Kate Wilhelm - Gli eredi della Terra
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- Название:Gli eredi della Terra
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- Издательство:Armenia Editore
- Жанр:
- Год:1978
- Город:Milano
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Nominato per il premio Nebula per miglior romanzo in 1977.
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Il Potomac era più agitato dello Shenandoah, e c'erano ancora lastre di ghiaccio alla deriva. Nessuno aveva parlato di lastre di ghiaccio, pensò Mark, e si chiese da dove mai provenissero, in un periodo così avanzato dell'anno. Era metà aprile. Qui le colline erano rivestite da fitte foreste, ed egli poté soltanto immaginare che le terre alte, allo scoperto, fossero ancora incrostate da neve e ghiaccio. Il battello a ruote avanzava lentamente lungo il fiume, il suo equipaggio indaffarato e attento ai pericoli di quel corso d'acqua ampio e veloce. Quando giunse la sera era ormai ben dentro i confini urbani di Washington e per quella notte ormeggiarono al pilone di un ponte che sporgeva dall'acqua, una sentinella solitaria lasciata lì quando il resto del ponte aveva ceduto alle intollerabili pressioni dell'acqua, del vento e dell'età.
La mattina dopo, sul presto, cominciarono a scaricare, e qui era previsto che Mark lasciasse gli altri. Si sperava che potesse ritornare nel giro di due settimane con buone notizie sull'esistenza di vie praticabili fino a Filadelfia e/o New York.
Mark slegò la canoa, si portò a una distanza di sicurezza dalla barca a ruote, si mise in spalla lo zaino. Era pronto. Un lungo coltello era infilato nella guaina che gli pendeva al fianco, un rotolo di corda era anch'esso appeso alla sua cintura di pelle di bue: indossava calzoni di pelle, una camicia di cuoio morbido, ed ai piedi aveva un paio di mocassini. La città in rovina gli riusciva oppressiva; era ansioso di ritornare sul fiume. Intorno al battello ferveva il lavoro: le prime pile di materiali che le spedizioni precedenti avevano trovato e immagazzinato al sicuro nelle vicinanze del fiume venivano già caricate a bordo. Per alcuni minuti Mark rimase a guardare, poi sollevò in silenzio la canoa, appoggiandola sopra la testa, e si avviò.
Per tutta la giornata camminò fra le rovine, sempre procedendo verso nord-est: in tal modo avrebbe finito per uscire dalla città, nuovamente immergendosi nella foresta. Trovò un piccolo corso d'acqua e vi calò la canoa; proseguì pagaiando lungo le numerose curve del ruscello, poi girò verso sud, sbarcò, si mise in spalla la canoa ed entrò nella foresta. Ora, nel folto della vegetazione, ritrovò il silenzio che gli era familiare, nonostante la lontananza da casa. Prima che calasse la notte trovò un posto dove accamparsi, accese un fuoco e si preparò la cena. Le sue scorte di cibo secco erano sufficienti per due o tre settimane, se non avesse trovato qualcosa per integrarle, ma sapeva che avrebbe trovato del cibo selvatico. Non c'era foresta che non potesse fornire punte di felci o germogli d'asparago, tutta una varietà di verdure commestibili. Qui, vicino alla costa, i danni del gelo erano meno accentuati che nell'entroterra.
Quando la luce fu quasi del tutto scomparsa, Mark scavò una bassa fossa e la riempì di morbidi aghi di pino, distese il poncho sopra di essi, spostò la canoa in modo che costituisse un riparo, e si distese sul letto che si era così preparato. Sapeva che il suo peggior nemico sarebbero state le piogge primaverili. Potevano giungere all'improvviso, ed essere abbondanti. Mark eseguì alcuni schizzi e prese qualche appunto, poi si girò sul fianco e stette ad osservare il fuoco morente fino a quando non fu niente più che un fioco bagliore nelle tenebre, e ben presto si addormentò.
Il giorno dopo entrò a Baltimora. Era stata anch'essa, chiaramente, devastata da incendi, e c'erano tracce evidenti d'una grande inondazione. Mark non esplorò queste rovine. Calò la canoa nelle acque della baia di Chesapeake e puntò verso nord. Qui la foresta arrivava ai margini dell'acqua, e dalla baia non si scorgeva alcuna traccia delle opere dell'uomo. C'era una forte corrente, gli effetti del riflusso della marea sommati a quelli delle acque del Susquehanna. Mark lottò contro la corrente per parecchi minuti, poi puntò verso la riva per aspettare che la marea giungesse al minimo per poi ricrescere. Avrebbe dovuto attraversare la baia e seguire la riva orientale, pensò, altrimenti, quando si fosse troppo avvicinato al delta del Susquehanna, l'acqua avrebbe potuto farsi impetuosa al punto da impedirgli di passare con la sua piccola imbarcazione. Qui c'erano banchi di ghiaccio, non grandi e per la maggior parte piatti, come se si fossero staccati da un fiume completamente ghiacciato che soltanto adesso cominciava a sciogliersi.
