Kate Wilhelm - Gli eredi della Terra

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Gli eredi della Terra Vinto il premio Hugo per miglior romanzo in 1977.
Nominato per il premio Nebula per miglior romanzo in 1977.

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Quell'anno la neve giunse nella valle molto presto, il primo ottobre. Coprì il suolo per più di una settimana prima che il vento cambiasse e le brezze tiepide del sud lo sciogliessero. Durante i giorni di sereno, quando il sole splendeva luminoso e la bruma non nascondeva le cime dei monti e delle colline circostanti, si potevano ancora distinguere tratti innevati sui crinali più alti.

Più tardi, Barry avrebbe ricordato quell'inverno come un periodo cruciale, ma allora gli sembrò soltanto una fra le tante stagioni, dell'innumerevole successione che avevano conosciuto.

Un giorno Bob lo chiamò perché uscisse e desse un'occhiata a qualcosa. Da parecchi giorni la neve aveva smesso di cadere, il sole era luminoso e dava l'illusione di un inesistente tepore. Barry s'infilò una pesante mantellina e seguì Bob all'esterno. C'era una scultura di neve eretta al centro del cortile fra i nuovi dormitori. Una figura maschile, alta due metri e mezzo, nuda, le gambe muscolose, i piedi solidamente appoggiati a una base squadrata con cui facevano corpo. In una mano la figura impugnava un bastone, o forse una torcia, l'altra mano era distesa lungo il fianco. Era una statua di neve, ma chi l'aveva modellata era riuscito ad animarla, a catturare, pur con quella gelida materia, la sensazione del movimento, della vita. Quello era un uomo che procedeva, inarrestabile, verso una meta.

— Mark? — chiese Barry.

— E chi altri?

Barry si avvicinò lentamente; anche altri la stavano guardando, per la maggior parte bambini. Fra essi, qualche adulto, e altri uscirono fuori, finché intorno alla statua non si fu radunata una vera folla. Una ragazzina fissò a lungo la scultura, poi si girò e cominciò a fabbricarsi una palla di neve. Quindi la scagliò repentinamente contro la statua. Barry le afferrò il braccio prima che potesse rifarlo.

— No — le disse.

Lei lo fissò senza espressione, poi guardò la statua con un'espressione ancora più apatica, ed accennò ad allontanarsi. Lui la lasciò andare, e lei corse via tra la gente. Le sue sorelle si affollarono intorno a lei, toccandosi a vicenda come per rassicurarsi che tutto andasse bene.

— Che cosa c'è? — chiese una di loro, non riuscendo a vedere la statua attraverso la folla.

— Soltanto neve — rispose la ragazzina. — È soltanto neve.

Barry la fissò. Aveva circa sette anni, pensò. Tornò ad afferrarla, e la sollevò, perché potesse veder bene: — Dimmi che cos'è — le chiese.

Lei si agitò per liberarsi: — Ma è neve — ripeté. — È soltanto neve.

— È un uomo — disse lui, severamente.

Lei lo fissò, disorientata, e tornò a guardare la figura. Poi scosse la testa.

Ad uno ad uno egli sollevò altri bambini perché vedessero. Tutti videro soltanto neve.

Barry e i suoi fratelli ne parlarono più tardi, quello stesso giorno, ai loro fratelli più giovani, ma i giovani dottori si mostrarono impazienti di fronte a quella che, per loro, era un'inezia.

— Così i bambini più piccoli non riescono a capire che quella dovrebbe essere la figura di un uomo. Che importanza ha? — chiese Andrew.

— Non lo so — disse lentamente Barry. Non sapeva perché fosse importante; sapeva soltanto che lo era.

Nel pomeriggio il sole sciolse un po' la neve, ma durante la notte essa ghiacciò di nuovo. La mattina dopo, quando i raggi del sole colpirono la statua, essa mandò bagliori accecanti. Quel giorno Barry uscì a guardarla parecchie volte. La notte successiva qualcuno, più probabilmente un gruppo, uscì fuori e l'abbatte calpestandola.

Due giorni più tardi quattro gruppi di bambini riferirono che i loro tappeti erano scomparsi. Fu perquisita la stanza di Mark, e anche altri posti dove egli avrebbe potuto nasconderli, ma nessun tappeto fu ritrovato. Mark iniziò una nuova scultura, questa volta una donna, presumibilmente la compagna dell'uomo. Questa volta la statua rimase lì fino all'estate, anche quando non era più identificabile, ma soltanto un grumo di neve che si era sciolto, congelato e ridisciolto un gran numero di volte.

