Shadrach si sente a disagio quando riflette sul fatto che è lui il cerchio che devono far quadrare. È lui il pollo, il babbione, la vittima, è suo il corpo che alla fine tutto questo macchinario si inghiottirà, e il tono maniacale delle operazioni attuali di Avatar è esclusivamente il risultato della necessità di riconvertire tutto, velocemente, dai parametri-Mangu ai parametri-Shadrach. Probabilmente qui ci sono almeno una decina di persone che conoscono il suo corpo, i ritmi delle sue onde cerebrali, i suoi circuiti neurali e i suoi livelli di serotonina meglio di come li conosca lui stesso. Molto probabilmente, da giorni lo tengono segretamente sotto attento esame. (Ruberanno unghie tagliate? ciocche di capelli?). Shadrach si chiede quanti dei tecnici del laboratorio siano a conoscenza del cambiamento di ospite. Si immagina che lo sappiano tutti, che lo adocchino segretamente affascinati mentre gli passano vicino, correndo avanti e indietro; che lo squadrino, che confrontino lo Shadrach Mordecai concreto e autentico con i grovigli di pulsazioni astratte e sintetiche di simulazione-Mordecai con cui stanno lavorando. Ma forse no. A quanto pare la prima volta erano in pochi, al Progetto Avatar, a sapere che Mangu sarebbe stato il donatore del corpo, e con ogni probabilità l’identità del sostituto di Mangu è stata rivelata a un numero ancora più ridotto di persone.
Nikki, in ogni caso, non pare presa dalla frenesia generale. Chiamata da Eis, saluta Shadrach in modo assolutamente privo di emozioni. Il Progetto, gli dice, sta facendo progressi regolari. Lo sguardo è fermo, la voce centrata e composta. “Progressi”, in questo laboratorio, può solo significare il processo quotidiano del portare Shadrach più vicino alla sua distruzione, e lei è certamente consapevole del fatto che Shadrach attribuirà questo significato alle sue parole; ma pare che abbia deciso di smettere di sentirsi in colpa, o di essere evasiva. Hanno già avuto il loro incontro, i conti sono stati regolati: lei ha ammesso di essere stata disposta a tradire il proprio amante a vantaggio di Gengis Mao; ora la vita continua, duri quanto deve durare, e lei ha un compito da svolgere. Tutto questo passa tra di loro nello spazio di novanta secondi, e niente è comunicato ricorrendo alle parole, bastano il tono della voce e l’espressione degli occhi. Shadrach si sente sollevato. Non gli piace che la gente si senta in colpa a causa sua; lo fa sentire in colpa a sua volta, in qualche modo oscuro.
— Dovrei dare un’occhiata ai macchinali — dice.
— Vieni.
Nikki lo porta in un giro guidato. Gli mostra lo zoo degli animali reincarnati, gli ultimi trionfi della trasmigrazione elettronica: questo è un cane con l’anima di un procione, che intinge diligentemente la sua cena in una ciotola d’acqua; questa è un’aquila che nel cranio ospita un costrutto codificato di pavone, che la spinge a marciare orgogliosa, a lisciarsi continuamente le penne col becco, a spalancare le ali; qui hanno insinuato l’essenziale ovinità di una pecora in una giovane leonessa, che se ne sta placidamente sdraiata a masticare foraggio, a probabile danno del suo sistema digestivo. Tutte queste bestie rinate hanno uno sguardo intrappolato, confuso, come se un insaziabile parassita le stesse rodendo dal di dentro, e Shadrach chiede a Nikki se questa sarà anche una caratteristica degli avatar umani, se non c’è il rischio che l’anima sfrattata del donatore rimanga come un miasma a complicare la vita di chi l’ha soppiantata.
— Pensiamo di no — dice Nikki. — Non dimenticare che tutti gli animali che ti ho mostrato hanno sperimentato un trapianto effettuato attraverso linee di specie, anzi attraverso linee di genere. Un pavone non potrà mai trovarsi a suo agio nel corpo di un’aquila, e così una pecora nel corpo di un leone. Alla fine l’animale capisce come far funzionare il suo nuovo corpo, ma tenderà sempre a tornare ai vecchi schemi riflessi.
— E allora perché darvi da fare con dei passaggi transgenerici? Che senso ha, a parte mostrare quanto siete bravi?
