Avogadro, in piedi di fianco a Buckmaster quando Shadrach arriva, non ha un aspetto molto migliore: accigliato, preoccupato, sfatto. — È un manicomio — farfuglia. — Cinquanta arresti nei primi sessanta minuti. Tutte le celle di interrogatorio sono piene, e continuano ad arrivarne. Pazzi, mendicanti, ladri, tutta la popolazione dei bassifondi di Ulan Bator. Più gli estremisti, naturalmente. Sto andando di cella in cella. E per che cosa? Per che cosa? — Una risata triste. — Ci sarà carne in abbondanza per i vivai di organi, prima che questa storia si sia conclusa. — Lento, muovendo la pesante corporatura come se una gravità doppia del normale la schiacciasse a terra, si volge verso l’uomo seduto sulla sedia. — Allora, Buckmaster? C’è qualcuno che è venuto a trovarla. Lo riconosce?
Buckmaster tiene gli occhi puntati sul pavimento. — Sa benissimo che lo riconosco.
— Mi dica come si chiama.
— Mi lasci in pace.
— Mi dica come si chiama — insiste Avogadro con una intonazione stanca ma carica di minaccia.
— Mordecai. Il dannato Shadrach Mordecai. Dottore.
— Grazie, Buckmaster. Ora mi dica dove aveva visto il dottor Mordecai l’ultima volta.
— La notte scorsa — dice Buckmaster, la voce ormai un suono debole, sempre più debole, appena percettibile.
— Più forte, per favore.
— La notte scorsa.
— Dove?
— Sa benissimo dove, Avogadro!
— Voglio che me lo dica lei.
— L’ho già fatto.
— Di nuovo. Davanti al dottor Mordecai. Sentiamo.
— Perché non mi sventrate direttamente e la facciamo finita?
— Si sta rendendo le cose difficili da solo, Buckmaster. Le sta rendendo difficili anche per me.
— Mi sta spezzando il cuore.
— Non è una scelta che ho fatto io, tutto questo — dice Avogadro.
Sollevando il capo, Buckmaster riesce a prodursi in uno sguardo freddo, furioso, carico d’odio. — È una scelta mia forse? È mia? Oh, conosco il gioco. Mi interrogherete per un po’, mi dichiarerete colpevole di complotto, mi condannerete a morte, e io me ne andrò al vivaio di organi, giusto? Giusto? E aspetterò lì, un cadavere che non è morto, in modo che quando Gengis Mao avrà bisogno di un polmone, un rene, un cuore, qualcuno potrà venire a prendere il mio, giusto? Mentre io me ne sto sdraiato lì, morto, caldo, respirando e vegetando, parte delle riserve di organi.
— Buckmaster…
Buckmaster ridacchia. — Gengis Mao pensa che le riserve si stanno abbassando, e non può usare gli sventurati là fuori, con i loro organi marci, così ricorre a noi, manda ai vivai qualche decina di persone scelte tra noi, giusto? La sua stessa gente. Benissimo, portatemi via. Fatemi diventare cibo per cannibali! Ma piantiamo lì questa farsa, va bene? La smetta di farmi domande idiote.
Avogadro sospira. — Riprendiamo da dov’eravamo rimasti. Lei ha incontrato il dottor Mordecai a…
— A Timbuctù.
Avogadro solleva la mano sinistra. Un sottoposto, seduto a un tavolo all’altro estremo della stanza, interviene sul pannello di comando che ha davanti a sé; Buckmaster fa uno scatto e si contorce, il lato sinistro della faccia si contrae in un breve spasmo repellente.
— L’ha incontrato dóve?
— A Piccadilly Circus.
Di nuovo la mano sinistra, più in alto. Di nuovo il tocco sui comandi; di nuovo lo spasmo sul volto dell’uomo, molto peggiore questa volta. Shadrach Mordecai sposta il peso del corpo da un piede all’altro, a disagio. A voce bassa dice: — Forse non è necessario che…
— È necessario, sì — gli dice Avogadro. — Dobbiamo rispettare la forma. — A Buckmaster dice: — Sono pronto ad andare avanti così tutto il giorno. Mi annoia, ma è il mio lavoro, e se devo farla soffrire, la farò soffrire; e se lei mi costringe a renderla paralitico per il resto della sua vita, lo farò, perché non ho scelta. Lo capisce? Non ho scelta. Allora. Lei ha incontrato il dottor Mordecai a…
— Karakorum.
