«Perciò, toccò a Callina. Ma Ashara, di tanto in tanto, doveva ritirarsi, o Callina si sarebbe esaurita. In quei momenti Callina era normale, oppure, come negli ultimi tempi, era in trance.
«Quando ho saputo che Regis avrebbe dovuto usare la Spada, sono andata nella Torre e ho spaccato uno dei cristalli; in quel modo, Ashara è stata tolta dalla scena per un po' di tempo.
«Ero stata addestrata come Guardiana, e sapevo che cosa dovessi fare, ma non potevo farlo nel mio corpo, perché…» Arrossì di nuovo. «Callina, invece era vergine, ed era in trance. Inoltre, i terrestri le avevano dato dei sedativi. Andai da Regis, che usò la sua Dote per mettere la mia mente nel corpo di Callina. Sono stata io a legarla con te e Regis.»
«No», dissi io. «Era Callina…»
Diana mi abbracciò.
«No, caro», disse. «Callina non sarebbe riuscita a farlo. Ormai, la parte di lei che rimaneva non era sufficiente a collegarsi. Ricorda, Lew, mi avevi dato una barriera contro di te. E io sapevo che, quando si fosse rotta, non saremmo stati in condizioni di accorgerci se ero Diana, Callina o un'altra. Poi, abbiamo di nuovo innalzato le barriere. Ma, adesso, senti… »
Tese la mente verso la mia, e di nuovo sentii la grande soddisfazione che avevo provato quando facevo parte della triade mentale.
«Callina!» esclamai.
No , mi rispose, questa è la mia parte che non hai mai conosciuto…
«Una volta, Lew, prima che tu lasciassi Darkover, Callina era una ragazza incantevole, generosa e piena di coraggio. Lo sai. Ha rischiato la vita per te. Ma la vera Callina è morta quando Ashara si è impossessata completamente di lei, alcuni giorni fa, quando sei salito con Callina nella Torre. Già allora era solo l'ombra di se stessa, ma quanto era coraggiosa, quella povera ragazza!»
Diana singhiozzava come una bambina.
«Lew», proseguì, «Callina ti voleva bene. Si è rifiutata a te — prima che Ashara la distruggesse — perché sapeva che, unendosi a te, avrebbe permesso ad Ashara di impadronirsi anche del tuo cervello. Con la sua ultima scintilla di autonomia, ti ha salvato, e quella è stata l'ultima cosa che ha potuto fare. Con quell'atto, ha siglato la sua condanna a morte. Nella Torre, hai avuto l'impressione che Ashara fosse scomparsa? No, lei era entrata in Callina. E ti è parso che Callina si comportasse in modo strano durante la Festa? No. Era Ashara che…»
«Basta!» la implorai.
«Una cosa sola», disse, toccandosi la guancia dove l'avevo colpita. «Sai perché non ho cercato di fermare Dyan, né di avvertire Callina di guardarsi da Derik? Lew, era un tentativo disperato, ma, sarebbe andato a nostro favore. Se un uomo… qualunque uomo… avesse posseduto Callina, anche con la violenza, a così poca distanza dal momento in cui Ashara si era impossessata di lei, Ashara non avrebbe più potuto rimanere nel suo corpo. Forse Callina era già morta, ma c'era la possibilità che venisse liberata. Ashara si sarebbe dovuta ritirare in modo permanente.»
«Basta…» ripetei, inorridito.
«Io stessa ho cercato di salvare Callina…» aggiunse. «Oh, Lew, sai perché Callina è venuta nel tuo letto, quella notte, e ha dormito fra le tue braccia? Callina era in trance, e io sapevo che Ashara avrebbe potuto cacciarmi via in qualsiasi momento, ma sapevo anche che tu desideravi Callina, e speravo che…»
«Oh, Diana!»
Nonostante tutto, mi venne voglia di ridere; il primo passo per guarire da quelle emozioni.
«Diana, amore mio, non ti eri guardata in uno specchio? Quando sei entrata nella mia stanza, eri di nuovo te stessa, e nel tuo corpo. E anche se fossi stata Callina, avesti dovuto sapere che…»
La strinsi a me e la baciai sulle gote e sui capelli.
«Cara», le dissi, «vedo che dovrò spiegarti molte cose sulle matrici e sugli uomini che le usano!»
Ridendo e piangendo nello stesso tempo, lei sollevò la testa.