Il successivo incidente avvenne dopo la celebrazione del nuovo anno. Barry fu risvegliato da un sonno profondo da una mano che gli batteva insistentemente sulla spalla.

Balzò a sedere, perplesso e disorientato, come se fosse stato trascinato a lungo per ritrovarsi nel suo letto, infreddolito, istupidito, sbattendo le palpebre senza riconoscere l'uomo più giovane in piedi accanto a lui.

— Barry, presto, svegliati! — Barry riconobbe per prima la voce di Anthony, poi il suo viso. Ora anche gli altri fratelli si stavano svegliando.

— Che cosa c'è? Che cosa succede? — Improvvisamente Barry fu sveglio del tutto.

— Un guasto alla sezione computer. Abbiamo bisogno di te.

Stephen e Stuart stavano già smontando il computer quando Barry e i suoi fratelli arrivarono nel laboratorio. Molti dei fratelli più giovani stavano sbloccando le valvole dei terminali per poter regolare manualmente i flussi. Altri giovani dottori controllavano i quadranti di ogni singolo contenitore. La scena dava l'idea di un caos ordinato, pensò Barry, sempre che fosse possibile una cosa del genere. Una dozzina di persone si stavano muovendo là dentro, ognuna assorta nel suo lavoro, ma tutte in realtà fuori posto. Spesso, quando due o più persone cercavano di percorrere nel medesimo istante la stessa corsia fra i contenitori, si creavano intralci, ingorghi. E sempre nuova gente arrivava da fuori.

Andrew aveva preso la direzione delle operazioni, osservò Barry con soddisfazione. A ogni nuovo venuto, erano subito affidate precise mansioni, ed egli si trovò a controllare una fila di embrioni vecchi di sette settimane. C'erano novanta embrioni nei contenitori, a vari stadi di sviluppo. Sarebbe stato possibile rimuovere due file di contenitori per volta e portarli a completare lo sviluppo nel reparto prematuri, ma le loro possibilità di sopravvivenza sarebbero state drasticamente ridotte. La sua fila sembrava a posto, ma udì Bruce borbottar qualcosa dall'altra estremità della corsia, e seppe che era successo un guaio. La concentrazione dei sali di potassio mostrava valori esorbitanti, inaccettabili. Gli embrioni erano stati avvelenati.

Gli scienziati erano stati viziati, pensò Barry. Talmente abituati ad affidarsi al computer per ogni analisi del liquido amniotico, avevano lasciato che le proprie capacità lavorative si deteriorassero. Ora, procedere per tentativi sarebbe stato troppo lento per salvare quegli embrioni… e infatti, uno solo, per tutta la fila, si salvò. Ma ugualmente il suo contenitore fu staccato e l'embrione fu lasciato morire. Niente più singoli individui! Anche i membri di un altro gruppo avevano sofferto, ma soltanto quattro avevano ricevuto una dose eccessiva di potassio. Ai sei sopravvissuti fu concesso di continuare a vivere.

Per tutta la notte proseguirono i controlli dei liquidi, aggiungendo sali quando ce n'era bisogno, diluendo le soluzioni se il sale cominciava ad accumularsi; anche la temperatura fu sottoposta a un rigido controllo, come pure il flusso dell'ossigeno… all'alba Barry ebbe l'impressione di nuotare anche lui in un oceano di liquido amniotico congelato. Il computer non aveva ancora ripreso a funzionare. I controlli avrebbero dovuto proseguire senza interruzione.

La crisi durò quattro giorni, durante i quali furono perduti trentaquattro bambini e quarantanove animali. Quando finalmente Barry cadde esausto sul letto, sapeva che la perdita degli animali era quella di gran lunga più grave. Essi dipendevano da quegli animali per le secrezioni ghiandolari, per le sostanze chimiche che estraevano dal midollo delle ossa e dal sangue. Più tardi, pensò, sprofondando nella nebbia del sonno, più tardi si sarebbe preoccupato di ciò che significava quella perdita.

— Niente ma e forse! Dobbiamo avere quelle parti del computer prima che la neve si sciolga! Se il computer dovesse guastarsi di nuovo, non so se potremo ripararlo. — Everett era un esperto di computer, alto e magro, probabilmente non aveva neppure vent'anni. I suoi fratelli più anziani si rimettevano a lui, e questo era un buon segno, voleva dire che Everett sapeva ciò che diceva.

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