— Ha senso perché le disparità tra l’entità impiantata e l’ospite sono così evidenti che possiamo avere all’istante la conferma del successo di un trapianto. Se mettiamo la mente di uno spaniel nel corpo di un altro spaniel, se mettiamo uno scimpanzé in uno scimpanzé, una capra in una capra, come facciamo a sapere se abbiamo ottenuto qualcosa? La capra non ce lo può dire. Lo spaniel non ce lo può dire.
Shadrach aggrotta la fronte. — Ma sicuramente gli schemi delle onde elettriche del cervello di uno spaniel sono diversi da quelli di un altro, e questo si verifica velocemente. Se gli schemi delle onde cerebrali non sono unici per ciascun individuo, qual è il senso di tutto il vostro progetto?
— Certo che gli schemi sono unici — dice Crowfoot. — Ma abbiamo bisogno di una conferma a livello di comportamento visibile. Abbiamo fatto delle codifiche e dei trapianti intraspecie, ne abbiamo fatti molti, ma le differenze comportamentali dopo l’impianto sono troppo sottili per dimostrare qualcosa di significativo: perché noi mettiamo uno scimpanzé dentro a un altro, per fare un esempio, e per quel che ne sappiamo i cambiamenti rilevabili nelle onde cerebrali potrebbero anche essere semplicemente il risultato del fatto che abbiamo trafficato qua e là un po’ troppo. Mentre se digitalizziamo una pecora e la sistemiamo in una leonessa, e la leonessa a quel punto si trasforma in un animale da pascolo, abbiamo una conferma molto spettacolare del fatto che abbiamo ottenuto qualcosa. Giusto?
— Ma naturalmente sarebbe molto più spettacolare se le menti che trasferite fossero delle menti umane. E sarebbe molto più facile confermare che il trasferimento è stato effettivamente realizzato.
— Naturalmente.
— Solo che non avete fatto niente del genere.
— Non ancora — dice Nikki. — La prossima settimana, credo, tenteremo il primo trapianto umano.
Shadrach si sente attraversare da un lieve brivido. Finora è riuscito a mantenere un’impersonalità ammirevole durante questo giro, ha partecipato alla conversazione come se il suo interesse in Avatar fosse puramente professionale; ma non è così facile sfuggire all’idea delle conseguenze ultime di tutte queste diligenti ricerche scientifiche, ora che lui e Crowfoot hanno cominciato a parlare di spostare menti umane da un corpo all’altro. Shadrach non riesce a ignorare lo scopo finale di Avatar, la trasmigrazione della tigre nella gazzella: Gengis Mao è la tigre, e lui la gazzella inerme. Che ne sarà della gazzella, dopo che la tigre avrà portato a termine l’invasione? Shadrach prende brevemente in esame una via d’uscita che non aveva considerato in precedenza: se possono spostare la mente-pecora nel corpo-leonessa e la mente-Gengis Mao nel corpo-Shadrach, potranno altrettanto agevolmente spostare la mente-Shadrach in qualche altro corpo, e lasciarlo vivere in quella nuova sistemazione. Ma la fantasticheria svanisce nell’istante stesso in cui viene alla luce. Shadrach non vuole vivere in un altro corpo. Vuole tenersi il suo. È così simile a un sogno tutto questo, pensa. Tranne che non mi basterà svegliarmi per uscirne.
— Quanto tempo durerà la fase di sperimentazione con trapianti umani — chiede Shadrach — prima che sia tutto pronto per… per…
— Il trapianto del Presidente?
— Sì.
Con un’alzata di spalle, Nikki dice: — È una domanda difficile. Dipende dai problemi che incontreremo nei primi trapianti umani. Se ci sono problemi di adattamento psicologico di difficoltà imprevista, se il trapianto porta a reazioni psicotiche o a crolli cerebrali o a conflitti con residui di identità o cose del genere, potrebbe diventare questione di mesi, magari di anni, prima che ci arrischiamo a trasferire Gengis Mao in un corpo nuovo. I nostri esperimenti sugli animali non suggeriscono che problemi simili debbano insorgere; ma la mente umana è più complessa della mente degli spaniel, e dobbiamo tenere conto della possibilità che menti complesse reagiscano in modo complicato a una cosa traumatica come un trasferimento tra corpi. Quindi procederemo con cautela. A meno che, naturalmente, la morte imminente del corpo di Gengis Mao non renda necessario un trapianto della mente d’emergenza, nel qual caso suppongo che dovremmo semplicemente buttarci e stare a vedere cosa succede. Non è una prospettiva allettante, naturalmente.
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