«Ma… se ero io… tu mi ami, Lew?» mi chiese.
Sentii che gli occhi mi bruciavano. Callina!
Lei mi guardò con tenerezza. «Non sono più Callina, ma non sono Ashara. Penso che quella infatuazione ti sia passata, Lew. Altrimenti, anch'io sono finita.»
La baciai, come esorcismo per ciò che riguardava il passato e come promessa per il futuro. Ma sapevo che il dubbio non mi avrebbe mai lasciato.
All'improvviso, dal castello ci giunsero alcune grida. Un attimo dopo, Rafe e Regis giunsero di corsa.
«Lew», gridò Rafe, «vieni con noi! Hanno trovato Marja! Viva!»
Mi staccai da Diana. Regis si fermò accanto a me, ansimando.
«Dyan l'aveva schermata con la matrice, e a noi è sembrato che fosse morta. Poi l'ha nascosta in un posto dove non l'avremmo mai cercata! Quando la matrice si è spezzata, lei è andata in coma, ma c'è ancora la possibilità…»
Rafe mi prese per il braccio. «Ho un'automobile», disse.
Ci affollammo all'interno, e Rafe prese il volante. Con una partenza mozzafiato, ci immettemmo sulla stradina che portava a Thendara e che non era fatta per quelle invenzioni terrestri; attorno a noi, cavalli e pedoni si allontanavano impauriti.
Regis gridò: «Quando è svenuta, hanno chiamato il Servizio Medico terrestre, e Lawton…»
Lawton, mi dissi, a quel punto doveva essere quasi impazzito, dopo che erano spariti, uno alla volta, Thyra, Kadarin, io e Callina (Callina?).
Ma non potevo preoccuparmi per lui. Eravamo giunti nella Zona Terrestre, dove le strade erano più larghe e gli edifici erano illuminati dalle luci al neon. Imboccammo una strada che portava nella campagna aperta, e pochi minuti più tardi ci arrestammo con uno stridore di freni.
Davanti a noi c'era l'orfanotrofio terrestre.
Rafe bussò alla porta, e una donna alta, dall'aria severa, con abiti da terrestre, ci guardò con aria interrogativa. Rafe chiese: «Dov'è Marguerhia Kadarin?»
La donna lo riconobbe.
«Oh, capitano Scott! Come l'avete saputo?» chiese. «Vostra nipote sta male, volevamo cercare il suo tutore. Dov'è?»
«Non potete trovarlo», risposi io. «È morto. La bambina è sotto shock. Fatemi entrare, sono un tecnico delle matrici.»
La donna guardò con sospetto i vestiti terrestri, sporchi e strappati, che mi ero messo per recarmi nella Caverna Sacra; le macchie di sangue; la mia barba lunga; il mio braccio.
«Mi dispiace», disse. «Niente visite.»
Un'altra donna ci interruppe.
«Signorina Tabor», disse, «perché c'è questo baccano all'ingresso? Ricordate che c'è una bambina malata…»
Poi s'interruppe nel vedere il nostro gruppo. Solo Rafe era presentabile.
«Chi sono queste persone?» chiese.
«Io sono il padre di Marja», la supplicai. «Credetemi, a ogni secondo che passa, perdiamo la piccola possibilità…»
Poi, con sollievo, ricordai che avevo in una tasca di quell'abito il tesserino di riconoscimento che mi era stato dato al mio arrivo. Glielo mostrai.
«Ecco, questo servirà a stabilire la mia identità…» dissi.
Lei gli diede appena un'occhiata.
«Venite», mi disse, avviandosi lungo il corridoio. «L'abbiamo tolta dal dormitorio perché le altre bambine si impressionavano.»
La stanza era piccola e piena di sole. Marja era distesa in un lettino e il dottor Forth del Quartier Generale terrestre si girò a guardarci.
«Voi», disse, «dicevate di conoscere questo tipo di shock?»
«Me lo auguro», risposi, chinandomi sulla bambina. Sentii un tuffo al cuore. Era come vedere una bambina passata dal sonno alla morte. Era stesa su un fianco. Con le mani aperte, la bocca aperta, e respirava in modo quasi impercettibile. Sulla tempia le pulsava una vena azzurrognola.
Aggrottai la fronte e tentai di entrare in rapporto con la sua mente. Inutile. La trance era troppo profonda; la sua mente non era più nel corpo, e il corpo si stava spegnendo.
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