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Clifford Simak: Pescatore di stelle

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L’Uomo vuole raggiungere le Stelle, ma non con mezzi tecnici comuni o strabilianti astronavi, bensì mediante una forma superiore di telecinetica, capace di proiettare la mente e quindi il corpo negli spazi infiniti. Il lettore compirà con la fantasia un viaggio che contempla mete raggiungibili soltanto dopo centinaia o migliaia di anni-luce, addentrandosinei misteri della più straordinaria categoria di mutanti, superando i pericoli più insidiosi dell’incomprensione e dell’odio.

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«Bene,» disse Freddy, allegramente. «Siamo arrivati.»

V

La festa stava incominciando a diventare rumorosa: non chiassosa, ma rumorosa. Cominciava ad acquistare quell’atmosfera viziata di futilità di cui finiscono per cadere vittima tutte le feste. E c’era qualcosa, qualcosa nell’odore acre di troppe sigarette, nel freddo della brezza del Canyon che soffiava dalle finestre aperte, il suono vacuo e stridulo delle chiacchiere umane, che diceva che si stava facendo tardi: era tardi ed era il momento di andare, anche se in realtà non era affatto tardi. Non era ancora mezzanotte.

L’uomo che si chiamava Herman Dalton stese le lunghe gambe, afflosciandosi sulla poltrona, il grosso sigaro cacciato in un angolo della bocca, i capelli ispidi come arbusti tra i quali aveva passato le dita troppo spesso.

«Ma le dico, Blaine,» tuonò, «che deve esserci una fine. Se non si fa qualcosa, verrà il momento in cui gli affari non esisteranno più. Già adesso l’Amo ci ha messi tutti quanti con le spalle al muro.»

«Signor Dalton,» gli disse fiaccamente Blaine, «se è di questo che vuole discutere, dovrà cercare qualcun altro. Io non me ne intendo di affari, e meno ancora me ne intendo dell’Amo, anche se è lì che lavoro.»

«L’Amo ci sta assorbendo,» disse Dalton, in tono rabbioso. «Ci porta via persino la possibilità di vivere. Sta distruggendo un sistema di convenzioni e di principi etici costruito faticosamente per secoli e secoli da uomini sinceramente votati al bene pubblico. Sta distruggendo il sistema commerciale che è stato creato con tanta cura. Ci sta rovinando, lentamente e inesorabilmente: non tutti in una volta, ma uno ad uno. Per esempio, c’è il problema di quel cosiddetto vegetale da macelleria. Si piantano dei semi, e poi si va a dissotterrare i tuberi come se fossero patate, ma invece di essere patate sono pieni zeppi di proteine.»

«E così,» disse Blaine, «per la prima volta in vita loro, milioni di persone mangiano carne, che prima non potevano permettersi di comprare; che il suo splendido sistema di convenzioni e di principi etici non permetteva loro di comprare, perché non riuscivano mai a guadagnare abbastanza.»

«Ma gli agricoltori!» gridò Dalton. «E gli operatori del mercato della carne! Per non parlare poi degli interessi degli spedizionieri …»

«Immagino,» lo interruppe Blaine, «che le cose sarebbero andate meglio se i semi fossero stati venduti esclusivamente agli agricoltori e ai supermercati. O se fossero stati venduti al prezzo di un dollaro o di un dollaro e mezzo l’uno, invece che a dieci centesimi al pacchetto. In questo modo, la carnè naturale avrebbe conservato la sua potenzialità concorrenziale, e l’economia sarebbe rimasta al sicuro. Ma, naturalmente, quei milioni di persone…»

«Lei non capisce!» protestò Dalton. «Gli affari sono il sangue vivo, la linfa stessa della nostra società. Se si distrugge il commercio si distrugge l’Uomo.»

«Di questo dubito molto,» disse Blaine.

«Ma la storia ha dimostrato l’importanza del commercio. Ha creato il mondo quale è oggi. Ha aperto nuove terre, ha spinto i pionieri all’avanguardia, ha fatto sorgere le fabbriche e…»

«Posso dedurre, signor Dalton, che lei è un appassionato cultore di storia.»

«Sì, signor Blaine. Mi interessa particolarmente…»

«E allora, forse, avrà notato anche un’altra cosa. Le idee, le istituzioni, le fedi, con l’andare del tempo finiscono per sopravvivere alla loro stessa utilità. Lo scoprirà in ogni pagina della storia… il mondo si evolve, e la gente ed i metodi cambiano. Non ha mai pensato che gli affari, così come lei li concepisce, possono essere sopravvissuti alla loro utilità? Il commercio, gli affari, hanno dato il loro contributo, e il mondo va avanti. Il commercio è soltanto un altro dodo…»

Dalton si raddrizzò di colpo, con i capelli ritti sulla testa, il sigaro che gli penzolava dalle labbra.

