Robert Silverberg - Shadrach nella fornace

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Shadrach nella fornace: краткое содержание, описание и аннотация

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Siamo nel 2012 e la popolazione del mondo è stata decimata dalle guerre batteriologiche. Il nostro pianeta è dominato da un vecchio e astuto tiranno che si fa chiamare Genghis II Mao IV Khan e che abita in un palazzo a forma di torre, nella Mongolia.
Il Khan è ormai giunto al novantatreesimo anno d’età e lo mantengono in vita i trapianti che gli pratica il suo medico personale, Shadrach Mordecai, talmente devoto al proprio paziente da portare, impiantati nel corpo, una serie di “sensori” telemetrici con i quali controlla d’istante in istante le condizioni di Genghis Mao.
Un’altra importante funzione di Mordecai è quella di dirigere tre distinte ricerche mediche, tutt’e tre miranti ad assicurare al vecchio tiranno l’immortalità fisica. La più avanzata delle tre è il Progetto Avatar, consistente nel trapiantare il cervello, e dunque la personalità, del Khan nel corpo di un uomo più giovane.
Mordecai sa che il corpo in cui dovrà trapiantare il cervello del Khan è quello dell’erede designato, un giovanotto ignaro del suo destino (e, in generale, non troppo sveglio) chiamato Mangu; ma dopo qualche tempo scopre di dover sostituire Mangu. Inizia così per Mordecai un pericoloso gioco d’azzardo: se il piano difensivo da lui elaborato avrà successo, egli potrà diventare il padrone del mondo. Se non avrà successo, dovrà fare dono del suo corpo al rapace Genghis Mao.
Nominato per Premio Nebula in 1976.
Nominato per Premio Hugo in 1977.

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Lei gli sorride con tenerezza. — Hai dormito bene, Shadrach?

La sua forza, e la forza del suo interesse per lui, si irradiano luminose dallo schermo. È una donna vigorosa, un’atleta, una cacciatrice, la pelle di una calda sfumatura bruna, il petto imponente, alta quasi un metro e novanta; le ossa del viso sono forti e ponderose, gli occhi ben spaziati, le labbra piene, il naso prominente e aggressivo. I suoi genitori erano ambedue nativi americani, la madre una Navajo, il padre un Assiniboin integrato nella società dei bianchi. Lei e Shadrach Mordecai sono amanti da mesi, amici da più di un anno. Mordecai spera che Gengis Mao non sappia niente della loro storia, ma ha anche il sospetto che questa sia una speranza ingenua.

— Ho dormito bene per un po’, se non altro — le risponde.

— Preoccupato per l’operazione del Presidente?

— Immagino di sì. O forse semplicemente preoccupato in generale.

— Avrei potuto aiutarti a rilassarti — dice con un sorriso complice.

— Probabilmente ci saresti riuscita. Ma ho sempre praticato l’astinenza la notte prima di un’operazione del Presidente. Come un pugile, come un cantante d’opera. Per mantenere la concentrazione assoluta, la mente sgombra. So che è stupido, Nikki, ma semplicemente faccio così.

— Va bene. Va bene. Volevo solo provocarti. Comunque, possiamo rifarci questa notte.

— ’Stanotte, certo. O questo pomeriggio. Lui lascerà il tavolo operatorio entro le due e mezzo. Cosa ne dici di prendere con me il tunnel per Karakorum?

Nikki sospira. — Non posso. Non tentarmi. Ho degli esperimenti critici questo pomeriggio. Vuoi il mio rapporto?

Il lavoro della dottoressa Crowfoot si sovrappone, per certi versi, a ciascuno degli altri due progetti, perché lo scopo del Progetto Avatar è quello di sviluppare una tecnica di trasferimento della personalità che permetterà a Gengis Mao — anima, spirito, identità, essenza vitale, ma nessuna sua componente fisica — di traslocare in un altro corpo, più giovane del suo. Come il Progetto Talos, Avatar si sforza di ridurre gli schemi delle reazioni mentali di Gengis Mao a codifiche digitali: quindi programmabili, quindi riproducibili; come il Progetto Fenice, Avatar intende dare al Presidente un corpo nuovo e sano nel quale abitare. Ma mentre Talos farebbe ospitare la codificazione digitale di Gengis Mao da un costrutto meccanico, Avatar lo sistemerebbe in una struttura precedentemente abitata da qualcun altro — Mangu, per la precisione. Da un lato il progetto di Crowfoot eviterebbe la disumanità della creazione di un Khan robotizzato, dall’altra scavalcherebbe il problema del deterioramento delle cellule cerebrali installando l’essenza astratta e intangibile di Gengis Mao in un cervello giovane e vigoroso. Nonostante le aree comuni, i tre progetti conducono le loro ricerche in modo assolutamente indipendente l’uno dall’altro, e non ci sono tentativi di scambiarsi le idee. La ridondanza, dopo tutto, è la nostra via maestra per la sopravvivenza.