— A Karakorum dove?
— Davanti alla tenda dei transtemporalisti.
— Verso che ora?
— Non lo so. Tardi, ma non era ancora mezzanotte.
— Dottor Mordecai, è corretto questo? Le sue risposte saranno registrate.
— È tutto corretto, fin qui — dice Shadrach.
— Bene. Prosegua, Buckmaster. Mi dica quel che mi ha detto prima. Si è imbattuto nel dottor Mordecai e gli ha detto che cosa?
— Ho detto un ammasso di stupidaggini.
— Che tipo di stupidaggini, Buckmaster?
— Ho fatto dei discorsi senza senso. I transtemporalisti mi avevano stravolto la mente con le loro droghe.
— Cos’ha detto esattamente al dottore?
Buckmaster, muto, fissa il pavimento.
La mano destra di Avogadro si alza fino quasi alla spalla. I comandi vengono regolati in una nuova posizione. Buckmaster fa un balzo sulla sua sedia, come se una lancia l’avesse trafitto. Il braccio destro si agita freneticamente per conto suo, come un serpente infuriato.
— Me lo dica, Buckmaster. Per favore.
— L’ho accusato di fare del male.
— Vada avanti.
— L’ho chiamato Giuda.
— E nero bastardo — dice Shadrach.
Avogadro dà una debole gomitata nel fianco di Shadrach, per fargli sapere che il suo incoraggiamento non è richiesto.
— Specificatamente, Buckmaster, di che cosa ha accusato Mordecai?
— Di fare il suo lavoro.
— E questo significa?
— Il suo lavoro è tenere in vita il Presidente. Io ho detto che era responsabile del fatto che Gengis Mao non fosse morto da cinque anni.
Avogadro dice: — È corretto questo, Mordecai?
Shadrach esita. Non ha un particolare desiderio di contribuire a mandare Buckmaster al vivaio di organi. Ma ora sarebbe follia cercare di proteggere l’ometto. La verità riguardo all’incidente dell’altra notte a Karakorum è già stata recuperata e registrata, Shadrach lo sa. Buckmaster è già condannato, grazie alla sua stessa bocca. Nessuna menzogna può salvarlo ora, può solo inguaiare il mentitore.
— È così — dice.
— Dunque. Buckmaster, a lei spiace che Gengis Mao non sia morto cinque anni fa?
— Mi lasci in pace, Avogadro.
— È così? Lei vorrebbe veramente che il Presidente fosse morto? È questo che pensa?
— Avevo la testa piena di droga!
— Non è necessario che lei abbia la testa piena di droga anche ora, Buckmaster. Cosa pensa di Gengis Mao in questo momento?
— Non lo so. Non lo so, semplicemente.
— Prova ostilità?
— Forse. Guardi, Avogadro, non mi sprema oltre. Mi avete in pugno, mi darete in pasto ai cannibali stanotte, non le basta questo?
— Potremo smettere velocemente, se solo lei collaborasse.
— Molto bene — dice Buckmaster. Si drizza sulla sedia, raccogliendo gli ultimi residui di orgoglio. — Non amo il regime di Gengis Mao. Non sono d’accordo con la politica del CRP. Mi spiace di avere dedicato tanto tempo al suo servizio. Ieri notte ero molto nervoso e ho coperto il dottor Mordecai di insulti di cui ora mi vergogno. Però. Però, Avogadro: io non ho fatto niente di sleale. E non so assolutamente niente della morte di Mangu. Giuro che non c’entro niente.
Avogadro annuisce. — Dottor Mordecai, il prigioniero ha menzionato Mangu la notte scorsa?
— Credo di no.
— Non può essere più preciso?
Shadrach riflette per qualche secondo. — No — dice infine. — A quanto ricordo, non direi di averlo sentito parlare di Mangu.
— Il prigioniero ha formulato minacce all’indirizzo della persona di Gengis Mao?
— A quanto ricordo, no.
— Ci pensi bene, dottore.
Shadrach scuote la testa. — Lei deve capire, ero appena uscito anch’io dalla tenda dei transtemporalisti. Durante la tirata di Buckmaster, la mia mente era ancora altrove. Ha criticato il governo, sì, e in maniera piuttosto violenta; ma non credo che ci siano state minacce esplicite. No.
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