— Cosa significa? Perché avete tutti quell’aria solenne? Callista, cos’hai, chiya ? Elli, hai pianto?
— Padre — disse Callista, pallida come una morta, — dov’è Valdir? E Dezi è qui vicino?
— Sono insieme, spero. So che gli serbi rancore, Damon. Ma dopotutto, quel ragazzo ha il diritto dalla sua parte. Avrei dovuto fare anni addietro ciò che mi propongo di fare adesso. Non è abbastanza adulto per diventare reggente del dominio, naturalmente, o tutore di Valdir: è un’idea assurda. Ma quando l’avrò riconosciuto, diventerà ragionevole. E allora sarà un fratello devoto per Valdir, come lo è stato per il mio povero Domenic.
— Padre — disse Ellemir, a voce bassa, — è appunto ciò che temiamo.
Dom Esteban si voltò, incollerito. — Credevo che almeno tu, Ellemir, mostrassi un po’ di comprensione fraterna! — Poi incontrò gli occhi di Damon e di Andrew, fissi su di lui. Li guardò, uno dopo l’altro, con angoscia e irritazione crescenti.
— Come osate! — Poi, impaziente, cercò il contatto, e lesse direttamente ciò che sapevano. Damon sentì la rivelazione affondare nella mente del vecchio in un’immensa ondata di sofferenza. Fu come la morte, un momento accecante di dolore fisico. Colse l’ultimo pensiero del vecchio prima che sprofondasse nell’incoscienza. Il mio cuore, il mio cuore si spezza. Credevo che fosse solo una frase fatta, ma sento che è così. Prontamente Andrew raccolse tra le braccia Dom Esteban, mentre scivolava dalla poltrona a rotelle.
Troppo sconvolto per riflettere con lucidità, l’adagiò sul letto. Damon era ancora paralizzato dal contraccolpo dell’angoscia del nobile Alton.
— Credo che sia morto — disse Andrew, turbato, ma Callista andò a tastargli il polso e ad appoggiargli l’orecchio sul petto. — No, il cuore batte ancora. Presto, Ellemir! Corri a chiamare Ferrika, che è più vicina; ma uno di voi uomini deve scendere nella Sala delle Guardie a cercare mastro Nicol.
Attese, al fianco del padre, rammentando che Ferrika l’aveva avvertita circa le condizioni del cuore del vecchio Alton. Quando la donna arrivò, confermò i suoi timori.
— Il cuore non funziona più come dovrebbe, Callista. — In uno slancio di simpatia, dimenticò il formale «mia signora», ricordando che avevano giocato insieme da bambine. — Ha dovuto sopportare troppi colpi. — Portò gli stimolanti, e quando arrivò mastro Nicol, tra tutti e due riuscirono a farne inghiottire una dose al vecchio.
— Non c’è molto da fare — avvertì l’ufficiale ospitaliero. — Potrebbe morire da un momento all’altro, come potrebbe tirare avanti così fino al solstizio d’estate. Ha avuto un trauma? Con tutto il rispetto, nobile Damon, sarebbe stato necessario proteggerlo da ogni emozione.
Damon avrebbe voluto chiedergli com’era possibile proteggere un telepate dalle cattive notizie. Ma mastro Nicol stava facendo del proprio meglio, e neppure lui avrebbe saputo trovare una soluzione.
— Faremo tutto il possibile, nobile Damon, ma per ora… è una fortuna che ti avesse già scelto come reggente.
Fu come un getto d’acqua gelida. Lui era reggente di Alton, con la tutela e la sovranità del dominio, fino a quando Valdir fosse stato dichiarato adulto.
Reggente. Con potere di vita e di morte.
No, pensò, con un brivido di ripugnanza. Era troppo. Non voleva.
Ma quando guardò il vecchio privo di sensi, comprese che era suo dovere. Di fronte alla prova del tradimento di Dezi, il nobile Alton avrebbe agito senza esitare per proteggere il ragazzo e il nascituro, i suoi eredi. E adesso toccava a lui agire…
Quando Dezi tornò insieme a Valdir, li trovò ad attenderlo.
— Valdir — disse dolcemente Ellemir, — nostro padre sta molto male. Va’ a cercare Ferrika e chiedile notizie. — Con loro grande sollievo il ragazzo corse subito via, e Dezi rimase li con aria di sfida.
— Dunque l’hai spuntata, Damon. Sei reggente di Alton. Ma lo sei davvero? Vorrei proprio saperlo.
Damon ritrovò la voce. — So tutto, Dezi. Non puoi liquidarmi come hai liquidato Domenic. Come reggente di Alton ti ordino di consegnarmi la matrice che gli hai rubato.