Shadrach Mordecai, informato sul lavoro di tutti e tre i progetti, è forse l’unica persona a sapere a che punto questi si trovino l’uno rispetto all’altro. Sa che la squadra di Katya Lindman è probabilmente impegnata in un’impresa disperata: installare l’anima di un uomo in una macchina non produrrà un duplicato convincente e politicamente efficace dell’originale, poiché le macchine sono normalmente incapaci di trascendere la propria essenza meccanica; sa anche che il gruppo di Irayne Sarafrazi, pur incamminato sulla strada più plausibile per la vita eterna che Gengis Mao desidera tanto, è destinato a trovarsi paralizzato dalla difficoltà, che pare insolubile, del decadimento cerebrale. Sa anche che l’approccio di Nikki Crowfoot alla codificazione della personalità è stato finora più fruttuoso di quello di Lindman, e che nel giro di mesi le scienziate e gli scienziati del Progetto Avatar potrebbero essere in grado di riversare l’essenza di Gengis Mao — come una penetrante mano di vernice — sulla mente di un donatore, precedentemente annichilito attraverso tecniche elettroencefalografiche che azzerano i processi mentali. Povero Mangu. Povero, tragico principino pieno di speranze, destinato a essere niente di meglio che una tabula rasa per il Khan.

La sorte ultima di Mangu non tarderà ancora molto. Mordecai ascolta affascinato e raggelato quando Nikki gli snocciola le ultime meraviglie. I ricercatori sono ormai in grado di codificare le anime di animali, astraendo dai corpi gli schemi elettrici individuali delle loro menti, trasformando in numeri quelle sequenze di onde, usando i numeri per replicare gli schemi elettrici all’interno di cervelli di bestie donatrici. Hanno codificato un gallo e riversato la sua anima in un falco a cui era stata cancellata la mente; il falco non vola più, ma corre per la gabbia-pollaio emettendo dei chicchirichì, scuote goffo le ali magnifiche e con determinazione folle monta le galline terrorizzate. Hanno codificato un gibbone e l’hanno fatto ospitare dal corpo di un gorilla; il gorilla ha sviluppato scatenate abitudini arboricole, usando selvaggio e disperato le braccia per spostarsi tra le cime degli alberi; la sua essenza di gorilla, sfrattata, risiede ora in un ex-gibbone che marcia orgoglioso e pesante a terra, appoggiandosi sulle articolazioni contratte, fermandosi di tanto in tanto a percuotere il petto magro. E così via: si stanno preparando a tentare i primi trasferimenti umani, nel giro di settimane. Mordecai non chiede a Crowfoot dove intenda procurarsi i soggetti sperimentali. Per chi lavora al servizio di Gengis Mao, ci sono in agguato problemi etici impegnativi; Shadrach preferisce non caricarsi la coscienza con gli atti della sua amata.

— Chiamami quando si sarà conclusa l’operazione — gli dice Nikki Crowfoot.

— Non interromperò i tuoi esperimenti critici?

— Non in maniera critica. Chiamami. Ci vediamo stasera.

— A stasera — dice Shadrach debolmente. Sono le otto e cinquantacinque. Deve portare Gengis Mao alla Sala di Chirurgia senza indugio.

4

Il fegato, la ghiandola più grande nel corpo umano, è un organo utile e complesso che pesa un chilogrammo e mezzo, all’incirca un due per cento del peso complessivo del corpo, e assolve centinaia di funzioni biochimiche importanti. Il fegato produce la bile, un liquido verde che è essenziale alla digestione. Attraverso il fegato passa il sangue venoso che ha assolto al suo compito, in rotta verso il cuore. Il fegato filtra questo sangue rimuovendo batteri, veleni, residui di farmaci e altre impurità nocive, e aggiunge al sangue le proteine plasmatiche che ha prodotto: tra queste il fibrinogeno, agente coagulante, e l’eparina, agente anticoagulante. Dal sangue prende zucchero, che converte in glicogeno e immagazzina per quando le necessità energetiche del corpo lo richiederanno. Il fegato è anche responsabile per la conversione di grassi e proteine in carboidrati, la conservazione di vitamine liposolubili, la produzione di anticorpi, la distruzione di globuli rossi resi inutilizzabili, e di molto altro ancora.

Il fegato svolge così tante funzioni metaboliche che nessun vertebrato può sopravvivere senza di esso per più di qualche ora. Ha un ruolo così centrale per la vita che i suoi poteri rigenerativi sono straordinari: se tre quarti del fegato vengono rimossi, le cellule restanti si moltiplicheranno con tale rapidità che la ghiandola avrà riacquistato la sua dimensione originaria entro due mesi. Se il novanta per cento del fegato viene distrutto, continuerà a produrre la normale quantità di bile. La ridondanza è la nostra via maestra per la sopravvivenza. Nonostante tutto questo, il fegato è soggetto a molte disfunzioni: itterizia, le varie necrosi, setticemia, ascessi dissenterici, cancro dei condotti biliari, e così via. L’onnipotenza del fegato gli permette di sopportare disfunzioni del genere per periodi prolungati, ma i suoi poteri di ricupero diminuiscono, come la maggior parte delle altre cose, con l’età.

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