corpo si era arrossato. — E adesso, come stavo dicendo prima che lei m’interrompesse così zoticamente, penso che farebbe meglio ad andarsene. A quest’ora, in altre circostanze, io le sarei già saltato alla gola. Un uomo che parla così con me deve giustificare le proprie parole con i fatti. Ma questa è una situazione un pò strana, e forse lei è nervoso. Non lo so. Ma se lei non si scusa subito, o non se ne va, ho tutta l’intenzione di aggiungere un altro cadavere.
Ruach strinse i pugni e guardò Burton con odio; poi girò sui talloni e si allontanò altezzosamente.
— Cosa vuol dire «nazista»? — chiese Burton a Frigate.
L’americano glielo spiegò come meglio poté. Burton disse: — Ho molto da imparare su quello che accadde dopo la mia morte. Quell’uomo si sbaglia sul mio conto. Io non sono affatto un nazista. Dice che l’Inghilterra divenne una potenza di second’ordine? Soltanto cinquant’anni dopo la mia morte? Per me è difficile crederlo.
— Perché dovrei mentirle? — replicò Frigate. — Non se la prenda per questo. Prima della fine del ventesimo secolo l’Inghilterra si era sollevata di nuovo, e in modo assai singolare, benché ormai fosse troppo tardi…
Mentre ascoltava lo yankee, Burton si sentiva pieno d’orgoglio per la propria nazione. Benché l’Inghilterra l’avesse trattato per tutta la vita in modo più che meschino, e benché egli avesse desiderato ripartire dall’isola tutte le volte che vi metteva piede, l’avrebbe difesa fino alla morte. E inoltre era sempre stato fedele alla sua Regina.
D’improvviso chiese: — Se lei aveva indovinato la mia identità, perché non me l’ha detto subito?
— Volevo esserne sicuro — rispose Frigate. — Oltre a ciò, non abbiamo avuto molto tempo per i rapporti sociali. Né per rapporti di qualsiasi altro genere — soggiunse, guardando con la coda dell’occhio la splendida figura di Alice Hargreaves.
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