Vide la comprensione balenare sul volto di Dezi. Poi, con immenso orrore di Damon, il giovane rise. Damon pensò che non aveva mai udito un suono sconvolgente come quella risata.
— Vieni a prenderla, mezzo uomo — lo sfidò Dezi. — Non ti sarà così facile, questa volta. Non riuscirai a sorprendermi, adesso, neppure con tutto il tuo Nido intorno a te! — Damon rabbrividì di fronte a quell’antica oscenità. — Avanti: ti ho sfidato in Consiglio, e adesso facciamola finita qui! Chi di noi dovrà essere il reggente di Alton? Sei abbastanza forte? Ti chiamano mezzo monaco e mezzo eunuco!
Damon comprese che Dezi aveva scovato quell’insulto nella mente di Lorenz, o forse nella sua. Ritrovò la voce. — Se mi uccidi, ti dimostrerai ancora meno adatto a diventare reggente. Non si tratta soltanto della forza, ma del diritto e della responsabilità.
— Oh, basta con queste chiacchiere! — sbuffò Dezi. — La stessa responsabilità , immagino, che il mio affezionatissimo padre ha dimostrato per me.
Damon avrebbe voluto ribattere che Dom Esteban l’aveva amato al punto che per poco il tradimento di Dezi non aveva ucciso anche lui. Ma non sprecò tempo a parlare: strinse la matrice e si concentrò, colpendo per alterare le risonanze di quella che portava Dezi. Quella che Dezi aveva rubato.
Dezi sentì il contatto, e sferrò un’accecante folgore mentale. Damon cadde in ginocchio, per la violenza del colpo. Dezi aveva il dono degli Alton, la collera che poteva uccidere. Lottando contro il panico, Damon comprese che Dezi era diventato più forte. Come un lupo che ha assaggiato il sangue umano, andava annientato subito perché quella belva feroce non si scatenasse in mezzo ai Comyn…
La stanza incominciò a offuscarsi, mentre fra loro si addensavano turbinando le linee di forza. Damon vacillò, poi sentì l’energia di Andrew che lo sosteneva così come il terrestre lo sorreggeva fisicamente. Dezi risplendeva nella nebbia, scagliava fulmini contro i due uomini. Damon senti il pavimento dissolversi sotto i suoi piedi, si sentì sprofondare.
Callista si mise in mezzo a loro. Sembrava torreggiare su tutti, alta, imperiosa, con la matrice che le sfolgorava sulla gola. Damon vide la pietra nella mano di Dezi brillare come una brace, la sentì bruciare attraverso la tunica e la carne. Dezi lanciò un urlo di rabbia e di dolore, e per un istante Damon vide Callista com’era stata ad Arilinn, avvolta nelle vesti cremisi di Custode. Col pugnaletto, che portava al polso, Callista recise il cinghiolo al collo di Dezi. La matrice cadde sul pavimento, e divampò come una fiamma quando Dezi cercò di afferrarla. Damon sentì, insieme a Dezi, il lampo di sofferenza quando la mano del giovane cominciò a bruciare nella fiamma. La matrice rotolò in un angolo, inutile, morta, annerita.
E Dezi scomparve. Per una frazione di secondo Andrew fissò il punto dov’era svanito, dove l’aria vibrava ancora. Poi nelle loro menti echeggiò un terribile urlo di disperazione e di rabbia. E allora videro , come se fossero stati presenti fisicamente in quella stanza ad Armida.
Quando Callista aveva distrutto la matrice rubata di Domenic, Dezi non aveva sopportato l’idea di restarne privo. Con le sue ultime forze si era teletrasportato attraverso il sopramondo, per materializzarsi nel luogo dove Damon aveva riposto la propria: una reazione di panico, irrazionale. Un attimo di riflessione gli avrebbe ricordato che era chiusa al sicuro, in una cassaforte metallica. Due oggetti solidi non potevano occupare lo stesso spazio nello stesso tempo, almeno nell’universo concreto. E Dezi — tutti lo videro, e rabbrividirono per l’orrore — si era materializzato per metà all’interno e per metà all’esterno della cassaforte contenente la matrice. E prima ancora che il disperato urlo di morte si spegnesse, avevano udito tutti l’eco nella mente di Damon. Dezi giaceva sul pavimento della stanza del tesoro di Armida, morto e orribilmente sfigurato. Nonostante l’orrore, Damon provò un fuggevole senso di pietà per coloro che avrebbero dovuto occuparsi di quel cadavere sfracellato, spaventosamente materializzato per metà all’esterno e per metà all’interno della cassaforte chiusa, che gli aveva spaccato il cranio come un frutto marcio.
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