Mark si distese al suolo e aspettò che la marea s'invertisse. Ogni tanto controllò l'altezza dell'acqua, e quand'essa cessò di scendere, si sedette sulla riva e gettò pezzi di legno in acqua. Quand'essi, in modo evidente, cominciarono a galleggiare verso nord, riprese il viaggio in canoa. Si diresse subito verso nord-est, pagaiando verso il largo e l'altra sponda.
La turbolenza era insignificante vicino alla riva, ma avvicinandosi progressivamente al centro della baia avvertì sempre più la forza della marea che si scontrava con le acque impetuose del fiume; nonostante ben poco di quella feroce battaglia trasparisse alla superficie, i suoi effetti investivano in pieno l'imbarcazione; Mark poté sentirli nella pagaia, nel modo in cui la canoa tendeva a deviare continuamente su un lato o sull'altro. Con le braccia tese nello sforzo di maneggiare la pagaia, Mark sentì i muscoli della schiena e delle gambe tendersi mentre lottava contro la corrente e la marea, ma provò soltanto allegria nel sentirsi coinvolto in quella battaglia.
Improvvisamente, si trovò oltre il punto critico, e la marea, adesso, lo trasportò con forza verso nord, ed egli dovette soltanto dirigere il corso della canoa e scrutare la riva per trovare il punto migliore dove toccar terra. La riva era sabbiosa, coperta da una rada vegetazione. Qui il pericolo poteva essere costituito da rocce nascoste a pelo d'acqua che avrebbero potuto forare il fondo della canoa. Il sole era molto basso sull'orizzonte, quando sentì il primo lieve grattare della canoa sulla spiaggia sabbiosa; subito balzò nell'acqua fredda e tirò l'imbarcazione sulla terraferma.
Con la canoa al sicuro in alto sul terreno, Mark sostò immobile sulla spiaggia e guardò nella direzione dalla quale era venuto. Foreste nere, fitte, l'acqua verde-azzurra dell'oceano striata dalla corrente fangosa del fiume, un cielo azzurro cupo, il sole basso a occidente, e in nessun punto il più piccolo segno della presenza umana, niente edifici, niente strade, nulla. Mark gettò indietro la testa e scoppiò in un'improvvisa risata di gioioso, quasi infantile trionfo. Era suo. Tutto quello era suo. Nessun altro lo voleva. Nessun altro era lì a contestare la sua priorità, e lui la rivendicava tutta.
Si mise a fischiettare mentre preparava un fuoco con la legna depositata sulla riva dalle correnti. Le fiamme s'innalzarono con colori incredibili: verdi, azzurre, purpuree, scarlatte. Mark abbrustoli il suo pop-corn e ammorbidi il manzo secco nell'acqua salata, e si meravigliò del sapore che ne uscì fuori; quando si addormentò, prima che l'ultima luce svanisse, sorrideva.
Il mattino dopo, all'alba, cominciò a seguire la riva verso nord, cercando l'antica via d'acqua intercosta che univa la baia di Chesapeake alla baia del Delaware. Quando la trovò, restava ben poco del canale; ora c'era soltanto un'ampia distesa acquitrinosa costellata di code-di-gatto e di canne che nascondevano in ugual modo la terra e l'acqua. Non appena fu entrato nell'acquitrino, le alte erbe si chiusero intorno a lui, ed egli si trovò tagliato fuori dal resto del mondo.
Proseguì, incontrando qua e là tratti in cui l'acqua era più profonda, del tutto libera dalle canne, ed egli riusciva allora a procedere più in fretta, ma per la maggior parte fu costretto a spingere faticosamente la canoa attraverso quei duri steli, aggrappandosi a tutti gli appigli possibili in questa sua marcia spossante verso est. Quando il sole fu alto, egli si tolse la camicia. Fra le erbe non spirava un solo alito di vento. Poi il sole ridiscese, l'aria si fece fresca, e Mark tornò a infilarsi la camicia. Usò la pagaia tutte le volte che poté, abbrancandosi invece alle canne, per proseguire, quando l'uso della pagaia diventava impossibile. Lentamente, egli riuscì ad attraversare l'acquitrino. Non si fermò mai a mangiare o a riposare, per l'intera giornata; sapeva che non avrebbe dovuto trovarsi fra le alte canne quando il sole fosse tramontato, al sopraggiungere dell'oscurità.
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