«Per Dio!» gridò. «Ho l’impressione che lei creda davvero in ciò che dice. È questo, ciò che pensa l’Amo?»

Blaine ridacchiò, seccamente.

«No. È quello che penso io. Non ho lo minima idea di quello che pensa l’Amo. Io non mi occupo della sua politica.»

Ed era sempre così, si disse Blaine. Dovunque si andasse, era sempre così. C’era sempre qualcuno che cercava di estorcere un accenno, un indizio, un piccolo segreto che poteva appartenere in esclusiva all’Amo. Come un branco di avvoltoi in vedetta, come un mucchio di guardoni… assetati di sapere ciò che succedeva; forse sospettavano che succedesse molto più di quanto succedeva in realtà.

La città era un manicomio di intrighi e di voci e di bisbigli. Era piena di rappresentanti, di operatori, di pseudodiplomatici. E quel tipo che gli stava davanti, pensò Blaine, gli stava presentando una specie di protesta ufficiale contro una nuova malefatta perpetrata ai danni di qualche fiera organizzazione commerciale ad opera di una nuova iniziativa dell’Amo.

Dalton tornò a sistemarsi sulla poltrona. Strinse di nuovo, perversamente, il grosso sigaro. I capelli ricaddero, in una posizione abbastanza simile a quella che avrebbero dovuto avere se fossero stati pettinati.

«Lei ha detto che non si occupa della politica dell’Amo,» disse. «Mi sembra che mi abbia detto di essere un viaggiatore.»

Blaine annuì.

«E questo significa che lei viaggia nello spazio, e visita altre stelle.»

«Più o meno,» disse Blaine.

«Allora è un para.»

«Immagino che si possa chiamarmi così. Ma, francamente, debbo dirle che si tratta di un nome che non viene impiegato, di norma, nelle conversazioni tra persone educate.»

Il rimprovero non fece il minimo effetto su Dalton: quello era immune alla vergogna.

«E com’è?» chiese. «Va da solo?»

«Ecco, non proprio solo. Porto con me un registratore.»

«Un registratore?»

«Una macchina, che registra tutto su nastro. È piena di strumenti di ogni genere, estremamente miniaturizzati, è ovvio, e registra tutto quello che vede.»

«E questa macchina viene con lei…»

«No, accidenti, Gliel’ho detto. La porto con me. Quando vado, la porto con me. Come lei porterebbe una borsa di documenti.»

«La sua mente e quella macchina. Caspita!» fece Dalton.

Blaine non si prese il disturbo di rispondere.

Dalton si tolse il sigaro dalla bocca e l’esaminò attentamente. L’estremità che aveva tenuto in bocca era vistosamente masticata: era sbrindellata, alla lettera, e ne penzolavano filamenti umidi. Con un brontolio di concentrazione, se lo ricacciò in bocca, girandolo per riavvolgere i filamenti.

«Per tornare all’argomento di cui stavamo parlando prima,» annunciò in tono pontificale, «l’Amo ha tutte queste novità aliene e immagino che sia tutto regolare. Mi rendo conto che le controllano con cura prima di metterle sul mercato. Non ci sarebbe nessuna ragione di lamentarsi, nossignore, proprio nessuna ragione, se le mettessero sul mercato attraverso i canali distributivi normali. Ma non lo fanno. Non permettono a nessuno di vendere quelle merci. Hanno organizzato la loro rete di commercio al minuto e, per aggiungere la beffa al danno, chiamano queste rivendite Stazioni di Scambio. Come se avessero a che fare con un branco di selvaggi. Era il nome che davano ai posti dove si facevano scambi con gli indiani.»

Blaine ridacchiò.

«Molto tempo fa, deve esserci stato un dirigente dell’Amo con uno spiccato senso dell’umorismo. Mi creda, signor Dalton, è una cosa un pò difficile da accettare.»

«E, una merce dopo l’altra,» imperversò Dalton, «si danno da fare per mandarci in malora. Anno per anno, ci sottraggono o rendono inutili i prodotti di cui c’era grande richiesta. È un processo di erosione che ci logora. Non c’è un attacco frontale, c’è questa erosione continua. E adesso ho sentito dire che forse metteranno il loro sistema di trasporto a disposizione del grosso pubblico. Si renderà conto del colpo che sarebbe per le vecchie strutture commerciali.»

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